Capitolo IV - Muovetevi, Stronze!

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Capitolo IV - Muovetevi, Stronze!


Non sente più le gambe da quando si è svegliato, ma almeno il busto ha iniziato a formicolare leggermente, segno che si sta smuovendo qualcosa. Si poggia una mano sul petto e, l'unico motivo per cui lo fa, è quello di accertarsi che il suo cuore stia battendo ancora, siccome fino a poco fa sembrava paralizzato anche quello.

Ha la sensazione che il suo corpo abbia iniziato a svegliarsi a partire dal cervello e che, pian piano, quel formicolio, si stia dirigendo sempre più in basso. Spera di poter riuscire a muovere le gambe il prima possibile perché, sebbene non senta alcun rumore provenire da fuori, non è detto che il suo caravan sia un posto sicuro dove stare e, ironia della sorte, se dovesse succedere qualcosa, gli toccherà scappare via. Di nuovo.

«Di nuovo il corridore seriale. Odio la mia vita», sospira e batte un pugno sul materasso.

Prova a sedersi sul letto, poi, aiutandosi con la frizione delle mani sul materasso e, con una certa fatica, ci riesce, malgrado subito dopo le sue orecchie decidano di fischiare per il movimento brusco che ha appena fatto. Poi arriva il dolore, che gli esplode sull'addome: le ferite provocate dai morsi dei demo-bats hanno smesso di sanguinare, ma gli hanno lasciato il segno e, soprattutto, la sensazione di avere il corpo ricoperto di lividi; o almeno quelle parti del corpo che ancora riesce a percepire.

Si guarda le gambe. Sono dritte sul materasso e non riesce a muoverle, per quanto si stia concentrando per riuscirci. Sono completamente prive di sensibilità. Prova a darsi un pizzicotto su una coscia, ma sembra inutile. È come se gliele avessero tagliate via, non fanno più parte del suo corpo; sono arti fantasma, per quanto gli riguarda. Spera sia temporaneo, spera non si tratti di una cosa permanente perché, ad essere onesto con sé stesso, non sarebbe in grado di tornare a fare l'eroe in nessuna condizione, figuriamoci in quella condizione. Non è nella sua natura, quel compito spetta a Steve Harrington e a lui riesce decisamente meglio che a chiunque altro.

«Cristo santo, muovetevi!», sbotta, tra i denti, cominciando a darsi qualche pugno sui lati delle ginocchia, come se solo quello potesse servire a cambiare qualcosa. Le gambe restano ferma, immobili, dritte e addormentate, mentre il dolore delle ferite si fonde con altre sensazioni come la paura di morire e quella di non poter mai più uscire da lì. In nessun modo. Pensieri distruttivi e che vorrebbe solo cacciare via con un colpo di fiato, se solo gliene fosse rimasto un po' in gola.

Sente un peso dentro al petto, come un pezzo di cemento che si sta indurendo intorno al suo cuore e ai suoi polmoni. Gli manca l'aria, la cerca senza trovarla davvero.

Un attacco di panico? Un altro?

«Dannazione!», grugnisce, ma non demorde. Continua a darsi pugni sulle gambe, sempre più forte, sempre più disperato finché non sente gli occhi inumidirsi per la rabbia e, ributtandosi di peso sul materasso, si copre il viso con le mani. «Cazzo, cazzo, cazzo!»

Fa tutto schifo, dannatamente schifo. Continua a non avere la minima idea del tempo che ha speso lì sotto privo di sensi; continua a non avere la minima idea di cosa sia realmente successo agli altri; ha solo paura di essere rimasto definitivamente solo e ha spaventosamente paura di scoprire che, quando le sue gambe decideranno di svegliarsi e si incamminerà alla ricerca di un portale per uscire, troverà Nancy, Robin, Steve e Dustin – oh, Cristo, no... Dustin no! – riversi a terra poco lontano da lì. Morti ancor prima di trovare il modo di fuggire via.

Morti. Come non lo è lui, per una crudele ironia della sorte.

Eppure gli sembra quasi di aver sognato qualcosa, mentre era incosciente; qualcosa che forse non ha un cazzo di senso, ma che ha una nota di realtà nella sua testa: qualcuno che lo prende in braccio o una cosa del genere, qualcuno che gli carezza i capelli e poi qualcuno che lo appoggia sul suo letto e gli mette tra le mani la sua chitarra. Non ricorda niente, non sa nemmeno se è vero. Non ci sono voci, in quel sogno - o forse è un ricordo, chi lo sa -, sa solo che era lì fuori tra i demo-bats e ora si è svegliato nel suo caravan. Forse è successo davvero, forse sono stati veramente i suoi amici – amici. Gli fa così strano pensare di avere, ora, al di fuori dell'Hellfire e quel fattone di Rick Spinello (che, a dirla tutta, è più il suo spacciatore che un amico, ma okay, Eddie, non importa), non può saperlo, solo che ha una speranza a cui aggrapparsi: forse sono vivi, lo hanno spacciato per morto e lo hanno lasciato lì, perché Eddie ricorda perfettamente di aver smesso di respirare, ad un certo punto e, a dirla tutta, forse sa di essere morto, in qualche modo, anche solo per un secondo. Ha questo sentore, e la paura di provare di nuovo quella sensazione di cadere nel vuoto non lo conforta. Lo blocca in un mosaico di pensieri che lo divorano.

L'ultimo Giorno Dell'Umanità [ Steddie - Steve x Eddie - Stranger Things 4 ]Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon