File 1

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Premessa:

Perché questa è l'unica storia che voglio perpetuamente scrivere e per cui so che NESSUNO mi direbbe di smettere. ECCO PERCHE' SONO TORNATA.

Andiamo, ci conosciamo da più di un anno. Lo sapete che io e Bety abbiamo il soft spot per SOTT. Più che soft spot io direi anche una chiara e lucida ossessione, MA immagino che anche dire così vada bene. ECCO PERCHE' (di nuovo) SOTT non finirà mai. Come? Ve lo dico nelle note finali. Per adesso tirate un sospiro di sollievo, perché un finale a questa serie NON ESISTE. MI RIFUTO. BASTA.

(Già WTTFS aveva fatto intendere che non mi sarei mai liberata di lei. Chiaro come il sole.)

Ho due cose importanti da dire: uno, questi capitoli sono sulle quattromila parole. Lo sapete che i capitoli di SOTT sono più corti per farne sei, e poi l'ultimo vi beccate qualcosa di enorme perché non è legato al caso della storia principale. La seconda è che— Non me la ricordo e devo scrivere queste note in fretta, quindi PRIMA O POI mi verrà in mente. Comunque. Bene così.

Non ho molto da dire perché ci siamo salutati ieri per chi ha letto Serotonine, quindi non è che io abbia tante novità. Come sempre aggiorno quando posso, ormai, domani sicuramente perché il file due è pronto. VI RICORDO, se siete appena arrivati, che dovete leggere i primi tre racconti, se volete avventurarvi in questo. O non capite un cazzo. L'Appendice dipende, come volete voi, alla fine è tutto sul mio profilo. Quindi, insomma. Giocatevela voi.

E' bello respirare aria di casa. Vi ricordo che su Twitter sono abooutbibi, se volete (lì dico davvero un sacco di cose!!!!), e che sul mio Spotify (vi riporto adesso il link in bacheca) esiste una playlist per SOTT, it's just what we know. In caso voleste accompagnarvi, insomma.

A un nuovo inizio, dolcezze. Ben tornati.

***

Un tuono. Uthon, un detective, e Farrell, un agente di polizia, escono chiacchierando, mentre aprono gli ombrelli. Sulla cerata, pioggia battente. ''Non ci permetteranno di scioperare'' sta dicendo l'agente, scuotendo il capo mentre le porte si aprono. Harry coglie solo la risposta sotto il temporale scrosciante, scuro, che rende Londra una macchia di fumo pastosa, di cui non si vede niente: il Tamigi, le case dall'altro lato, o anche il ponte e l'orologio, a meno di cento metri da lì. Persino le due figure, che curvano verso il parcheggio, spariscono in fretta, lasciando nell'aria le parole del detective:

''Se continuano così, poco ci importerà dei permessi.''

Harry rimane a guardarsi le scarpe mentre sta, timido e impettito, in piedi, ma al sicuro dalle scariche d'acqua che stanno lavando via la città a pochi metri da lui. Si sfrega gli occhi stanchi: ha troppo a cui pensare, decisamente. Vorrebbe almeno dormire serenamente la notte, ma in questi giorni tutto sembra contro di lui. Per questo, regge meglio la valigetta e, in pantaloni e comodo maglione grigio scuro, collo alto, punta gli occhi fuori con un singulto. Gli manca casa sua, vorrebbe rannicchiarsi e rilassarsi sul suo divano, guardare un film, cucinare. Tutta quella roba che lo rilassa. Ma tra lui e il suo appartamento c'è quello. Si morde il labbro per il timore.

Le ultime settimane sono state così: un continuo dormire in maniera incostante e lavorare troppo per evitare di pensare, sviluppare un mal di testa che lo portava a dormire ancora male e viceversa, continuo, un circolo vizioso stretto attorno al suo collo. Non voleva che finisse così. Non ne aveva bisogno.

''Harry!'' sente, alto e ben distinto, cosa per cui si volta di scatto: Niall gli sta venendo incontro con l'ombrello ancora chiuso e la sua valigetta, le chiavi della macchina che spuntano dal taschino della giacca e gli occhiali che riflettono la pioggia. ''Ehi, amico. Che stai fissando?''

Just Stop Your Crying ||L.S.||Where stories live. Discover now