Prologo: forse un po' me lo meritavo

696 50 28
                                    


Un semplice fatto: prima o poi tutti ci sposiamo.

E' la stupida convinzione sociale della gente, che se ti sposi poi diventi un individuo completo. Come se fosse un rito di passaggio verso l'età adulta, che in un modo o nell'altro devi per forza superare. Altrimenti sei un fallito. Che cosa credevo io? Tutte idiozie!

«A cosa stai pensando, pesciolino?» sussurrò il beta sopra di me, i grandi occhi scuri che mi veneravano e le mani che mi aprivano molto lentamente i bottoncini della tunica di seta dorata. Forse ero l'unico, in tutto il regno, a poter indossare qualcosa di così aderente e così appariscente. Per certi vestiti devi avere la faccia e il fisico giusto e io, modestamente, lo avevo.

Venivo invitato a tutti i balli di Samarcanda, avevo un lasciapassare per ogni festino, per ogni after party, per ogni ritrovo segreto. Dove c'era la gente io ero lì e sapevo i pettegolezzi più succosi e le mode più in voga del regno di Smeraldo. Le persone pendevano dalle mie labbra, avevano a cuore il mio giudizio, cercavano la mia approvazione.

Sì, le persone mi amavano. E io amavo le persone, immensamente.

«Penso a te, mio caro.» soffiai, come il tritone ammaliante che ero, passando una mano fra i capelli biondi dell'uomo e abbrancandolo per la nuca, in modo che potesse starmi più vicino. Le nostre labbra, in men che non si dica, bruciarono la distanza che ci separava e si avventarono le une sulle altre.

Ruzzolammo fra i cuscini e il tappeto damascato turchese su cui eravamo stesi, chiusi nel privé che mi avevano fatto riservare i padroni della sala da ballo. I fumi del narghilè, ammassati in quella piccola stanza, rendevano morbido tutto quanto, come se fossimo rinchiusi in una nuvola.

«Quanti te ne sei fatti stasera, principe?» biascicò il biondo, che ormai mi aveva aperto la tunica e stava giocando con i miei capezzoli, continuando a mordicchiarli fra i denti, a baciarli e poi lasciarli andare. Mi inarcai, lezioso come un danzatore che si incurva fra le braccia dell'amato, gemendo rumorosamente. Ero piuttosto generoso quando si trattava di farsi sentire. «Io che numero sono? Il terzo?»

«Non dovresti... mmghh.. parlarmi così...» ansimai, in una parodia di rimprovero. Gettai la testa all'indietro quando le sue mani, leste, s'infilarono nei miei slip, afferrando la mia virilità, ormai svegliata da tutte quelle attenzioni. «Aaah... ma in effetti... potresti essere... il quarto.» svelai con un sorriso lascivo, socchiudendo gli occhi.

«Dimmi cosa vuoi che questo umile suddito ti faccia.» mi provocò, incominciando a vagare con le labbra dal petto allo sterno, e poi sempre più in basso. Sempre più in basso. Sarebbe stato grave se avessi ammesso che non mi ricordavo il suo nome?

«Mmmhh.» Il desiderio iniziava a farmi perdere colpi. Divaricai le gambe in una posa audace, una mano sotto al ginocchio per sollevarmi una coscia. «Hai ancora tempo per porre domande?» cinguettai e, dal modo in cui gli vedevo stretto il cavallo dei pantaloni, ebbi la risposta. No, non voleva perdere altro tempo.

«Principe Taro... Spiriti, mi fai perdere la testa!» Si sbottonò frettolosamente i calzoni e poi...

Poi la porta del nostro privé si spalancò, facendo prendere un colpo ad entrambi. Colti sul fatto, restammo immobili e sbigottiti quando un'orda di guardie si riversò nella piccola stanza, sventolando le mani per diradare la cappa fumosa di tabacco che si era creata all'interno. Dopodiché, i soldati si aprirono a ventaglio e, a farsi avanti, fu la Regina Jelani in persona.

Il beta biondo si alzò all'istante, come se la mia pelle fosse incandescente e lo avessi ustionato. Alzò le mani in segno di innocenza. «Non ho fatto niente! Non l'ho toccato!» strepitò, mentre io schioccavo la lingua contro al palato.

A Tale of Wolf and Merman | 𝑶𝒎𝒆𝒈𝒂𝒗𝒆𝒓𝒔𝒆 - 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Where stories live. Discover now