capitolo 10

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Aurora si girava e rigirava nel letto. Gli incubi la tormentavano e il caldo era insopportabile. Stufa, decise di alzarsi ed andare in cucina per bere un pò d'acqua. Indossava una semplice vestaglia celeste, ma era convinta che non avrebbe incontrato nessuno in piena notte perciò si avviò verso la cucina. Come si aspettava, non vide nessuno. Prese una caraffa d'acqua e se ne riempì il bicchiere, bevendo a piccoli sorsi. Aveva la tachicardia e un gran caldo, probabilmente dovuto alla pressione un pò bassa. Si passò un fazzoletto bagnato sulla fronte.
"Eleonora? Eleonora sei tu?" sentì improvvisamente. Per lo spavento, buttò il bicchiere a terra, sfreggiandosi con il vetro il palmo della mano. Aurora socchiuse gli occhi per capire di chi fosse la voce e Salvador uscì dal buio.
"N..no signore, sono Aurora. Sono mortificata per il bicchiere, mi avete spaventata" disse Aurora dispiaciuta.
"Cosa ci fai qui a quest'ora?" le chiese però Salvador impassibile.
"Potrei chiedervi la stessa cosa" rispose lei pentendosene però subito e ricordandosi che era solo una serva. Salvador la guardò con sguardo glaciale.
"Mi scusi, non volevo risponderle in quel modo. Non riesco a dormire e sono venuta a prendere un bicchiere d'acqua." disse Aurora cercando una garza per la ferita.
Salvador annuì e si sedette su una sedia di legno mettendosi le mani sul viso . Aurora lo guardò: sembrava davvero stanco.
"Posso fare qualcosa per lei?" gli chiese cercando di fasciarsi la mano.
Salvador la guardò senza rispondere.
"Vieni, ti aiuto" le disse stupendola. Aurora si avvicinò titubante all'uomo e si sedette accanto a lui. Salvador strinse forte la fascia intorno la mano di Aurora e fece un nodo. La ragazza lo guardava imbarazzata.
"La ringrazio"
Salvador chiuse gli occhi e i due rimasero per un pò in silenzio.
"Le assomigli davvero tanto" disse improvvisamente Salvador.
"Come?"
"Ad Eleonora. Siete identiche"
Aurora lo guardò stupita e poi abbassò lo sguardo.
"Anche Anita mi ha detto che assomiglio molto ad una signora di vostra conoscenza, ma vi prego di non ripetermelo più."
"Perché ti dà così fastidio?"
"Perché i miei genitori mi hanno abbandonata e anche se ho perso la speranza di ritrovarli, sapere di assomigliare, come dite voi, a questa Eleonora, mi innervosisce. Scusatemi, torno in camera mia. Buonanotte" disse innervosita Aurora lasciando Salvador pensieroso.

Il giorno dopo Aurora alle sette era già al lavoro, intenta a stirare gli abiti della famiglia Martinez in una piccola stanza che non aveva mai visto.
"Aurora, và a sistemare le camere delle signore, qua ci penso io" disse Anita sorridendole. Aurora annuì e salì nella camera della signora Beatrice, dove cominciò a sistemare e a pulire. Mentre stava spolverando, cadde una collana della signora. Aurora si apprestò a raccoglierla, ma la padrona entrò nella stanza.
"Che cosa stai facendo? Eh? Stai per caso cercando di rubare quella collana?" urlò questa.
"Certo che no, signora.."
"Stà zitta!" la interruppe questa togliendole la collana dalle mani.
"Che succede qui?" chiese Rosana entrando nella stanza con sicurezza e altezzosità.
"La poveraccia voleva rubare la mia collana!" risponde Beatrice.
"Che cosa? Signora le giuro che..."
"Come osi interrompere la tua padrona? Maleducata!!" le gridò Rosana. Aurora diventò rossa in volto per la rabbia.
"Ascoltate, io sono un essere umano, non una bestia perciò questi toni con me non li utilizzate! Vi ho detto che non stavo rubando nessuna collana, perché della vostra ricchezza non me ne importa nulla!" disse Aurora furiosa. La signora Beatrice le si avvicinò e le diede uno schiaffo in pieno viso, facendola cadere sul letto.
"Questo è l'inizio del tuo inferno, carina" disse Rosana prima di uscire dalla stanza con la signora Beatrice.
Aurora trattenne le lacrime e ricominciò a lavorare in silenzio, mentre il rimpianto la divorava.
All'ora di cena tutta la famiglia Martinez era riunita a tavola con Rosana.
"Salvador, non mi piace per niente quella sfacciata della nuova serva" disse Beatrice portandosi un bicchiere di vino alle labbra.
"È solo un giorno che lavora con noi! Diamole qualche possibilità" commentò Juan.
"Juan, della vita delle serve non te deve importare nulla! Pensa al nostro fidanzamento piuttosto" disse Rosana.
"Devo seriamente godermi questi ultimi attimi di libertà allora" rispose Juan.
"Rosana, niente e nessuno impedirà il vostro fidanzamento. Non mi sembra il caso di uscire il discorso ogni volta" disse seccato Salvador.
"Ah si? Nessuno? Nemmeno quella poveraccia? " disse Rosana guardando in malo modo Juan.
"Cosa c'entra ora Aurora?"
"Credi che sia stupida? Che non mi accorga dei tuoi sguardi per lei?"
"Rosana ma stai scherzando? Lavora solo da un giorno!" gridò Juan
"Hai dimenticato il suo periodo di finta malattia?"
"Smettetela adesso!" tuonò Salvador "siete ancora due mocciosi. ." continuò a bassa voce.
Nel frattempo nel salone entrò Aurora con le portate, accompagnata da Nora, la ragazza dai capelli ramati.
"Tu servi il signor Salvador e la signora Beatrice, io penserò agli altri due" sussurrò Nora all'orecchio della ragazza. Aurora rimase impassibile e servì i signori, senza degnarli di uno sguardo.
Quando fu il momento della seconda portata, Rosana sporse la sua gamba dal tavolo e fece cadere Aurora, che versò il piatto sul tavolo.
"Sciocca ignorante! Sei un'incapace!" le urlò la signora Beatrice.
"La signorina Rosana mi ha fatto inciampare! Non è stata colpa mia!"
"Cosa? Osi accusarmi in questo modo? Tu vali meno di niente, hai capito?" le disse Rosana alzandosi e ponendosi di fronte a lei.
"Io non so perché ce l'abbiate così tanto con me, ma sappiate che sono più nobile di voi perché ho un cuore, mentre voi e la signora Beatrice una pietra!" le rispose Aurora. Anita accorse subito al tavolo.
"Aurora, taci! La perdoni signorina, non è abituata a questo lavoro" disse Anita in suo aiuto.
"Aurora" tuonò improvvisamente Salvador "ricorda i ruoli di questa casa. Noi siamo i padroni e tu sei solo una cameriera perciò la ragione è sempre dalla parte nostra. Se continuerai in questo modo sarò costretta a licenziarti! "
Aurora lo guardò con il cuore in gola. Non poteva credere alle sue orecchie!
"Torniamo a mangiare ora. Anche tu Rosana. Anita, cambia per favore la tovaglia." disse Salvador.
"Non ancora signore. Voglio che Aurora mi chieda scusa.. in ginocchio!" disse con perfidia Rosana. Juan spalancò gli occhi mentre Salvador aggrottò la fronte.
"Rosana, non credi di esagerare?" le disse.
"Niente affatto! Avanti, inginocchiati! " ordinò Rosana ad Aurora.
"Mai! Non lo farò mai!"
"È un ordine, servetta. Fà subito quello che ti ha ordinato, altrimenti non solo ti licenzieremo, ma ordineremo a tutto il villaggio di non offrirti un lavoro!" disse la signora Beatrice. Aurora si sentì di morire. Voleva piangere, disperarsi, andare via.
"Voi.. voi non potete farmi questo" sussurrò cercando aiuto in Juan, che però abbassò lo sguardo.
"Vuoi metterci alla prova?" disse crudele Beatrice.
Aurora, con l'orgoglio distrutto, si abbassò lentamente e si mise sulle ginocchia.
"Scusatemi" sussurrò. Rosana scoppiò a ridere e si risedette, mentre Aurora si alzò, sotto lo sguardo dispiaciuto di Anita e Nora. Juan guardava con disprezzo Rosana.
"Aurora, puoi ritirarti. Per oggi hai finito il tuo lavoro" disse Salvador guardando attentamente Aurora, che però non tralasciava nessuno sentimento dal suo volto. La ragazza fece un rapido inchino e corse via, dirigendosi in cucina. Bevve un sorso d'acqua ed uscì nel giardino, dove sul prato cominciò a piangere. Cominciò a sfogare le sue umiliazioni, i suoi dolori, le sue sofferenze. Era disperata. Improvvisamente sentì una mano sulla sua spalla. Si girò e vide accanto a sé il fisico statuario di Juan. Scostò immediatamente le sua mano dalla spalla ed abbracciò le sue gambe, chiudendosi in sè stessa.
"Aurora.. mi dispiace così tanto" le disse Juan sedendosi accanto a lei e cercando di abbracciarla, ma Aurora lo spinse prontamente.
"Non toccarmi!" disse Aurora scandendo ogni parola.
"Aurora, non potevo intromettermi! Sarebbe stato peggio e tu saresti stata licenziata!"
"Come se te ne importasse qualcosa"
Juan rimase stranamente ferito da quelle parole. Si avvicinò lentamente a lei e la strinse forte, nonostante Aurora cercava di liberarsi.
"Lasciami! Ti odio! Tu sei il peggiore di tutti! Fai finta di essere gentile con me ma non nuovi un dito per aiutarmi! Lasciami!" urlò piangendo e singhiozzando. Juan strinse gli occhi fortemente dispiaciuto e posò una mano dietro la sua schiena, mentre con l'altra le circondò la vita, cercando di cullarla. Aurora si arrese e si abbandonò al suo petto.
"ti prego, non odiarmi. Almeno tu" le sussurrò. Aurora non rispose e continuò a piangere silenziosamente tra le braccia di Juan.
"Aurora, ti va di venire con me?"disse Juan dopo un pò guardando gli occhi rossi di Aurora e asciugandole le lacrime con i pollici.
"Dove?"
Lui sorrise e si alzò, poi prese per mano Aurora.
"Vieni con me" le rispose semplicemente. Camminarono per pochi minuti intorno la villa, precisamente nella parte posteriore. Arrivati in un posto piuttosto buio, Juan si guardò intorno guardingo e dal suolo aprì una botola, da dove partivano diverse scale.
"Seguimi" le disse. Aurora annuì poco convinta e scese le scale.
Arrivati giù si guarò intorno: era un posto piuttosto accogliente ma confusionario, pieno di diversi oggetti.
"Sai, nessuno conosce questo posto. Io conosco il tuo posto segreto, adesso tu sai il mio" disse Juan sorridendole dolcemente.
"Wow. .perché mi hai portato qui?"
"Perché mi fido di te, Aurora, e perché sei diversa dalle altre. Intelligente , ribelle, non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno. Ti invidio"
"Cosa? Ma io sono solo una cameriera"
Juan le si avvicinò e la fissò, afferrando il suo viso tra le mani.
"Sei molto più di questo" le disse per poi staccarsi e prendere una chitarra, posta al lato della stanza.
"Una chitarra! La sai suonare? " chiese Aurora. Juan si sedette sul pavimento e posò la chitarra sulle gambe, mentre Aurora lo affiancò sedendosi accanto a lui.
Juan cominciò a suonare una dolce melodia, lenta e malinconica, ma subito diventò più profonda e dolorosa, dando vita a un attimo di profonda tristezza. Dopo pochi minuti Juan smise di suonare e Aurora lo guardò con le lacrime agli occhi.
"Juan.. sei bravissimo!"
"Ti ringrazio. Sai, da piccolo sognavo di diventare un musicista, ma poi mio padre ha rovinato il mio desiderio"
"Per me dovresti insistere, sei davvero molto bravo" disse Aurora sincera.
Juan la guardò intensamente, spostò la chitarra al suo fianco e attirò Aurora tra le sue braccia.
"Perdonami. Nessuno ti farà più del male" le sussurrò.
Aurora non rispose ma, non sapeva perché, sentiva che quello era solo l'inizio dei suoi mali e che quello peggiore, sarebbe stato causato proprio da Juan.

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