2: // 𝘢 𝘗𝘳𝘢𝘨𝘢

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I

Nel volto di Frank non ricordo molto bene cosa vedessi effettivamente, era quasi inespressivo...vuoto.

Chissà cosa avrà mai passato quel povero ragazzo, non è mai stato un tipo ottimista ma vederlo in quello stato suscitava in me un senso di forte pena e di tristezza nei suoi confronti.

Non era mai stato così triste, mai.

Ci conosciamo da quando giocavamo insieme nel cortile dei miei e riconosco in lui quando c'è qualcosa che non va'.

Quel giorno avevamo fissato un appuntamento per vederci in centro a Praga, ci andavamo spesso e ho sempre pensato che fosse il suo posto preferito.

Insomma, siamo dei tipi molto abitudinari; percorriamo le nostre solite strade, prendiamo sempre il nostro solito treno alla nostra solita ora dai tempi dell'università.

Almeno una volta a settimana ci incontravamo davanti alla stazione per prendere un orrendo treno che poi ci avrebbe portato a pochi minuti dal centro; il tragitto era molto piacevole, soprattutto se svolto con lui. In quei 20 minuti si poteva parlare di qualsiasi cosa, passando dai costi delle bollette alle teorie del complotto più bizzarre mai create.

L'ultima volta parlammo addirittura di potenziali esseri soprannaturali e totalmente blasfemi provenienti da altri cosmi, capaci di soffiare via l'umanità con un semplice schiocco di dita.

Quasi poetico, ma quel giorno non disse neache una parola.

Rimase lì, aggrappato goffamente ad un sedile per non perdere l'equilibrio.

I posti in treno sono sempre stati occupati nei nostri casi, la fortuna non è mai stata dalla nostra parte.

Neanche il suo sguardo si incrociò con il mio, se ne stava lì a guardare quelle sue scarpe appena lucidate.

Avevo provato in tutti i modi ad attirare la sua attenzione ma niente, alle mie domande alzava lo sguardo e annuiva tristemente, poi ritornava alle scarpe.

Scesi dal treno ci avviamo verso il centro e nel tragitto finalmente decise di proferire parola.

« Helmuth, devo confessarti una cosa»  mi disse con uno strano tono, quasi di vergogna.

Perché avrebbe mai dovuto vergognarsi?

Gli chiesi gentilmente cose dovesse dirmi, lui era un po' titubante e  continuava a tenere lo sguardo fisso sulle punte delle sue scarpe.

Quando decise finalmente di confessarsi rimasi alquanto sconvolto.

Si limitò ad alzare lievemente le maniche del completo che indossava, sui i suoi polsi erano ormai ben visibili dei grossi e profondi punti.

Rimasi scioccato. Frank, mio amico d'infanzia, aveva tentato il suicidio e non me ne ero mai reso conto.

Mi venne la pelle d'oca, com'è possibile non vedere una cosa simile?

A quel punto tra di noi cadde il silenzio, non sapevo cosa fare e neanche lui, era rimasto immobile con i polsi ben in vista.

Dopo un lunghissimo minuto sistemò nuovamente le maniche, alzò gli occhi e mi guardò.

Aveva le lacrime agli occhi, riuscivo a sentire il suo imbarazzo e il suo pianto disperato solo ricambiando il suo sguardo.

In quel momento la prima cosa che mi venne in mente era di sedermi da qualche parte, saremmo passati per due ebeti se qualcuno ci avrebbe visto imbambolati lì in mezzo.

E probabilmente lo eravamo, ma in quell'istante eravamo entrambi sconvolti.

Così mi guardai attorno in cerca di una panchina, optare per qualche tavolino fuori ad un bar non era certo la cosa migliore da fare in una situazione del genere.

E soprattutto se c'era il bisogno di parlare di qualcosa di questa delicatezza.

"Lei cosa ordina signore?"  "Due lamette, una per me ed una per il mio amico"

Trovata la panchina, lo invitai a sedersi accanto a me.

Lui ovviamente accettò, non poteva rimanere lì alzato a fissarmi.

Appena accomodati lui si avvicinò le mani al volto e scoppiò in un forte pianto, borbottando qualcosa di incomprensibile.

Io cercai di calmarlo, non perché piangere in pubblico fosse un non so' che "grande tabù" o perché "gli uomini non piangono" Ma perché era il mio migliore amico.

E fidatevi, un'amicizia come la nostra non è passa inosservata.

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⏰ Last updated: Jan 18, 2023 ⏰

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