Prologo.

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"Dottor Lee, buona fortuna." guardai la guardia in silenzio, mentre lui schiacciò un tasto aprendo la porta di metallo dietro di me.
"Se succede qualcosa non esitare a schiacciare il tasto vicino alla porta, non ci sono telecamere e ci può contattare solamente con quello." mi guardò con sguardo serio e annoiato e io annuì solamente, varcando la soglia della porta.
"Dio speriamo che non se ne vada anche questo" lo sentì dire mentre la porta alle mie spalle si abbassava, così procedetti camminando lungo il tetro corridoio davanti a me.

Dopo ben cinque minuti finalmente arrivai davanti a una seconda porta, scrutandola attentamente, notando delle ammaccature e dei graffi su di essa.
All'improvviso mi pietrificai mentre i miei peli sulle braccia si rizzavano dalla paura.
Una risata inquietante mi aveva risvegliato dal mio stato di trance.

E quando la porta davanti a me si aprì questa risata divenne molto più rumorosa, come il verso di una iena.
Si poteva sentire da fuori le mura di questa struttura.

"Buongiorno...dottore." due occhi di ghiaccio sbucarono dal buio che c'era nella stanza, con le pupille dilatate mentre mi fissavano, facendomi deglutire intimorito.
Riuscivo a vedere solamente quei due occhi color diamante, nient'altro.
Mi feci coraggio ed entrai nella cella fredda e cupa, sentendo la porta chiudersi con un tonfo.

"Buongiorno, Hyunjin." sentì un ringhio provenire dall'altra parte e dopo un battito di ciglia i due occhi erano spariti dalla mia vista.
"Posso accendere la luce?" tastai la parete accanto a me cercando l'interruttore della luce, e dopo averlo trovato lo schiacciai, ma non l'avessi mai fatto.

I due occhi ora erano a pochi centimetri da me, accompagnati da un sorriso alquanto psicopatico sul viso sbiancato e pallido del mio paziente.
Aveva due occhiaie da far paura, le guance incavate e le labbra secche, i denti bianchi sbucavano dal suo sorriso, e riuscivo anche a scorgere il suo alito che profumava di menta.
I suoi capelli erano lunghi e biondi, quasi sbiaditi, ma erano tutti rovinati e scompigliati.
La sua corporatura era magra, si potevano perfettamente vedere le ossa attraverso il camice bianco e sporco che aveva addosso, con dei pantaloni che gli arrivavano giusto alla caviglia anch'essi bianchi. Era scalzo e la sua caviglia destra era incatenata a una catena che lo bloccava al muro, sarà stata massimo lunga un metro e mezzo.
E poi i suoi occhi. Erano grandi e azzurri, si potevano vedere i capillari da quanto li teneva spalancati, le sue ciglia scure erano corte, così come le sue sopracciglia. In quei occhi color ghiaccio mi ci persi subito, potevo specchiarmi in quei pozzi di pazzia, e non riuscivo a distogliere lo sguardo.

"La luce! Spegnila!" Mi ringhiò in faccia facendo un balzo verso di me, ma la catena lo riportò all'indietro contro la parete.
Riuscì finalmente a staccarmi dai suoi occhi e mi guardai attorno. Le pareti erano sporche e grigie, così come il pavimento. Erano tutte graffiate con dei strani disegni sopra, così strani che non ci pensai minimamente di mettermi lì a scrutarli.
Alla sinistra della stanza c'era un tavolino con due sedie, invece alla destra era vuoto se non per una tazza, immagino per i bisogni dello psicopatico.
E invece di fronte a me c'era lui, seduto su un ammasso di leggere coperte bianche e stranamente pulite, ma tutte in disordine.
Non c'era nient'altro.
"Non posso spegnere la luce, non ci vedo." gli sorrisi calorosamente nascondendo la mia paura per concentrarmi sul lavoro.
"Io sì." rise non smettendo neanche per un secondo di fissarmi.
Lo ignorai e andai a sedermi al tavolino, tirando fuori una penna e un blocknotes, che per adesso tenni chiuso.

"Prego, accomodati." si alzò da terra e si avvicinò sedendosi di fronte a me, ascoltandomi subito.
Gli sorrisi cercando di non guardarlo troppo a lungo, o mi sarei perso per una seconda volta nei suoi occhi.
"Come stai Hyunjin?" improvvisamente smise di sorridere, guardandomi con una serietà da farmi trasalire.
"Non chiamarmi così." ringhiò sbattendo i pugni sul tavolo, e io mi trattenni al massimo dal sussultare.
"Va bene, certo. Come dovrei chiamarti allora?" aprì il blocknotes appuntandomi quel fatto bizzarro che non voleva essere chiamato col suo nome di nascita.
Con la coda dell'occhio vidi che il suo sorriso inquietante era tornato; mi fissava torturandosi le mani, non riuscendo a stare fermo.
"Puoi chiamarmi Daddy, pulcino."

My psychopath-HyunlixDove le storie prendono vita. Scoprilo ora