Capitolo 1. Uno sventurato incontro

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Era una serata tranquilla per il quartiere di Smiletown, una sorridente cittadina americana a trenta chilometri da Washington DC. No, anzi... col cavolo che era una serata tranquilla...


E volete sapere perché?


In fondo a Wellington St. c'era una casetta in stile coloniale a due piani affacciata su di un piccolo giardino curato. E quella sera, come di consueto, la luce della stanza al secondo piano, quella a sinistra, era rimasta accesa oltre le dieci di sera.


Disperata, la ragazza coi capelli raccolti a ciuffo di rapa afferrò due batuffoli di cotone e se li cacciò nelle orecchie. Sua sorella aveva undici anni e nonostante la sua tenera età, secondo lei, non aveva nulla di tenero. Se dovesse descrivervela direbbe che... è un ciclone di grado F5, un diavolo della Tazmania con la rabbia, un terremoto di decimo livello sulla scala Richter! Insomma, un cataclisma vivente formato bambina che non soffriva, e che avrebbe volentieri appioppato a qualcuno.


Quella sera, proprio la sera che doveva essere tranquilla perché i loro genitori erano partiti per le vacanze e le avevano lasciate a casa, lei aveva deciso di chiudersi in camera, alzare il volume dello stereo al massimo e mettersi a cantare a squarciagola quelle che definiva canzoni, ma dall'esterno parevano più bizzarri vocalizzi e suoni incomprensibili della giungla.


Era un demonio.


Però, quella notte, destino volle che sua sorella non fosse l'unico demone rimasto alzato oltre le dieci di sera. Infatti, a loro insaputa, uno spettatore indesiderato le stava osservando dalla finestra con catturato interesse.


Era vestito di bianco e nero a righe orizzontali, e in modo alquanto strambo. La sua pelle era pallida come il gesso. Gli occhi erano incavati e circondati da aloni neri di quello che poteva sembrare trucco pesante, e due piccoli occhietti sfuggenti di un bianco lattiginoso saettavano da destra a sinistra a ritmo febbricitante. La sua bocca era evidenziata da due sottili labbra nere e una fila di denti aguzzi era ben esposta, e quasi nascondeva il labbro inferiore. Di quando in quando sogghignava e si faceva scappare delle risatine inquietanti. Era quello che pochi nel mondo degli umani conoscevano col nome di Laughing Jack. Non c'è bisogno di spiegare il perché di quel nomignolo.


Il tizio di nome Jack, se tizio lo si poteva definire dato che 'umano' non lo era di certo, stava appollaiato sul ramo dell'albero di fronte alla finestra della stanza, dove l'altro piccolo demone si stava scatenando su improbabili canzoni nipponiche dei suoi anime preferiti (?).


"Mi piace la zucchina! Mi sento biricchina!" - stava cantando a squarciagola il piccolo demone biondo col pigiama rosa confetto di Hello Kitty.


La sua stanza era tinteggiata di uno schifoso rosa pastello. Il letto singolo era rivestito con le lenzuola dei My Little Pony. Dall'altra parte della stanza, un vecchio armadio a specchi occupava un'intera parete ed era completamente tappezzato di adesivi colorati. Era quella che si poteva definire la comune stanza di un dem... ehm, di una bambina.


Il suo nome era Mary. Un nome comune e facile da ricordare, ma no... il demone aveva deciso di cambiarlo, facendosi chiamare in un modo più originale... Marley. Del perché avesse optato per questo strambo e insolito appellativo sua sorella maggiore ne era completamente all'oscuro e di sicuro non si poneva il problema, perché aveva certamente cose più importanti a cui pensare.

Le mirabolanti avventure di Marley & Kate - Fanfiction su Laughing JackWhere stories live. Discover now