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<< Mi ascolti perché non mi ripeterò una seconda volta. Non possiamo tardare la consegna, quindi veda lei come fare, se fosse necessario caricare le vetture personali non mi importerebbe affatto. Lei è pagato per consegnare entro oggi tutti i plichi che le ho assegnato. Ci siamo intesi?>>


<< Certo signor Mantovani, le invieremo la mail con la ricevuta di consegna. >>

Riagganciai evitando volutamente i saluti di cortesia, era già la seconda volta che mi telefonava per lamentarsi degli incarichi assegnatogli. Presi il blocco dove appuntavo tutte le cose da fare e alla lista ne aggiunsi un'altra: trovare una nuova ditta di consegne per la città di Fabriano. I punti da completare erano saliti ad otto, nonostante due erano stati risolti prima ancora di metterli in coda.
Mi alzai dalla sedia per sgranchirmi le gambe, preparami un caffè e staccare la spina per tre minuti, come era mia consuetudine fare. Dalla finestra del mio ufficio potevo avere ampia visuale su parte degli impiegati che non invidiavo affatto, dovendo avere a che fare con me tutti i giorni.  Lavorare per la Cantelli s.r.l. non era per tutti, sia perché era in costante crescita essendo una società che negli ultimi anni si era ampliata aprendo le porte anche all'estero, sia perché si impegnava in un settore sempre più competitivo soprattutto con la concretizzazione del deterioramento ambientale.

La società nacque nel lontano 1956 per mano dell'attuale presidente Gianmarco Cantelli, il quale decise di puntare i suoi risparmi e le sue energie nel riciclo e riutilizzo della carta. All'epoca fu considerato un folle che voleva sovvertire le leggi dell'universo, ma bastarono un paio di decenni per dargli supporto e per essere una delle prime ditte in Italia a fornire carta riciclata di ottima fattura. Il rapporto qualità - prezzo era uno dei migliori sul mercato, nonché la precisione e l'amore per i dettagli permisero alla società di aprirsi la strada verso vette ancora più alte.  Circa dieci anni fa inviai il curriculum per mero scrupolo, mi ero appena laureato in economia e gestione aziendale e non credevo affatto che qualcuno volesse scommettere un centesimo su uno studente fresco di studi. Invece fui ricontattato dopo due giorni per un colloquio direttamente con il presidente, ovviamente mi fu proposto un contratto da stagista, che avrebbe permesso a me di comprendere se potesse davvero piacermi sia l'ambiente che il lavoro, ma soprattutto avrebbe concesso ai direttori e al presidente di valutare il mio operato. Terminati i sei mesi di stage fui riconvocato ai piani alti che mi proposero un contratto vero e proprio, secondo l'opinione del presidente avevo le carte in regola per migliorare la mia posizione e arrivare al vertice. Per un ventiseienne quelle frasi suonarono come uno sprono, una scossa di motivazione che era palesemente onesta, non avendo nessun interesse lui a complimentarsi con me. Nel mio immaginario credevo che avrei potuto continuare per ancora un paio di anni, prima di cambiare settore, invece più il tempo passava più mi innamoravo di ciò che realizzavamo. E solamente nove anni dopo mi ritrovavo a ricoprire la carica di amministratore unico, dopo una gavetta sì breve ma intensa, che valeva "il doppio degli anni effettivi".  Furono le parole esatte che il signor Cantelli mi disse quando mi chiamò nel suo ufficio, un ricordo marchiato a fuoco nella mia memoria.

Era un venerdì sera di fine settembre, all'epoca ero subentrato da poco come direttore della gestione amministrativa, l'azienda era costantemente in fermento per i contratti esteri che riuscivamo ad accaparrarci quindi era estremamente importante soppesare ogni passo, motivo principale per il quale ogni mia scelta era ben ponderata. I miei subordinati erano spesso costretti a restare in ufficio più del dovuto per perfezionare il lavoro, per premiarli venivano ben ripagati con bonus che avevo personalmente richiesto al presidente. Quando quella sera venni convocato ero rimasto solo io negli uffici a revisionare per l'ennesima ed ultima volta tutta la documentazione che ci sarebbe servita per una acquisizione. Una volta entrato e accomodatomi mi presentò un preambolo generale sulla sua vita lavorativa, sua tipica abitudine, per poi approdare al nocciolo della questione.

<< La tua gavetta, seppur breve rispetto alla norma, vale il doppio degli anni effettivi. Hai dimostrato di avere carisma, volontà, impegno, costanza e dedizione, tutte caratteristiche che io ammiro in te, so che puoi fare grandi cose per questa azienda, per questo io vorrei proporti un nuovo contratto. Come Amministratore unico. Resterei come presidente e ti assisterò nei primi tempi per gli incarichi più complessi, ma vorrei davvero che tu prendessi in considerazione questa mia proposta. Non ho attualmente eredi interessati nel proseguire questa carriera, quindi sono diversi anni che cerco qualche persona a cui affidarne la crescita, restando di supporto, e fino a qualche anno fa non l'avrei ceduta a nessuno. Poi sei arrivato tu, con la tua semplice caparbietà, hai dimostrato ad ogni singolo impiegato, direttore, cliente e me medesimo che seppur giovane hai voglia di fare, di imparare e soprattutto di eccellere. Il posto che hai te lo sei guadagnato con le tue sole forze. Non so altrove, ma qui io premio la meritocrazia e tu meriti il ruolo di amministratore.>>

Mi diede del tempo per rifletterci, anche se utilizzai quella pausa per soppesare le parole che mi aveva espresso con tanto fervore. Non si era mai sbilanciato così tanto nel complimentarsi con me, tanto meno ero certo che lui fosse stato così attento sui miei progressi che erano stati tanti e decisivi.  Circa una settimana dopo la nostra chiacchierata presi il coraggio di accettare la proposta e di iniziare una nuova avventura. Fu di parola, per i primi anni mi stette accanto, lasciandomi via via sempre più spazio e mobilità, fino a quando non fu certo che potessi cavarmela totalmente da solo. Il ruolo di amministratore abbracciava ogni settore, ogni impiegato, ogni assunzione, ogni piccolo movimento che la società compiva, tutto dove passare sotto il mio naso ed essere approvato. Le responsabilità si triplicarono, ma non c'era un giorno in cui non mi recassi a lavoro felice per quello che realizzavo. Certo i miei subordinati stentavano a sopportarmi, perché ero molto esigente e rigido, ma tutti sapevano che non entravo a lavoro per crearmi delle amicizie, ma per permettere ad ognuno di noi di avere uno stipendio a fine mese. Ed era questo il motivo principale per qui un po' gli andavo a genio, perché la meritocrazia che mi aveva permesso di raggiungere quella vetta, era la stessa che da me veniva sempre premiata. Se lavoravano bene ed ottenevano grandi risultati, sarebbero stati premiati, come era giusto che fosse. Inoltre mantenni l'idea del presidente di assumere lavoratori senza età, lui stesso mi spiegò che non dovevo avere paura di formare persone senza esperienza, ma dovevo imparare a scegliere tra quelli che davvero avevano degli obiettivi che volevano raggiungere e quelli che volevano solo arrangiarsi. La società si presentava per questa ragione formata da impiegati di diverse fasce di età, ma tutti estremamente capaci ed esperti nel settore di appartenenza. Ero molto fiero dei risultati che eravamo riusciti a raggiungere, per la prima volta eravamo stati contattati da aziende giapponesi e russe che richiedevano i nostri servigi, non potevamo nascondere di esserne lusingati. Il presidente, quando lo seppe, scese personalmente ai piani bassi per congratularsi con tutti noi, venne nel mio ufficio e mi abbracciò come se fossi suo figlio. Mi confessò che era uno dei suoi piccoli sogni, quello di espandersi all'estero, ma che mai si sarebbe sognato di poterlo vedere con i suoi occhi. Il mercato della carta riutilizzata era in continua espansione, ma pochissime erano le aziende che permettevano un risultato soddisfacente, potevamo ritenerci senza dubbio una delle migliori. Fornivamo materiale ad uffici in quasi tutta Italia, ad un numero svariato di aziende che si stavano avvicinando al mondo del riciclo e volevano aiutare come potevano l'ambiente, soprattutto alcune case editrici avevano chiesto il nostro supporto. Molte di queste sedi, a cui fornivamo il materiale, erano anche all'estero, per questo ci era stato possibile espanderci verso Londra, Spagna, Francia ed ora anche l'est e l'Asia. Erano dei piccoli passi di cui andare fieri, personalmente speravo fossero più dei ponti che potevano collegarci con nuovi acquirenti, ma dovevo frenare la fantasia e concentrarmi su ciò che doveva essere fatto passo dopo passo.

I tre minuti di pausa erano terminati, così mi rimisi a lavoro anche se nel tardo pomeriggio mi sarei dovuto allontanare per andare a controllare i nuovi macchinari che erano stati trasportati in una delle fabbriche. Concentrai l'attenzione sulle questioni più imminenti, soprattutto la ricerca di nuovi mediatori linguistici. Ci eravamo affidati ad una piccola società che periodicamente, su nostra richiesta, ci forniva assistenza quando per l'appunto la richiedevamo, ma avendo costanti rapporti con paesi esteri convenni, sostenuto dal presidente, che fosse il caso di cercare qualche figura interna all'azienda, così da ottimizzare i costi e non essere soggetti a società esterne. Purtroppo non era così facile, i curriculum, seppur di numero soddisfacente, non corrispondevano tutti ai requisiti richiesti, ma non sarebbe stato un problema, avrei organizzato dei colloqui con ognuno di loro e valutato attentamente chi assumere. Nel frattempo avremmo usufruito ancora del supporto esterno, sperando di riuscire a risolvere prima possibile la questione. Nel mentre che suddividevo i nuovi curriculum e sparpagliavo i colloqui nei buchi della mia agenda, squillò il mio telefono. Generalmente era sempre in modalità silenziosa, ma essendo venerdì preferivo lasciare la suoneria, l'ultimo giorno della settimana era il più lungo e spesso mi era capitato di dover rientrare in ufficio in tarda serata per averlo dimenticato.

<< Pronto?>> risposi senza guardare il chiamante.

<< Stronzo per stasera ho preso i biglietti per l' Hell, passami a prendere verso le dieci ok? >> fissai il telefono e confermai che dall'altra parte vi era Sergio, l'unico amico che mi era rimasto dei tempi dell'università.

<< Ok, ci vediamo al solito posto. Non fare tardi, che ti lascio a piedi come l'ultima volta. >> aveva tardato di ben 14 minuti, sufficienti a convincermi a partire senza di lui. Sergio scoppiò a ridere al ricordo, perché grazie alla mia decisione era riuscito a farsi dare un passaggio dal ragazzo che abitava accanto a lui, per il quale aveva una mezza cotta. Non ero certo che quel ragazzino sarebbe corso in suo soccorso ancora un'altra volta, dopo aver assaggiato in prima persona quanto potesse essere un maniaco il mio amico.
Riagganciai il telefono, senza aggiungere altro, un'altra mia consuetudine. Se con i clienti ero obbligato ad essere quantomeno socialmente cordiale, con gli altri non avevo lo stesso atteggiamento, il fatto che quasi sempre ero di fretta mi permetteva di utilizzare il telefono solo per comunicare lo stretto necessario, senza perdermi in convenevoli, saluti e altre cazzate per me inutili.
Tra una scartoffia ed un'altra, feci giusto in tempo ad infilarmi la giacca per dirigermi verso la fabbrica da ispezionare. Ero oggettivamente consapevole di essere un bel uomo, la cura del proprio aspetto fisico e della presenza erano per me un biglietto da visita, che presentavo prima ancora di aprire bocca. Quello che la maggior parte delle donne in ufficio non sospettavano era che in nessun universo a noi conosciuto avrei potuto trovarle interessanti o attraenti, ero ammaliato dal sesso maschile, ma ancora meno avrei mischiato lavoro e piacere. Erano due rette parallele che non si sarebbero mai incrociate, perché non volevo crearmi dissapori sul luogo di lavoro. Era già difficile trovare un partner che mi soddisfacesse, se poi avessi dovuto affrontare anche le conseguenze i giorni a seguire sarebbe stato uno spreco di energie.
A me bastava cercare un compagno occasionale, con cui trascorrere un venerdì sera all'insegna del divertimento, per poi separare definitivamente le nostre strade: patti chiari e amicizia lunga, per così dire.

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