Capitolo 2

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Riccione, giugno 2019

La voce di Claudia ha lo stesso effetto di un sassolino lanciato contro un vetro, infrange ciò che protegge Manuel e Simone.

Infrange qualcosa che - forse - è ancora troppo debole.

Ed ha anche l'effetto di una lama affilata che separa le mani strette dei due ragazzi.

Mentre Simone, quasi alla disperata ricerca di colmare quel vuoto che si era venuto a creare, poggia la sua a palmo aperto rapidamente sul foglio macchiato di caffè - quello stesso foglio che in principio, era il motivo di quell'incontro; Manuel, invece, ritirare la sua e la nasconde in una tasca del grembiule della divisa del bar, come se volesse proteggerla - o preservare - da qualsiasi cosa che avrebbe potuto inquinare e dispendere quel calore che quel contatto - interrotto pochi istanti prima - gli aveva marchiato il palmo.

Lo sguardo, però, resta fisso anche se Manuel vorrebbe voltarsi e raggiungere la persona - Alice - che è lì esclusivamente per lui. E che non dovrebbe assolutamente far aspettare.

Girati, Manuel. Va via.

Si lo ripete come un mantra: deve voltare le spalle a quel ragazzo e andar via. Ma non ci riesce.

Succede, allora, una cosa strana.

La sua memoria tira fuori un vecchio ricordo, uno di quelli che nascondo gesti che neanche ci si ricorda quando si è iniziati a farli.

C'è lui quattordicenne seduto in auto sul sedile del passeggero mentre, insieme ad Anita alla guida, si allontanano da Roma.

Con lo sguardo fisso sul portone di quella che era casa loro, mentre questo si rimpicciolisce sempre più con il passare dei secondi, il ricordo di sé stesso fa un piccolo conto alla rovescia - come quelli che di solito fanno gli adulti prima di strappare un cerotto ad un bambino, per prepararli al dolore - e alla fine chiude gli occhi e si riporta seduto per bene sul sedile.

Ed ora che quel gesto - quel conto alla rovescia che prepara alla sofferenza - è ormai tornato a galla, Manuel si chiede se non gli serva proprio quello per strappare via il suo sguardo dal volto di Simone.

Comincia a contare senza, però, cambiare la traiettoria del suo sguardo.

Uno, indietreggia di un passo.

Due, un altro.

Tre, ancora un altro.

Dovrebbe essere quello l'ultimo passo prima di voltare le spalle al ragazzo dai capelli corvini e gli appunti macchiati - prima dell'arrivo del dolore - ma c'è qualcosa negli occhi di Simone che l'ha incastrato.

Si illude che ripetendo quel conto alla rovescia che lo obbliga mentalmente alla fine di quell'incastro, questo avvenga come naturale conseguenza.

Conto fino a tre e poi mi volto, si dice.

Ma neanche questa volta quel vecchio metodo funziona, muto segnale del fatto che non funzionerà mai.

Perdendo tempo con quel conto alla rovescia, Manuel neanche si accorge di una mano di Alice che gli si poggia sulla spalla per tirarlo velocemente nell'ufficio di Anita mentre quella libera la usa per chiudere la porta.

Quando Manuel finalmente riesce a voltarsi verso la donna che l'ha letteralmente trascinato lì, si illude d'essersi almeno liberato da quegli occhi che gli hanno rallentato il battito cardiaco e impedito qualsiasi movimento che l'avrebbe portato lontano da loro.

Ma per lui non esiste porta nella sua mente capace di separare il suo pensiero dal ragazzo seduto al bancone.

Quel ragazzo che, Manuel non lo sa - anzi, non si azzarderebbe neanche ad immaginarlo -, è ancora seduto lì.

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