Questa shot è stata la PRIMA scritta in assoluto. Profuma un po' di nostalgia e amore. Mentre la rileggevo ho pensato: forse qualche miglioramento, nel tempo, c'è stato; ma non troppo: non montiamoci la testa!
***
Il viale alberato, dove ero solito andare a correre – prima di ogni esame importante –, era solo una normale e anonima stradina costeggiata da alberi di ogni tipo e da un piccolo fiumiciattolo.
Era il mio posto speciale: l'unico posto in cui mi sentivo libero di respirare, pensare e rimuginare.
Mettevo i miei pantaloni sgualciti, la mia felpa vecchia e piena di macchie (grazie, candeggina) e le scarpe da ginnastica, le stesse del liceo, e partivo da casa – già correndo –, passavo per le vie della città, fino a raggiungere quel posto immacolato che nessuno era ancora riuscito a distruggere con le proprie mani.
Avevo iniziato quello stupido quanto rilassante rituale solo qualche mese prima dell'esame di ammissione al college: quando ancora non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro.
Mi ero intestardito. Avevo disobbedito a mia madre iscrivendomi all'unica facoltà che lei aveva sempre disprezzato: Letteratura. Non riuscivo a spiegarmi e tantomeno comprendere quali potessero essere i suoi problemi legati alla mia scelta, ma lei e le sue paranoie mi avevano sempre e comunque accompagnato – nonostante i miei mille tentativi di tranquillizzarla.
Anche in quel momento, in procinto di incominciare il terzo anno, la mamma continuava a chiamarmi – ogni santa mattina – per ricordarmi quanto ero stato imbecille (parole sue) a non ascoltarla.
E nonostante mia madre, nonostante la pressione dell'università: ero felice di quello che avevo, quello era certo. Ma c'era qualcosa... qualcosa che mancava.
Lui.
Iniziò tutto il giorno dell'esame di Lettere II. Mi ero messo in testa che avrei percorso il viale correndo come un ossesso almeno per un paio di ore. Non avevo idea che in quel poco tempo, così irrisorio e breve della mia vita, avrei fatto la conoscenza dell'essere più bello che l'intero universo aveva avuto il piacere di ospitare.
Correva: veloce, potente, instancabile, con il viso rosso e la bocca leggermente aperta. Gli occhi erano fissi sulla strada – o forse erano fissi su di me, nell'altro senso di marcia. I capelli biondo cenere svolazzavano morbidi e leggeri a ogni suo movimento, a ogni falcata.
I suoi occhi, dio, i suoi occhi erano immensi. Neri come la notte – luminosi come l'intero firmamento.
Non mi ero mai fatto domande su cosa il mio corpo apprezzasse o meno – o per cosa il mio cuore perdesse i battiti – e quel ragazzo, quel bellissimo ragazzo, era sicuramente una di quelle cose.
Mi era semplicemente passato di fianco e avevo percepito il suo respiro addosso ai vestiti o forse avevo solo pensato di percepirlo.
Avevo la voglia di fermarlo, far passare una mano lungo il suo braccio, chiamarlo – parlargli.
Da quel giorno lo vidi sempre più spesso e finii per innamorai follemente del ragazzo del vialetto.
***
L'inverno era arrivato – come ogni anno – ma il freddo non era poi così pungente da costringermi in casa.
L'unico pensiero era quello di infilare le scarpe, uscire e vedermi con lui.
Come se fosse un appuntamento (come se fossimo fidanzati), correvo per quel viale: ancora e ancora, con la speranza di incontrarlo. Non sapevo nulla di lui, se non di che colore fossero i suoi occhi. Non avevo idea di quale fosse il suo nome ma, nella mia testa, Amore era l'unico appellativo riservatogli.
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Tequila, sale e limone
Short StoryRaccolta di racconti brevi (one-shot - l'avete capito il gioco di parole del titolo, vero?) Storielle scritte un po' a caso, un po' su ispirazione e un po' per noia. Forse un giorno arriverò anche con qualcosa di più complesso e a lungo termine, ma...