Dio, aiutami!

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Poso i manubri ai piedi del comodino. La radiosveglia segna le diciannove e tredici. Prendo un sorso di Coca Cola e mi siedo alla scrivania, accanto a Sara. Stiamo studiando da più di tre ore. Muoio di sonno. Mi stiracchio le braccia e sbadiglio.

Sara sbatte la matita sul libro. «Potresti almeno fingere che t'interessi? Credi che a me piaccia starmene qui, e non fare nulla per ritrovare Maria?»

«Ok, studiamo.» Striscio la sedia verso di lei e mi volto. Il poster degli AC/DC si stacca dal muro e si deposita sul letto. L'universo mi ha lanciato un segnale.

«Bene. Nel terzo canto, Dante—»

«Scusa.» Mi alzo e riattacco il poster. Quanto vorrei una chitarra elettrica, magari una Gibson SG come quella di Angus Young.

Lancio un'occhiata fuori dalla finestra. Le tende di Casa Fortunato sono spalancate. La luce nella stanza di fronte è fioca e discontinua come quella di una candela.

È nuda!

Una sventola bionda è nuda, e vaga per la stanza.
Inspiro a fondo. Meglio non dirlo a Sara: ha già abbastanza pensieri per la testa. «Arrivo. Voglio solo capire cosa succede in quella casa.»

Sara sbuffa. «Fa' come vuoi.»

Sfilo la cassetta in ferro da sotto il letto e la apro. Sposto la fionda e le pagine strappate dai Playboy, tiro fuori il cannocchiale e mi accovaccio sotto il davanzale per guardare. Quei tizi non saranno vampiri, ma neanche tipi a posto.
La ragazza è sparita. No, eccola lì. Un momento... «È Luana, la sorella di Gigi! È in Casa Fortunato!»

«Sì, come no.»

Un tale in smoking si aggira alle sue spalle. Non sarà un vampiro, ma ci somiglia parecchio: la sua pelle è cerea. Si tira all'indietro i capelli neri e lunghi. I suoi movimenti sono pelvici. Le si avvinghia ai fianchi e le bacia il collo. L'afferra per le braccia e ruotano verso di me. Lancio un grido e cado all'indietro.

Oh, Signore...

Sara sospira. «Ma la vuoi smettere?»

Mi inginocchio ai suoi piedi e le porgo il cannocchiale. «Devi guardare. Ha morso Luana sul collo. In quella casa c'è... qualsiasi cosa sia, ha le zanne, il muso sporco di sangue, la fronte e gli zigomi contratti e rugosi come quelli di un bulldog—»

«Ok, da' qua.» Sara impugna il cannocchiale e raggiunge la finestra. «E dove sarebbe questo vampiro?»

«La finestra di fronte.»

Sara mi lancia il cannocchiale. «Il vampiro ha chiuso le tende. Ma quando la pianterai?» Apre la porta e se ne va.

«Ma dove vai?»

«Ho bisogno di un po' d'acqua.»

Quel mostro ha chiuso le tende. Devo chiamare i carabinieri. Anzi no: per telefono non mi crederebbero. Andrò da Gigi e lo convincerò ad andare dai carabinieri insieme.

Indosso il k-way, mi fiondo in corridoio e sguscio tra Sara e mia madre che camminano verso la cucina. «Torno presto.»

«Non tardare! La lasagne è già in forno!»

Esco di casa e punto il capanno sul retro per recuperare la bici. Fortuna che ha smesso di piovere. Tre quarti di luna splendono in un cielo senza stelle. Cammino rasente al muro e lancio un'occhiata alla finestra del mostro. È immersa nel buio, non si vede più niente.
La lamiera del capanno degli attrezzi vibra. Vento non ce n'è, dev'essere un topo... un topo bello grosso.
Abbandono il selciato e calpesto la terra bagnata. La terra si affeziona alle Converse, l'acqua penetra nella tela e mi bagna calze e piedi.
Una folata di vento gelido mi attraversa il collo. Mi volto e lancio un grido. Il vampiro mi fissa, la sclera degli occhi rossa di sangue. Ringhia e mi afferra per il collo. Il suo alito sa di gatto morto. Provo a gridare ancora, ma non ci riesco. Stringo gli occhi e mi sforzo di respirare. Dio, aiutami.

«Stai bene, caro?» La voce di mia madre.

La morsa attorno al mio collo scompare e crollo a terra. Il mostro è sparito. Era qui e—
Tossisco. «Sto bene, sono solo inciampato.»

Monto sulla bici da cross e raggiungo la strada. Mi alzo sui pedali e spingo con tutta la mia forza.
Devi credermi, Gigi... almeno tu.

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