Ok, adesso lo uccido

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Il signor Melas rallenta e imbocca il vialetto di casa mia. «Adesso tu vai a letto e ci resti fino a domani.»

Mi tolgo la cintura di sicurezza. «Ok, ma voi andrete a Casa Fortunato, vero?»

Parcheggia dietro alla Panda di mia madre e si accarezza il baffo. «Andrò anche a Casa Fortunato, se necessario.» Scende dall'auto e mi fa cenno col capo di seguirlo.

«Cosa?! È necessario!»

Entriamo in casa.

Mia madre sbuca strillando dalla cucina. «Oh, cielo, maresciallo, ma cos'è successo?» Mi abbraccia e mi scosta i capelli dalla fronte. «Caro, ti senti bene?»

«Sto be—»

Non ci credo. È qui.
Il suo volto non è più rugoso come quello di un bulldog, ma ha i capelli neri tirati all'indietro e indossa uno smoking: è il mostro. È nella mia cucina. È seduto sulla mia sedia. E fa gli occhi dolci alla mia ragazza.

Afferro mia madre per le braccia. «Perché lo hai invitato a entrare? I vampiri non possono entrare, se non sono invitati. Lo sanno tutti!»

Il signor Melas mi gela con uno sguardo. «Lascia immediatamente tua madre.»

Obbedisco.

Il vampiro spinge la sedia all'indietro e s'incammina verso di noi. «È un piacere rivederla, maresciallo. Ho saputo della scomparsa di sua figlia. Sono profondamente scosso.» E mi tende la mano. «Alberto Vegliante, felice di conoscerti.»

Indietreggio e lo indico. «Luana Martelli era in casa sua, nuda.»

Mia madre mi tappa la bocca con una mano. «Scusalo, Alberto.»

Il vampiro mostra un gran sorriso. La sua dentatura è sana, nessun canino acuminato. «Va tutto bene. Quando si fa il mio lavoro, equivoci come questi sono la norma.»

Il signor Melas stringe la mano al vampiro. «Lo scusi, è solo un ragazzino.» Sospira e mi lancia un'occhiata. «Il signor Vegliante lavora in teatro.»

Il vampiro annuisce. «Stavamo provando una scena. Mi dispiace averti spaventato.» E alza le mani. «Ma d'ora in avanti terrò le tende chiuse, lo giuro!»

Mia madre e Sara scoppiano a ridere.

Stronzate. «E la bara allora?»

Il vampiro strizza l'occhio a Sara. «È un oggetto di scena. Lo spettacolo di Halloween si avvicina.»

Sara arrossisce e mi prende per mano. «Ti sei convinto adesso?»

Mi mordo il labbro inferiore. Ci sono! «Gli specchi non riflettono l'immagine dei vampiri. Portiamolo davanti a uno specchio e vediamo se—»

«Basta così.» Il signor Melas raggiunge l'uscita. «Passate una buona serata.»

Mia madre congiunge le mani in grembo e accenna un sorriso. «Maresciallo, se possiamo fare qualcosa, qualsiasi cosa...»

«A ognuno la sua croce, signora.» Sale in auto e se ne va.

Mia madre schizza in cucina. «Meglio che torni ai fornelli.»

Sara appoggia il sedere allo schienale del divano e si accarezza le punte dei capelli. «Sai, Alberto, ho sempre voluto prendere lezioni di teatro.»

Il vampiro le sfiora la guancia con le unghie lunghe e affilate. «Per te la mia casa è sempre aperta.» E le bacia la mano. «Sei identica. Stessi occhi, stesso sorriso.»

Sara si lecca le labbra. «Identica a chi?»

«A una donna stupenda, conosciuta tanto tempo fa.»

Adesso basta. «Ehi, stalle lontano.»

«Su, venite a tavola!» Mia madre strilla dalla cucina. «Le lasagne sono un blocco di ghiaccio!»

La mano del vampiro scivola lungo la schiena di Sara. Non si staccano gli occhi di dosso. Ne ho abbastanza.
Stringo i pugni e punto il corridoio. Ne ho abbastanza di affidarmi agli altri. Ne ho abbastanza di sperare che mi credano. Agirò da solo.
Entro in camera, allontano la sedia di legno dalla scrivania e la sbatto per terra. Non si rompe. La capovolgo, con un piede blocco lo schienale e con l'altro le do un calcio. Niente. La lancio contro il muro, un piede si stacca e rotola sotto il letto. Lo raccolgo, recupero la fionda e una manciata di sassi dalla cassetta in ferro e infilo tutto nello zaino. Preferirei una spada per tagliargli la testa, ma meglio di niente. Prendo la collana d'oro con la croce nel comodino, la indosso, salgo coi piedi sul letto e stacco il crocifisso di legno dal muro. Afferro lo zaino e corro lungo il corridoio.

Tendo la mano destra in avanti impugnando il crocifisso. «Se non sei un vampiro, non avrai alcun problema a impugnare una croce.»

Il salotto è vuoto.

Supero la porta della cucina e mi fermo di colpo: c'è solo mia madre. «Lui dov'è? E dov'è Sara?»

Mia madre si versa un bicchiere di Coca Cola. «Alberto è così un brav'uomo. Ti ha visto scosso e ha preferito togliere il disturbo.»

Prende un sorso. «È incredibile che abbia accettato di dare lezioni di recitazione a Sara.»

Sbarro gli occhi. «Lezioni di recitazione?»

«Certo, adesso sono a casa sua.»

Adesso basta.

Apro l'anta in legno della dispensa. Trecce d'aglio e peperoni cruschi sono appese come salami. Sgancio una treccia d'aglio e me la giro intorno al collo a mo' di sciarpa. Tolgo la bottiglietta di Coca Cola dalla tavola, la svuoto e la riempio d'acqua del rubinetto. «Dio, benedici quest'acqua.» Faccio il segno della croce. Ma cosa sto facendo? Non funzionerà mai.

«Dovresti darle un po' di respiro. Sara ti ama, ma...» Mia madre sospira, le labbra si piegano all'insù. «Sei identico a tuo padre.»

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