15 Giugno - Missing Moment

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Prese un respiro profondo e, mentre si guardava allo specchio, si lisciò la giacca con le mani. Si sistemò il colletto della giacca e guardò di nuovo come quel completo nero con le righe bianche che creavano come dei quadrati cadesse sul suo corpo.

Era il grande giorno, il grande giorno per i suoi genitori. Girò le maniche e si sistemò nuovamente la maglia camicia bianca sotto e risistemò per l’ennesima volta la giacca. Era nervoso, le sue mani erano sudate e continuava a sbuffare e sospirare mentre fissava il suo riflesso così elegante nello specchio a parete.

«Stai benissimo, puoi anche smetterla di sistemarti.» una mano familiare si posò sulla sua spalla stringendo leggermente il tessuto della giacca. Jacopo alzò lo sguardo e, nello specchio, vide riflessi un altro paio di occhi, degli occhi tanto azzurri da bucare lo specchio davanti a loro.

«Voglio che tutto sia perfetto. Loro se lo meritano.» portò di scatto le mani sul bottone della giacca chiudendola e, dopo qualche secondo, aprendola di nuovo. «Lo so, e sarà tutto perfetto. Non ti preoccupare.» disse Alex dandogli una pacca sulla spalla e facendolo girare verso di lui.

«Andrà tutto bene, vedrai.» gli sorrise sistemandogli il colletto della camicia e della giacca e guardandolo negli occhi. Jacopo lo osservò da vicino, vedendo quegli occhi scrutarlo dentro. Trattenne il fiato e distolse lo sguardo.

Era un giorno importante per i suoi genitori, per lui, e invece di pensare solo a quello che sarebbe successo di lì a poco davanti a un giudice di pace, la testa del ragazzo era piena di dubbi e domande che continuava a martellarlo senza sosta, non dandogli neanche un attimo di tregua.

La testa iniziò a girargli, le mani a sudare ancora più di prima e la vista si appannò leggermente. Tutto quello che sentiva erano le mani di Alex sulle sue braccia che stringevano la stoffa e la sua voce che gli parlava. Si staccò di scatto facendo due passi indietro. «Io devo… devo andare a vedere come stanno gli sposi.» farfugliò scappando dalla stanza.

Appena la posta si chiuse dietro di lui si fermò in corridoio, cercando una stabilità che non sentiva di avere in quel momento nelle mura intorno a lui, poggiandosi con le mani contro il muro e cercando di riprendere fiato. Si sentiva schiacciare, gli succedeva da diverso ormai.

Con il suo ingresso in serie a, con tutte quelle telecamere puntate contro a ogni suo passo e con i giornalisti pronti a aggredirlo ad ogni suo passo falso o parola sbagliata, la pressione iniziava a schiacciarlo. Aveva iniziato a fare i conti con il sentimento di non essere abbastanza, e con la pressione che le alte aspettative gli mettevano addosso.

Ormai da qualche mese ogni cosa che faceva gli sembrava sbagliata, la tua testa era confusa e non era riuscito a parlarne neanche con i genitori. Non era riuscito a parlargli di tante cose, in realtà.

Jacopo si morse il labbro e cercò di respirare, di fare respiri profondi e espirare fino a sentire i suoi polmoni svuotarsi del tutto. Non aveva mai avuto nessun dubbio sull’amore che i suoi genitori provavano per lui, ne sull’orgoglio che avevano sempre detto di provare nei suoi confronti ogni cosa lui facesse e a ogni sua scelta. Allora perché si sentiva come se li stesse deludendo? Come se tutto fosse sbagliato?

«Jacopo, tutto okay?»

Anita era appena uscita dalla porta dove si trovava Manuel e, vedendolo lì con il capo chino e le mani premute contro il muro, si era avvicinata mettendogli una mano sulla spalla. Gli occhi scuri del nipote la destabilizzarono, c’era qualcosa che non andava. Passò una mano sulla sua schiena mentre lo sentiva mentire dicendo che era tutto okay, andava tutto bene.

«Sai, mio figlio è un po’ in ansia – dovresti andare da lui, magari parlare con lui potrebbe giovare a entrambi.» gli sorrise lasciandogli una carezza sul volto contornato dai ricci.

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