S2: E5 "Incubi"

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EMMA

Il corridoio della scuola è deserto. Non c'è anima viva. Le luci al neon sopra la mia testa gettano ombre distinte sulle pareti. In lontananza posso sentire il gocciolio di un rubinetto chiuso male.
"C'è nessuno?" domando. La mia voce riecheggia per tutta la stanza. Non mi giunge risposta, perciò comincio a camminare in avanti, fino a quando non raggiungo una porta. La apro. All'improvviso mi trovo catapultata nella palestra della scuola dove c'è in corso la festa di fine anno. Tutti gli studenti ballano al ritmo della musica. Accanto agli spalti, vedo il professor Finstock sorseggiare qualcosa da un bicchiere di plastica rosso.
"Professore, sa dirmi che cosa sta succedendo?" domando. Lui non risponde, anzi continua a bere come se niente fosse.
"Nessuno ti può sentire, cugina." mi volto. Stiles è seduto sugli spalti. Ha un sorriso inquietante disegnato in volto.
"Che vuoi dire? Che succede?" domando, percependo improvvisamente paura.
"Succede che le nostre vite vanno avanti, mentre la tua... beh la tua si è fermata." ride mio cugino.
Scuoto la testa. Ma di che costa sta parlando?
"Non riesco a capire..." sussurro.
"Oh, invece sì." Stiles si alza, facendomi indietreggiare. La palestra ora è vuota. Non c'è nessuna festa, nessuna musica e nessuno a ballare. Prima che Stiles possa dire qualsiasi altra cosa, comincio a correre verso l'uscita, trovandomi di nuovo in corridoio.
"Non puoi fuggire dalla  verità, cugina!" Stiles è dietro di me. A giudicare dalla sua camminata lenta, si diverte tantissimo nel vedermi fuggire via come un coniglio. Scott appare davanti a me.
"Scott, aiutami. Stiles è impazzito..." dico voltandomi a guardarlo avanzare sempre più vicino.
"Non posso." risponde Scott, freddo.
"Perché dovremmo aiutare una persona incapace come te, Emma?" domanda Charlie sbucando dal nulla. Ho gli occhi sgranati dalla paura. Ma che hanno tutti?
"Ti rendi conto che non puoi essere sempre salvata? Noi cosa ci guadagniamo?" Charlie ride. Una risata agghiacciante che mi fa accapponare la pelle.
"Io... voi..." non so che cosa dire. Non capisco perché si comportano così.
"Io credevo fossimo amici..." dico con le lacrime agli occhi.
"Gli amici si proteggono, Emma. Tu come ci proteggi? Non sei niente per noi." risponde Charlie. Scuoto la testa.
"Non è vero." sussurro. Mi volto per fuggire anche da loro, ma mio cugino si trova proprio di fronte a me.
"Dove credi di andare?" Stiles allunga la mano sul mio collo, stringendolo.

Mi sveglio, urlando a squarcia gola. Mio zio entra come una furia in camera, accendendo la luce della lampada.
"Emma!" si siede accanto a me e mi abbraccia. "È tutto okay. Shh, va tutto bene." dice cercando di calmarmi. Stiles arriva poco dopo. Anche se c'è solo una piccola lampada ad illuminare la stanza, posso scorgere il viso preoccupato di mio cugino.

STILES

"È la terza volta, questa settimana." dico, giocherellando con la forchetta di plastica del pranzo appena consumato.
"Forse è solo turbata per Charlie. Ancora non ci è chiaro come funzionano realmente i suoi poteri." azzarda Liam.
"Non lo so, amico. Ci sono delle volte in cui sembra che abbia paura di me." affermo. Scott mi guarda turbato.
"Dovrei parlarle." dice semplicemente. Lo guardo, chiedendomi che cosa sia successo tra lui ed Emma. Poco più in là scorgo Charlie e Isaac venire verso di noi a braccetto. Voglio scomparire.
"Ehi, ragazzi." saluta Charlie, sedendosi accanto a me.
"Come sta Emma?" domanda Isaac. Gli spiego che a causa dei continui incubi che fa, è rimasta a casa a riposare. Non dorme da giorni ormai, perché se si addormenta, ha paura di fare di nuovo gli stessi incubi.
"Dovremmo chiedere a Deaton se può fare qualcosa." dice Liam, affondando una mano dentro il sacchetto delle patatine. Charlie e Isaac annuiscono. Con la coda dell'occhio noto che si tengono per mano sotto il tavolo. Voglio sprofondare. Il campanello della scuola suona, inducendoci ad alzarci e dirigerci verso le aule per seguire le lezioni. All'improvviso, vicino ad un albero, vedo la sagoma di una delle vittime che sono state uccise dal serial killer non ancora identificato e catturato. Chiudo gli occhi, riaprendoli subito dopo per capire se ciò che ho appena visto è reale. La figura, come mi aspettavo, è scomparsa. Mi sa che dovrei dormire anche io un po' di più.

EMMA

Fisso con sguardo assente la tazza di tè che tengo in mano. L'infuso al suo interno si è già raffreddato, rendendo la bevanda imbevibile.
"Vestiti." dice mio zio, prendendo la giacca da sceriffo.
"Dove andiamo?" domando, con voce stanca.
"Ti porto in centrale, così non ti lascio sola." dice, avviandosi verso la porta.
"Zio non ti devi preoccupare. Sto bene." dico con poca convinzione. Non ci credo nemmeno io, per cui senza fare ulteriori domande, mi alzo.
"Torno subito." gli dico.

Le case del quartiere sfrecciano veloci davanti ai miei occhi. Siamo diretti verso la centrale di polizia, dove mio zio è lo sceriffo. Sarà interessante vedere come lavora, penso, mentre appoggio la testa al finestrino. Chiudo gli occhi, sentendoli improvvisamente molto pesanti.
"Siamo arrivati." dice mio zio. Alzo lentamente la testa, notando poco più là la struttura della centrale.
Quando entriamo, i colleghi salutano lo sceriffo Stilinski, accogliendo persino me con un grande sorriso.
"Buongiorno, Emma." saluta il vice sceriffo Parrish.
"Buongiorno." lo saluto io, sbadigliando.
"Scusami. Non dormo molto in questi tempi." dico, sedendomi di fronte a lui. Mio zio, intanto, è andato a fare le solite commissioni.
"Ne vuoi parlare?" domanda l'uomo. Me l'hanno chiesto in tanti di parlare di ciò che mi passa per la testa, eppure non ho mai detto niente a nessuno. Non voglio preoccuparli, punto.
"Ecco... io mi sento inutile." sussurro.
"In che senso?" domanda Parrish.
"Quando c'è di mezzo il pericolo, non so che fare. Non so come aiutare i miei amici... vorrei poter fare qualcosa, capisci cosa intendo?" Parrish annuisce.
"Forse so come aiutarti." dice lui, alzandosi. "Seguimi!" seguo il vice sceriffo lungo il corridoio della centrale. Ad un certo punto imbocchiamo delle scale che ci portano al piano inferiore. Dopodiché ci imbattiamo in una porta chiusa a chiave che viene aperta da Parrish. Una volta dentro, l'uomo accende le luci. La stanza è grande quanto una palestra. Al suo interno, sparsi in modo casuale, ci sono dei bersagli di diversa grandezza.
"Che posto è?" domando, anche se so già la risposta. Parrish mi porge una pistola nuova di zecca che afferro volentieri.
"Vuoi proteggere i tuoi amici? Ora puoi farlo." dice lui. Mi volto a guardarlo, piena di ammirazione.
"Io però non voglio uccidere nessuno." dico.
"Non dovrai farlo, infatti. Esistono anche sonniferi di lunga durata." risponde lui. Osservo la pistola che tengo in mano, sentendomi improvvisamente più forte.
"Grazie Jordan."

Di ritorno, decido di non fare parola con mio zio della pistola. Non vorrei che cominciasse a dire che è un'arma pericolosa e che non posso adoperarla. Voglio rendermi utile e forse, ma dico forse, gli incubi smetteranno. Con Parrish mi vedrò tre volte alla settimana, così potrò imparare bene a proteggermi.
"Dove stiamo andando?" domando a mio zio, quando noto che ha imboccato un'altra strada.
"Ti porto da Melissa. Vediamo se lei può aiutarti." dice mio zio. Giunti nei pressi dell'ospedale, Melissa ci accoglie.
"Venite."
La madre di Scott comincia a visitarmi, iniziando dai parametri vitali.
"Ti prelevo del sangue." dice, preparando la siringa.
"Vado." sento l'ago penetrare nella mia pelle, ma non mi lamento.
"Posso farti una domanda, Emma? Tu sai se Scott ti ha detto qualcosa o... mi sembra così strano ultimamente." dice. Non lo dica a me, penso.
"È probabilmente stressato per la scuola." dico.
"Siete sempre in giro a caccia di sovrannaturali, Emma." mi fa notare lei.
"Beh... io... no in realtà non so che cosa gli prenda." le racconto delle mie insicurezze riguardo alla nostra relazione che non sembra nemmeno tale. La donna ascolta attentamente.
"Gli parlerò io. Sono pur sempre sua madre." dice. La ringrazio.
A fine visita, Melissa dice che i miei parametri vitali sono in regola. Così come le analisi del sangue.
"Se non riesci a dormire, ti consiglierei di parlarne con qualcuno... tipo uno psicologo." mi consiglia la donna. Mio zio mi lancia un'occhiata.
"Se te la senti, posso trovartene uno. Ho sentito che alla Eichen House sono bravi." dice mio zio.
Eichen House. Quel nome mi da i brividi, ma sono pronta a tutto pur di far smettere questi maledetti incubi.


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