8. Rosso é il suo mantello

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~Dante~


Rimasi perso nei miei pensieri, fin quando non avvertii il piacevole rumore dei suoi piedi nudi sul pavimento.
Alzai lo sguardo aspettandomi di trovare il suo, fisso su ogni mio movimento, come una bestia pronta a mordere.
Sorrisi appena all'audacia.

<<Siediti.>>

Portai una mano al bracciolo della sedia che avevo alla mia sinistra, la spinsi indietro, in modo che potesse accomodarsi al mio fianco.
Subito dopo mi accesi l'ennesima sigaretta, ne avevo consumate 7 mentre lo attendevo, era un brutto vizio.

<<Puoi mangiare quello che desideri, Marg si occuperà della tua alimentazione, per qualsiasi desiderio rivolgiti a lei.>>

Aspettai che si accomodasse per servirmi un bicchiere di rosso.

<<Conosci lo scopo della tua esistenza?
Te ne hanno mai parlato dove sei cresciuto? Il perché non ti abbiano mai fatto conoscere il mondo esterno?>>

Domandai, dando un lieve tiro di fumo che liberai lentamente nell'aria.

<<Sei stato tirato su come un animale da compagnia, un giocattolo.
Il tuo corpo non conosce piacere né tocco, questo perché è un qualcosa che ti insegnerò io, a mio gusto e desiderio.
Sei un orfano, probabilmente venduto da piccolo o recuperato in qualche orfanotrofio, non è così?>>

Continuai, scorrendo la base della sigaretta sul mio labbro inferiore, sapevo di star dicendo pura crudeltà...
Ma non mi sarei affezionato a lui, non di nuovo.

<<Sei stato tirato su per compiacere le mie fantasie con il tuo corpo, la mia mente con la paura e la sottomissione della tua...
Mi eccita il pensiero di un tale controllo su di te.>>

Sussurrai, allungando un braccio per coprirgli con mano una delle sue morbide guance.

<<Non sarò delicato con te, odio terribilmente chi non fa come dico e, fin quando vivrai, la tua vita apparterrà a me. Comprendi quindi che ti punirò severamente per ogni cosa sbagliata che farai... ma ti concedo questa sera per rivolgermi ancora questo sguardo.
Da domani non sarà più così.>>

Appesantii il tono alle ultime parole, scorrendo con il pollice sulla bocca morbida e rossa, un tocco leggero, per poi forzarlo fino a costringerlo ad accogliere il mio pollice tra le sue labbra.

<<Sei davvero incantevole...
Mi piacerebbe costringerti a sostenere le mie voglie fin da subito, ma finirei con il riempirti il viso di lacrime.>>

Ero ancora coperto dai guanti, non li avrei tolti con lui, ricordandogli sempre quale sarebbe stato il suo posto rispetto a me.
Non negai, comunque, che nel vederlo con indosso la mia camicia non facesse altro che renderlo ancora più appetibile ai miei occhi. Ma non lo avrei toccato, non dopo quello che avevo da dirgli.
Non dopo aver spezzato davanti a lui ogni futura speranza.
Era mio, legato a me, in modo letale.


____________________________
~Shota~


Si sollevava, ormai alto, l'odore del fumo proveniente da sigarette per lo più spente che, con l'avanzare dei passi, offuscò la vista, disturbando le sue narici.
Era davvero un odore sgradevole.
Superò la schiena dell'uomo per porsi a sedere al suo fianco, proprio come gli era stato ordinato.
Shota era calmo se pur di sguardo duro, come quello di un uomo ferito in battaglia ma non ancora caduto.
Seduto immobile, guardò dinnanzi a se come nel vuoto.
Tra le parole soffiate dal suo acquirente, prese a scacciare, tossendo e coprendosi con mano la bocca, quel fumo che gli colpì il viso.

"Qualsiasi mio desiderio, esaudito da una domestica..."
Quanto di più falso.
L'unica richiesta che davvero desiderasse proporre era probabilmente off-limits e "probabilmente" era un eufemismo.
Forse non erano i suoi gesti a spaventarlo, ma più le ostiche parole, almeno per il momento.

Era tutto così umiliante... e se la cosa non potesse bastare, riecco quelle dure parole attaccarlo ancora una volta.
Perché quell'uomo era così insistente nel fargli ricordare ciò che... avrebbe dovuto per sempre essere?!
E perché fargli quelle domande?!
Shota sapeva con quale occhi l'avessero cresciuto, era ovvio, non c'era giorno che non glielo ricordassero. Perché mai si ribellava così tanto sennò?!
Gli dicevano tutto, ma allo stesso tempo non gli dicevano niente per preservare la sorpresa, la reale ingenuità e verginità che il padrone stesso avrebbe potuto al momento ammirare ed assaporare a proprio modo.
Ma lui era cresciuto ritirandosi nei libri di favole che usava per combattere e difendersi da quel mondo tanto disgustoso. Ed egli si attaccò a quelle storie così tanto da farlo crescere in modo fin troppo costruito, moralmente guidato a differenza di chi invece, simile a lui tra quelle mura rinchiuso, fosse già caduto nel buio più profondo, annegando nella realtà di quel mondo a cui non avrebbero mai potuto sfuggire.
Venti anni.
Venti anni senza mai arrendersi.
E solo un pazzo sarebbe arrivato a capire con quale pazienza, con quale forza e quale coraggio Shota non avesse mai rinunciato. Perciò non si sarebbe mai fatto fermare da un'unica persona qual era Dante.
Certo, però, che le sue parole erano alquanto strazianti nell'essere così dirette verso... ciò che avrebbe fatto di lui, tanto da poter sentire la propria peluria rizzarsi sulla pelle.

Un uomo... lascivo, sembrava gli piacesse mettere a nudo i propri desideri.

Prese a guardarlo mentre si fece afferrare la propria guancia e, quando quel pollice fu intento ad entrare tra le sue labbra, ne morse la carne circondata dalla stoffa. Fu una presa forte, lasciando un messaggio d'avvertimento tenendolo saldo.
Adesso Shota non era più legato, perciò tenere a freno la sua rabbia non sarebbe stato semplice, soprattutto se stuzzicato.
Quando quel pollice si tirò via lo lasciò andare.

<<Che sapore disgustoso.>>

La vera pelle di quei guanti.

<<Mi dica, per quale motivo servirebbe far vedere ad un giocattolo il mondo esterno?>>

A cosa mai sarebbe servito conoscerlo se la sua esistenza non fosse stata che vivere sotto i piedi di un uomo?
Dimostrò fosse consapevole di ciò che "doveva essere".
Era stato cresciuto come fosse una semplice bambola. Gli davano il minimo indispensabile, cercando di manipolare anche i loro pensieri per controllarli.
Era di già fin troppo, quindi, che li lasciassero poter andare in contro a qualche loro hobby; ovviamente controllato anche quello.

<<Spiegatemi... Dante, cosa si prova...>>

Allungò una mano sul tavolo, raccogliendo, per impugnare la forchetta d'argento e andare, in modo rozzo e con bruta forza, a conficcarla sul petto di un tacchino lì, servito sulla tavola.

<<...ad aver tra le mani la vita di una persona.>>

Strinse forte la posata, schiacciandola con rabbia deformando quella carne morta.
Poteva comprendere cosa gli avevano detto di dover essere. Ma lui sapeva chi era.

<<Ditemelo, è pesante?
Ve ne sentite in grado?
Riuscireste a portare questo fardello per l'eternità?>>

Rilassò la mano, fermando lo sforzo della presa.

<<Mi chiedo perché, contro le sue amare parole, abbiate voluto oggi trattenervi, dimostrandomi compassione.
Ma sappiate che non riceverete un "grazie".>>

Lasciò la presa per guardarlo e, tra le labbra, poteva scorgersi un piccolo ghigno.

<<Cappuccetto rosso ha smesso di fare amicizia col lupo cattivo.
Se volesse divorarla dovreste farlo a viso scoperto.>>

Perché Cappuccetto rosso aveva smesso di essere una brava bambina ingenua, e sapeva di star parlando con un mostro.

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⏰ Last updated: Jul 17, 2023 ⏰

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Come la morte ( boyxboy )Where stories live. Discover now