9. Madripoor

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Naomi
"È uno schianto, signorina!"
Mi guardai riflessa nel lungo specchio verticale del camerino, stretta in quel tubino nero. Arrivava a metà coscia, e mi stringeva le braccia fino al polso, mentre con il suo scollo a barca lasciava le spalle scoperte, sulle quali ricadevano morbidi i capelli.
Al collo brillava una collana di diamanti che dava luce alla mia figura.
Sorrisi alla commessa, ringraziandola per il gentile complimento. Lo dicevano sempre a tutti comunque, convincere a comprare era il loro lavoro.
Tornai in camerino, e mi sfilai il vestito, per poi indossare i vestiti di prima. Una volta allacciati gli anfibi, aprii la tenda nera che mi separava dal resto del negozio, con il vestito appoggiato sull'avambraccio.
Individuai Zemo, seduto su una poltrona bianca, e appena feci per raggiungerlo venni bloccata dalla stessa commessa del complimento.
"Signorina, lo posso portare in cassa?" mi chiese, cortese.
"Umh, si grazie" le risposi, lasciando che prendesse l'abito e la collana.
Mi sorrise di nuovo e quando si voltò, fui libera di raggiungere Zemo, che si alzò.
"Non mi fai vedere cos'hai preso?" mi domandò.
"No, lo vedi stasera!" dissi, incrociando le braccia al petto.
"Va bene, aspetterò" mi rispose, portando una mano nei miei capelli per scompigliarli.
"Sembro un idiota conciato in quel modo!"
Sam uscì dai camerini maschili sbuffando, con un completo in mano alquanto stravagante.
"Solo tu pensi di esserlo, Sam" disse Zemo.
Il diretto interessato venne bloccato da una commessa, che gli portò via la giacca e il pantalone, lasciandoli in cassa.
"Avrei voluto vederti con quella roba addosso, sai?" gli dissi, prendendolo in giro, e lui mi rispose con una risata ironica.
"Forza, uscite. Vi raggiungo fra un attimo" ordinò Zemo, così annuimmo e ci avviammo verso la porta, non prima di aver salutato cordialmente le commesse.
L'aria fresca di Madripoor mi colpì il viso e mi riempì i polmoni, mentre Sam chiudeva la porta del negozio alle nostre spalle.
"Paga lui?" mi chiese, con un sopracciglio alzato.
"Si, oppure spara alle commesse e porta via tutto, vedremo" dissi, con una nota ironica, senza guardarlo, mentre iniziavo a camminare.
"Potrebbe farlo davvero, è questo che mi spaventa" alzò le spalle e mi affiancò, mente io mi fermai, un po' irritata.
"Non è così cattivo come pensi. Ha fatto quello che ha fatto mentre era accecato dalla vendetta, gli Avengers gli hanno portato via tutto, Sam"
"Voleva dividerli, e per farlo ha ucciso delle persone. È morta della gente, per colpa sua" rispose lui, e prontamente lo feci anche io.
"Anche per colpa dei tuoi amici! Ultron non è stata una minaccia che arrivava da chissà dove come Thanos, lo hanno creato loro. Zemo non è un santo, lo so, ma non è l'unico ad avere colpe in quella faccenda"
Lui sospirò e scosse la testa, quasi arreso. Tutti i cattivi hanno una motivazione per essere quello che sono, persino Thanos, e Zemo aveva avuto la sua. Per quanto fosse sbagliato, niente mi avrebbe fatto cambiare idea. Anche Karli aveva il suo movente, un qualcosa per cui lottare.
Respirai rumorosamente, mentre riprendevo a camminare. James ci aspettava dall'altra parte della strada, seduto sopra un muretto accanto al marciapiede, mentre fissava la gente che passava.
Camminai verso di lui, mentre Sam mi seguiva.
"Ehi, cervello robotico, a che pensi? Ti sta uscendo il fumo dal cervello" chiese al suo amico, quando arrivammo sufficientemente vicino. James rispose senza guardarlo, inclinando la testa verso destra.
"Elaboro dati, uccellino"
Lo scambio di battute fra i due mi fece sorridere; avevano un rapporto strano, passavano il tempo a punzecchiarsi ma sembravano pronti a coprirsi le spalle a vicenda.
"Non sforzarti troppo, però" disse ancora Sam, battendo la sua mano due volte sulla coscia di James, che teneva le gambe a penzoloni.
Appoggiai le mani sul muretto e feci leva, facendo un balzo, per sedermi sul muro marrone.
"Non mettetevi troppo comodi, dobbiamo andare"
Zemo, con una busta nera stretta nella mano destra, camminava verso di noi a passo svelto.
"Mangiamo qualcosa, poi andiamo in un posto per posare questa roba" disse ancora, alludendo alle nostre due borse appoggiate per terra, sotto ai piedi del ragazzo accanto a me.
"Sai già dove andare?" chiese Sam, che voleva sapere sempre tutto.
"Si, ho telefonato ad un vecchio amico. Akash, te lo ricordi, Naomi?"
Annuii, pensando al volto dell'uomo, che ci aveva già ospitato diverse volte qui a Madripoor. Togliendo le attività poco lecite che svolgeva in questa città, era un uomo gentile e premuroso, e conosceva bene Zemo.
"Bene, andremo a piedi, casa sua non dista molto da qui - passò la busta a Sam, che prontamente la prese - Tieni il tuo completino! Forza, andiamo"
Cercai di reprimere una risata, scaturita dall'espressione di Sam. Zemo prese a camminare e sbuffando, lui lo seguì. Mi spinsi giù dal muro, contemporaneamente con James, che afferrò da terra le borse.
"Passamene una" gli dissi, allungando una mano.
"Tranquilla, le porto io" mi rispose, caricandosele entrambe sulla spalla destra.
"Grazie, James"
Mossi una gamba, per raggiungere gli altri due, che erano già qualche metro più avanti. Perché diavolo Zemo correva così?
"Naomi"
Mi fermai e mi voltai, alzando di poco le sopracciglia verso James dandogli la mia attenzione.
"Bucky. Chiamami Bucky" mi disse, sollevando un angolo della bocca. Mi ritrovai a pensare che non lo avevo ancora visto sorridere veramente e, ancora una volta, mi chiesi quante cose brutte ci fossero dietro a quella parvenza di sorriso.
Non seppi bene come rispondere, quindi mi limitai a copiare il suo mezzo-sorriso e a muovere leggermente la testa su e giù, un paio di volte. Non mi aspettavo una richiesta del genere, ma cercai di essere comunque gentile.
Il suo sorriso si aprì di qualche millimetro in più, ma non arrivò a toccare i suoi occhi azzurri. Erano chiari, quasi ipnotici, ma comunque diversi dalla prima volta che lo avevo visto. Quel giorno i suoi occhi erano vuoti, spenti e senza emozioni; mentre adesso un velo di oscurità perenne li riempiva. Ricordavo bene anche la maschera nera che gli copriva naso e bocca, come se gli impedisse di parlare, di dire la sua e di decidere per conto proprio. Così, persa fra i ricordi della persona che avevo davanti, mi morsi un labbro prima di parlare.
"Umh.. Bucky, io vol..."
"Volete un caffè? Magari anche dei biscotti?"
Mi voltai di scatto, per incontrare lo sguardo irritato di Zemo, che ci fissava con le braccia spalancate. Alzai gli occhi al cielo, e con qualche falcata lo raggiunsi. James, o Bucky, fece lo stesso, mettendosi vicino a Sam, dietro di noi.
"Ho interrotto un momento romantico?"
Zemo mi avvolse un braccio intorno alle spalle, parlandomi vicino all'orecchio per non farsi sentire.
"Oh, ma per favore!" gli dissi, schiaffeggiandogli una mano.
Lui ridacchiò, pizzicandomi una guancia con la mano libera.

The Border / Bucky Barnes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora