Prologo

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Sotto le grida dei miei genitori che litigavano infuriati cercavo un luogo in cui nascondermi, consapevole che una volta finita la loro discussione se la sarebbero presa con me.

Mi chiedevo in preda al panico dove potessi nascondermi, fino ad arrivare ad una conclusione, che forse non era tra le migliori. Una stanza in casa mia in cui non ero mai andata in 6 anni, mio padre me lo proibiva, eppure, di fronte ai miei occhi sembrava mi stesse dicendo "Vieni qui! Presto!", quindi non ne avevo fatto a meno, sbrigandomi a fare il mio accesso in quella misteriosa stanza.

Mi guardavo intorno scrutando attentamente un oggetto in legno composto da 6 corde, fino a muoverne una facendole fare un rumore, decidendo di non toccarla più per non farmi sentire e trovare nel mio nascondiglio.

Improvvisamente, delle urla che avevo sentito fino a quel momento non c'era più anima viva, adesso però sentivo passi, e percepivo tanta rabbia su di essi. Delle lacrime cominciarono a scendere dei miei occhi. Rannicchiata sul pavimento chiusi le palpebre sperando che quello fosse solo un brutto sogno.

Udivo le porte aprirsi, ne sentii sempre più vicine cominciando a tremare spaventata. Fino a sentire la più lontana. O fino a sentire quella di casa.

Più che aprirsi, era stata sfondata. A quel suono ho spalancato gli occhi.

Prendendomi di coraggio mi sono alzata sbirciando da quella stanza per capire che cosa fosse successo. Un uomo con camicia blu scuro e pantaloni del medesimo colore era lì, camminava per il corridoio con appresso i miei genitori. Sembrava stesse controllando casa mia, dato che stava esaminando ogni stanza. Ho deciso di nascondermi dentro ad un armadio, era pieno di fogli e documenti. L'ho sentito entrare proprio nella stanza in cui mi trovavo e mi sono irrigidita cercando di non respirare evitando di fare rumore.

Ma poi ho aperto gli occhi, mi aveva trovato e mi stava adocchiando. Più lacrime stavano cadendo dai miei occhi e il mio tremolio peggiorò.

Quel signore capì subito la situazione perché non era la prima volta che accadeva. Lui non era un semplice uomo, era un poliziotto.

Si è girato verso i miei genitori e li ha ammanettati, per poi chiamare tramite un walkie-talkie un suo collega, mentre che io guardavo tutto impaurita e confusa. Quando il collega arrivò, lui se ne andò con i miei genitori, e io piansi di più.

«Ascoltami, piccola, come ti chiami?»

«S-Suji» Balbettai.

«Non ti preoccupare Sujj, ora sei al sicuro. D'ora in poi niente di questo si ripeterà, va bene? Starai in un bel posto, in un posto accogliente»

Loro volevano portarmi in una casa famiglia, ma io non lo sapevo e non facevo altro che annuire.

«Dove stanno portando mamma e papà?» Domandai piagnucolando, ma lui non mi rispose.

Il giorno dopo mi hanno portata da mia nonna, mi hanno detto che sarei andata a vivere con lei. Appena entrata mi ha sorriso, ma non ha fatto nulla di più, certo che una volta portata via dai miei genitori avrei avuto bisogno di affetto, e non so se mia nonna sarebbe stata in grado di darmene così tanto. Mi ha indicato la porta della camera in cui avrei dormito da quel giorno in poi e io ci sono entrata.

Ho alzato lo sguardo, non ero interessata a guardare bene tutta la stanza perché un oggetto aveva già preceduto tutto.

Parve una chitarra.

Come quella che avevo visto quando per la prima volta ero entrata nella camera "misteriosa".

Ho chiuso velocemente la porta per dedicare la mia attenzione soltanto a quell'ultimo strumento, passando il resto della mia giornata lì.

Così è passato il primo giorno, ma che ne era degli altri? Una bambina di 6 anni appena separata dai genitori e portata da sua nonna, senza nemmeno un gioco portato con lei, o senza nemmeno una parola da scambiare con qualcuno. Come se non bastasse uscivo solo per andare a scuola.

Eppure mi rimaneva quella chitarra, che mi ha fatto scoprire la mia passione per la musica. Quando mia nonna mi accompagnava a scuola vedevo i cartelloni che sponsorizzavano corsi di canto e ballo, volevo provare.

Ne avevo parlato con mia nonna, alla prima mi aveva detto di no, alla seconda mi aveva detto di no, e alla terza... non sembrava negare.

Ed è così che, 2 mesi dopo l'accaduto con i miei genitori sono andata a fare una prova di uno di quei corsi a cui volevo tanto partecipare.

Ho capito subito che quella non era solo una fase, e lo dimostrava il fatto che, dopo 8 anni, non avevo ancora mollato nulla, anzi, il contrario, ero migliorata molto. Avevo 14 anni, puntavo molto in alto, a diventare una star k-pop. Dato che ero cresciuta. mi era stato raccontato meglio da mia nonna cos'era successo, mi ha detto che inizialmente volevano mandarmi in una casa famiglia, ma poi lei si è offerta volontaria, e dopo averle fatto firmare qualche documento mi hanno affidata a lei, mi ha anche detto che i miei genitori dopo l'accaduto erano stati portati a parlare con il giudice, e mi disse infine che avevano divorziato.

Bisogna dire che la mia vita non era più così tanto noiosa, oltre ad avere un gran talento nel ballare e cantare avevo delle amiche, molte del corso ma anche a scuola, e avevo pure molti amici, e come se non bastasse un fidanzato. Si chiama Beom Seok.

Mi invitava spesso a casa sua, o veniva lui da mia nonna, e sembrava avere intenzioni un po' perverse.

Un giorno, in camera sua mi mise una mano sotto alla gonna guardandomi. Io ho indietreggiato, ma lui si è avvicinato sempre di più spogliandosi e compiendo la stessa azione con me fino a farmi rimanere in intimo mentre che piangevo.

«Shh non succederà nulla..»

Finiva sempre così, ma riuscivo ad allontanarlo, questa volta invece stava andando oltre rispetto al solito.

Gli tirai un forte calcio in faccia che mi fece prendere un po' di tempo per mettere di nuovo i miei indumenti e lasciare quella dimora in cui probabilmente non sarei più tornata.

L'ho raccontato solo al mio migliore amico, voleva picchiarlo, ma l'ho fermato.

Erano passati un paio di anni. Era il 2017.

"JYP Entertainment, eh?" Ho pensato guardando le mie 5 compagne, che avrebbero fatto parte di quel gruppo insieme a me, e che in quegli anni erano diventate mie grandi amiche.

Il giorno dopo saremmo partite per Seoul.

«Firma qui.»

Ho firmato per quella agenzia, quello era il mio debutto.

Such a little sunshine. [Felix x reader]Where stories live. Discover now