With me (Pov Seth)

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Seth
«Zio Seth!» urla Joey non appena metto piede in casa di Jake e Nessie. Mi riserva la stessa accoglienza, che alla sua età mi riservava Sarah, solo che lei non mi ha mai chiamato zio. Non l'ha mai voluto fare, nonostante chiami mia madre "nonna" e mia sorella "zia". Per me non ha mai voluto un nomignolo che mi legasse alla famiglia. Io non sono mai stato un parente. Io ero, sono e sarò sempre solo Seth.
Che poi il mio ruolo sia cambiato più e più volte nel corso di questi ultimi quasi vent'anni è indubbio. Sono stato un vicepadre, un fratello maggiore, un migliore amico e qualcosa di più, per poi tornare ad essere l'amico a cui si può confidare qualsiasi cosa. Questo, fino a un mese fa.
Ora cosa sono?
Un mese fa mi ha detto che mi ama, e poi è partita. Sono rimasto qui, alla Riserva, a fare il mio dovere, a stordirmi di letture pesanti che non sono riuscito a capire nella maggior parte dei casi, perché c'era sempre lei nei miei pensieri. Lei, il suo sorriso, i suoi occhi, le sue labbra. Quelle labbra, così piene ed invitanti. Quelle labbra, che vorrei sulle mie sempre, in ogni momento.
Sento qualcosa che mi tira i pantaloni e mi distoglie dai miei pensieri.
«Zio Seth, cos'hai? Sei pensieroso?» mi chino su Joey e lo prendo in braccio. Ha il broncio e fa il labbruccio. E' inquietante avere davanti un bambino di tre anni e sentirlo fare discorsi da adulto.
«Non ho niente, lupacchiotto, pensavo solo a delle cose che sono successe» gli dico, sorridendogli.
Dei cinque figli di Jake, fatta eccezione per Sarah, Joey è quello che preferisco, anche se il giorno del diploma di sua sorella mi sono dovuto trattenere dal fargli una scenata di gelosia in piena regola. Menomale che Sarah ha rimesso in riga sia lui che suo fratello prima che arrivassi io, altrimenti avrei fatto una gran figuraccia.
Lui mi si getta addosso e mi circonda il collo con le piccole braccia. Lo adoro quando fa così, anche perché è insolito che si lasci andare con le persone. Se c'è una cosa che accomuna tutti e tre i figli di Jake e Nessie è la capacità di capire le persone. Anche se July deve aver avuto qualche intoppo con Jake che ancora non ho ben compreso.
«Allora, perché non ti sei fatto vedere per tutto questo tempo?» mi chiede, ed ha ragione, da quando Sarah è andata via sarò passato da queste parti solo un paio di volte, e dato che l'ultima ho trovato Ethan in fase di depressione profonda - ho dedotto che fosse legata ad Esther dopo che Jacob mi ha detto che lei è andata da lui per raccontargli cosa fosse successo di preciso nel bosco - ho deciso di smettere.
Quando Ethan è in un periodo no se la prende con il mondo ed è meglio stargli alla larga. E considerando che già un paio di volte mi aveva praticamente ordinato di chiamare sua sorella, ho pensato che sarebbe potuta finire in una rissa.
«Come sta Ethan?» chiedo. Svicolando la domanda, ma, in effetti, dandole una risposta precisa.
«Non si risponde a una domanda con una domanda, zio Seth!» mi dice Joseph, ridendo, con quella risata argentina che solo un bimbo può avere.
«Lo so, lo dice sempre anche a me il tuo papà!» gli dico, facendogli una pernacchia su una mano.
«Ethan sta bene. E' sempre un po' triste, soprattutto quando viene Esther e gioca con noi e non con lui, però sta bene. E' andato a prendere Sarah»
So perfettamente che lei arriva oggi, credo di essere venuto qui solo perché sono troppo nervoso per aspettare di vederla stasera al falò.
«Arriverà presto?» gli chiedo, anche se probabilmente non lo sa.
«Penso di sì» annuisce con forza, con un'espressione pensierosa. Un secondo dopo sta annusando l'aria. Nessie sta preparando i muffin con la ricetta di Emily. Sono i preferiti di Sarah, che li adora caldi. Perciò, deduco, sono in arrivo.
«Mi porti dalla mamma?» mi dice Joey, poggiandomi una mano sul viso per attirare la mia attenzione ancora una volta.
Entriamo in cucina.
Nessie tiene i capelli legati sulla nuca con una matita. Mi sono sempre chiesto come riuscisse a farlo, data l'enorme massa di capelli che ha, per giunta lunghissimi. Ha la farina in faccia e cerca di spiegare contemporaneamente a Jason come mescolare l'impasto e a Juliet che non si mangia la farina
Scoppio a ridere, pensando che forse, in futuro, ci sarà Sarah al suo posto, e i suoi - nostri - figli al posto dei suoi fratellini. Ma sto correndo un po' troppo.
C'è stato un bacio, un ti amo, e poi non siamo neanche riusciti a chiamarci, per un mese. Ed io già penso ai figli.
Scuoto la testa e smetto di ridere.
Nessie mi viene incontro.
«Allora eri con lo zio Seth, cucciolotto!» dice a Joseph, prendendolo dalle mie braccia e sporcandolo di farina mentre lo sbaciucchia e gli fa il solletico.
Poi lo mette a sedere su uno dei seggioloni della cucina.
«Fatti spiegare dai tuoi fratelli a che punto siamo arrivati. Io vado un attimo qui fuori a parlare con lo zio Seth. Jason, lo dico soprattutto a te. Non voglio vedere cose che volano quando ritorno. Ci siamo capiti?»
E' una madre fantastica, dolce ma severa quando è necessario, e conosce i suoi figli perfettamente, cosa che non guasta.
Si slaccia il grembiule e mi precede nella veranda di casa. Si siede sul divanetto di vimini e mi invita a sedermi su una delle due poltroncine che ha di fronte.
«Sarah mi ha detto che non vi siete sentiti spesso in questo mese»
«Puoi anche dire che non ci siamo sentiti affatto» le rispondo.
«Non ti è mancata?» mi chiede, con un sorrisetto sbieco che somiglia tantissimo a quello di Edward, e che usa perché conosce perfettamente la risposta alla sua domanda.
«Da morire» le dico, sospirando.
«E allora perché, Seth, perché non l'hai chiamata?» chiede, esasperata.
«Non volevo infastidirla, Nessie. Ho aspettato per diciotto anni e mezzo che si sentisse pronta ad amarmi. Che me lo dicesse. E non volevo sembrare insistente» le rispondo. Con Sarah non riesco mai ad essere sicuro di nulla. Non so mai quando posso e quando non posso, così il più delle volte mi costringo ad aspettare che sia lei a muovere il primo passo. E nel frattempo mi sparo delle seghe mentali assurde.
«Siete due testardi - scoppia a ridere e si alza - e lei la capisco, perché con il padre che si ritrova non può essere altrimenti, ma tu da chi hai preso?»
«Non hai conosciuto mia madre ai tempi d'oro!» le rispondo, ridendo con lei, ma lei torna improvvisamente seria.
«Ti do solo un consiglio, Seth. Cerca di essere te stesso, lei ti ama per quello che sei» mi dice, poi rientra in casa.
La seguo oppure no? Che faccio? In un certo senso ha ragione, con Sarah non sono mai me stesso, cerco di limitarmi, ma lei è riuscita ad amare quello che sono realmente anche così. Osservandomi quando non ero con lei per anni. Ma se fossi stato sempre me stesso, con lei, mi sarei condannato alla pazzia.
Jason mi risparmia la decisione di rientrare, venendo da me. Mi guarda con quegli occhioni di quella sfumatura particolare di marrone che ha ereditato da sua madre - e da sua nonna - e sta lì, fermo ad osservarmi.
«Jay, che c'è?»
«Se Sarah sta male anche solo una volta per colpa tua, te la vedrai con me». Perfetto. Quello che ci voleva per incasinare la mia giornata già incasinata. Una zanzara di cinque anni che mi dichiara guerra. Ma lui come lo sa di me e Sarah?
«Jay...»
«Me l'ha detto lei. Ha detto che non può sposarmi perché è mia sorella, e anche se non lo fosse stata non mi avrebbe sposato perché vuole bene a te. Vuole bene anche a me, ma vuole più bene a te»
Quest'ometto di cinque anni con lo sguardo serio è tesissimo, ed innamorato cotto di sua sorella. Credo di aver passato anch'io questa fase, ma con mia madre.
Lo prendo in braccio e cerco di parlargli come farei con un rivale in amore un po' più grande.
«C'ero anch'io quando ne avete parlato, ma non mi sembrava che ti avesse detto queste cose»
«Le ho parlato il giorno dopo» mi dice serio, e anche un po' triste.
«Jason, sai che Sarah ti vuole bene, vero?» gli chiedo.
«Sì, ma ne vuole di più a te» mi risponde, con i lacrimoni agli occhi. Oh, oh. Vampiretto con crisi di pianto in arrivo. Come si gestisce?
«Non me ne vuole di più, Jay - continuo a parlargli, facendo finta di non avere nessun tipo di problema a gestire la sua crisi di bimbo, anche se in realtà sono spaventato a morte. E se sbagliassi qualcosa? - Me ne vuole in modo diverso, ma non necessariamente di più»
Si strofina i dorsi delle mani sugli occhietti per asciugare le lacrime, e tira su con il naso, poi torna a fissarmi serio.
«E tu quanto bene le vuoi?»
Ora capisco quando i gemelli si disperavano, un paio d'anni fa, dicendomi che a soli tre anni Jay riusciva a metterli in crisi. Entrambi.
E dire che loro non sono proprio stati due esempi di bambini tontolotti. Riuscivano a mettere in crisi tutti gli adulti che avevano intorno, con la loro intelligenza.
«Tanto»
«Perciò, nessun problema se ti chiedo di non farla stare male, no?» dice, saltando giù dalle mie ginocchia e tornando in cucina.
Praticamente manca solo Juliet a farmi la predica. Ma lei parla veramente poco, e quel poco che parla è rivolto solo ed esclusivamente ad Ethan. Quindi, forse, almeno lei oggi non mi tocca.
Ma se ho appena pensato che mi sarei salvato, mi sbaglio di grosso. La piccola July esce dalla porta di casa, che qualcuno le ha aperto, tenendo in mano un muffin quasi più grande della sua faccia. Arrivata di fronte a me, le sue labbra si stirano in un meraviglioso sorriso, che lascia intravedere i suoi perfetti dentini bianchi, mentre mi porge il dolcetto.
Quasi dimentico i suoi poteri, che puntualmente mi vengono ricordati quando prendo in mano il dolce appena sfornato. Bollente. July ride per l'espressione che faccio, e la tonalità della sua risata è la stessa di quella di Sarah quando aveva la sua età. Quando ho capito che sarebbe stata lei per sempre. Quando è diventata il mio imprinting.
Appoggio il muffin sul piattino che è comparso sul tavolinetto di fronte a me - chissà come e chissà quando - e prendo in braccio l'adorabile bambina che ho di fronte.
Il solletico è sempre un'arma vincente con i bambini. Lo era con Sarah ed Ethan e lo è con i loro pestiferi fratellini. Inizio a fare il solletico a July, e ben presto me la ritrovo arrotolata su una spalla, mentre cerca di scappare. Rido con lei, mi sento sereno. I pensieri scompaiono ed è solo l'effetto della compagnia di un bambino. O di una bambina, in questo caso.
«Devo essere gelosa?» mi chiede quella voce. Per un attimo mi convinco di averla sognata, non ho sentito arrivare nessuna auto, e continuo a giocare con Juliet. Ma lei ora è composta, ferma. Non gioca più.
«Cos'hai, July?»le chiedo. Lei mi fissa con quegli occhioni color smeraldo che si ritrova, poi alza il braccino ed indica un punto dietro di me.
«Sarah» dice. Sorride, un sorriso immenso, e si sporge dalla mia spalla per raggiungere sua sorella - a questo punto non sono più io ad avere le allucinazioni, mi dico. Nel momento esatto in cui sento il peso di Juliet alleggerirsi sulla mia spalla, scatto in piedi e mi volto. Lei è lì, splendida nel vestito di lino bianco che mette in risalto la sua abbronzatura. Per la prima volta nella sua vita sembra una vera Quileute anche da quel punto di vista.
Il vestito scende fino alle ginocchia, sottolineando le sue forme ed accarezzandole come vorrei fare anche io. Ai piedi, un paio di sandali tacco dodici, che le permettono di raggiungere un'altezza alla quale potrei baciarla senza dovermi chinare troppo.
Solo che rimango qui, bloccato, a fissarla mentre Juliet la abbraccia e la sbaciucchia per dimostrarle il suo affetto. Non mi muovo neanche quando arrivano di corsa anche i due cucciolotti che erano ancora in casa, travolgendomi, per salutare la loro sorellona. Sembra che non si vedano da mesi. E, in effetti, è un mese che non si vedono.
Ma anche per me è un mese che non la vedo, e non riesco a fare altro che rimanere qui impalato a guardarla, notando ogni più piccolo cambiamento della sua figura. Ha i capelli legati, tranne un boccolo ribelle che è fuggito dall'elastico e le ricade sugli occhi.
Sorride ai suoi fratellini. Si è chinata per abbracciarli, si comporta normalmente. Solo io, mi rendo conto, mi sono completamente imbambolato. Ora che è qui non esistono più domande, solo risposte. Ora che è qui, non esiste più un mondo esterno a noi. Ora che è qui, è lei il mio universo.
Solleva lo sguardo verso di me, e per un attimo i nostri occhi rimangono incatenati. Un attimo che dura un'eternità, ma che viene interrotto dall'arrivo dell'ultima sorella che non l'ha ancora salutata.
«Sarah, sei già qui? - le dice, dopo essersi affacciata alla porta, andandole incontro - Tuo padre ed Ethan dove si sono cacciati?»
«Si sono fermati da zia Rachel, io non vedevo l'ora di tornare a casa!» risponde, e il suo sguardo si ferma ancora una volta su di me, mentre si alza per abbracciare Nessie. Si stringono per qualche secondo, poi Renesmee lascia Sarah e si rivolge ai suoi figli.
«Jay, Joey, rientriamo in casa. Dobbiamo finire i dolcetti per Sarah!» dice, mentre si china a prendere in braccio Juliet. I piccoli saltellano accanto alla loro mamma, felici che la loro sorella maggiore sia ritornata.
Sembrano quasi più felici di me. E forse lo sono, perché loro riescono a comportarsi normalmente con lei. Io no. E mi viene rabbia per questo.
Anche ora che siamo rimasti soli non riesco a pronunciare una parola. Sono in imbarazzo, e con lei non mi era mai successo. Anzi, non mi era mai successo in generale. Non ero spontaneo, forse, ma non in imbarazzo, perciò non ne capisco il motivo.
Forse il fatto che ci siamo dati quel bacio e poi più niente... mi sento un adolescente alla prima cotta. E ho trentacinque anni.
«Seth, ti partirà un embolo se continui a pensarci!» mi dice Sarah, fermando il flusso dei miei pensieri che stavano correndo verso un punto di non ritorno. La guardo e vedo il suo sorriso, quello meraviglioso che dedica solo a me, e che quella sera ha mostrato anche a Scott, nel tentativo si convincerlo a rimanere alla festa. Devo ammetterlo, sono stato estremamente geloso di quel sorriso, anche se in quel momento lo stava usando come un'arma.
Quello è il mio sorriso, e non deve usarlo con nessun altro.
I miei piedi si muovono automaticamente verso di lei, e, come in un riflesso spontaneo, la stringo forte tra le mie braccia. Sento le sue allacciarsi dietro la mia schiena, e il suo naso affondare nel mio petto. I suoi polmoni si riempiono a fondo, mentre respira il mio odore.
«Visto, te l'avevo detto che si vogliono bene!» sento sussurrare da dietro la finestra. Sono le tre piccole pesti che Jake e Nessie hanno messo al mondo.
Sorrido, e sento che anche lei sorride. Non riesco a vederlo, ma sono sicuro che lo stia facendo.
Non le ho ancora neanche rivolto la parola , ma in questo momento non sento il bisogno di farlo. Ho tutto ciò che potrei volere. Lei tra le mie braccia.
Rimaniamo stretti per qualche altro secondo, poi sciogliamo l'abbraccio. In realtà lo allentiamo semplicemente un po', per poterci guardare in faccia. Ci è sempre piaciuto farlo. Tra noi spesso non sono servite parole, ci bastava guardarci negli occhi per capire quello che pensavamo. Negli ultimi anni, però, spesso non riuscivo ad arrivare a quello che voleva dirmi con gli occhi. Ora lo so cos'era quello che non capivo quando mi guardava. Era l'amore per me. Quello che c'è anche adesso nei suoi occhi.
E capisco che, nonostante non ci siamo sentiti per un mese dopo quel bacio e quel "ti amo", lei non ha cambiato idea su di me, né su di noi.
Noi.
Che bella parola. Avevo iniziato a pensare che non ci sarebbe mai stato un noi per me e per Sarah, e invece sono qui, con lei tra le braccia, a vivere il mio sogno più grande.
E finalmente la mia lingua si scioglie, quando capisco di non avere motivo per sentirmi ancora sui carboni ardenti.
«Sarah, io...» inizio, ma lei mi interrompe, mettendomi un dito sulle labbra e scuotendo la testa.
«Non mi devi spiegare niente, Seth - lo sa già, sa già quello che volevo dirle - anche io ho fatto lo stesso. Ho avuto paura che ti saresti stufato di me, se ti avessi chiamato ogni giorno, come avrei voluto fare, che ti saresti sentito intrappolato in una relazione con una persona che non andava bene per te, che avresti finito per odiare il tuo imprinting. Me»
Si ferma e mi guarda attentamente, cercando di capire quale sia la mia reazione alle sue parole. Io mi sento sbalordito. Provavamo le stesse cose. Abbiamo lo stesso bisogno l'uno dell'altra e siamo due stupidi insicuri. La stringo di nuovo a me, brevemente, poi la guardo e sorrido.
«Cos'hai?» mi chiede.
«Ti amo» le rispondo, e il suo sorriso si allarga, rendendola più luminosa e più bella, se possibile.
«Mi sei mancato, tanto»
«Anche tu. Soprattutto perché poi non abbiamo parlato più di quel bacio»
«Non c'è niente da dire, Seth. Ti amo, e non ho intenzione di cambiare opinione tanto presto. Quindi abituati all'idea che non riuscirai a liberarti di me facilmente»
Sciolgo l'abbraccio che fino a quel momento ci aveva legati e prendo il suo viso tra le mani. Avvicino il viso al suo, le apro le labbra con la lingua, entrando nella sua bocca quasi di prepotenza, e la sento rispondere al mio bacio, legando la mia lingua alla sua, ricacciandola nella mia bocca, mentre lei la esplora accuratamente con la sua lingua.
Ci baciamo guardandoci negli occhi. Voglio vedere le emozioni che si rincorrono nei suoi come immagino che lei voglia fare con i miei, e vi leggo lo stesso impellente desiderio che immagino sia anche nei miei.
Ci stacchiamo, ansanti e bisognosi di aria - talvolta vorrei essere un vampiro, per non avere queste stupide necessità umane - e la guardo sorridere, felice e soddisfatta.
«Non ti lascerò andare neanche se dovessi cambiare idea» le dico.
«Ed io non credo che lo farò mai, se continui a baciarmi così» mi risponde, con un sorrisetto malizioso.
Ho ancora il suo viso tra le mani, e ci metto poco ad esaudire quello che interpreto dalle sue parole come un implicito desiderio.
«Ehm, ehm!»
Sento qualcuno schiarirsi la voce, ed è un tono inconfondibile. So di chi si tratta ancora prima di voltarmi.
Mi giro, e trovo esattamente chi mi aspettavo.
Ride. Ed è una situazione talmente paradossale, date tutte le volte che ci siamo trovati nelle condizioni opposte, che non posso fare a meno di ridere con lui.
Ethan ci guarda, scuote la testa ed entra in casa sbattendo la porta. Prima o poi dovrò fare un discorsetto con quello stronzetto. Non può semplicemente essere felice per noi?
Decido che in questo momento non mi importa. Con Sarah tra le braccia tutto il resto non mi tocca.
«Resti a pranzo da noi, Seth?» mi chiede Jacob, entrando in casa e lasciandomi di nuovo da solo con Sarah.
«Vuoi?» mi chiede lei, con un'occhiata speranzosa.
«Vorrei, ma direi che non posso proprio» le rispondo. Ho già promesso a mia madre che tornerò a casa per pranzo, ci sarà anche Leah, con Embry e il piccolo Harry, il mio nipotino naturale, nato tre anni fa.
E poi con Sarah avrò tutta la serata per stare, so già che sarebbe questa la risposta di mia madre, se decidessi di darle buca. Cosa che mi sto convincendo a fare, se guardo la mia dolcissima ragazza negli occhi, che sono diventati tristi.
Le do un bacio a fior di labbra e le sorrido.
«Dai, non fare questa faccia! Staremo insieme stasera!»
«Ma stasera ci saranno anche gli altri, Seth!» mi dice lamentosa, consapevole del fatto che non so dirle di no. Ma devo farlo. Con gli anni, e con lo sforzo di aspettare i suoi tempi, ho imparato a dare il giusto valore a ciò che devo e a ciò che voglio.
«Sarah, ho già promesso a mia madre che sarei tornato a casa!» le rispondo, e lo sguardo deluso che mi rivolge mi fa rimpiangere di aver preso la decisione giusta.
«Vengo con te» afferma lei allora, testarda quasi quanto Jake quando prende una decisione. Ma è giusto che lei oggi stia con la sua famiglia, che non vede da un mese. Io non posso portarla con me. Anche se è questo che vorrebbe. Anche se è questo che vorrei.
«Sarah, dai, non fare così. E' tutto più difficile. Credo che oggi tu debba stare con la tua famiglia, e senza di me. In fondo non ti vedono da un mese». Mi avvicino a lei, e le rimetto dietro l'orecchio quel boccolo nero che continua a ricaderle sul viso.
«E' che...» inizia, e si interrompe subito, per abbassare lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
«Cosa, principessa?»
«E' che... ho bisogno di starti vicina. In questo mese mi sei mancato da morire, mi mancavi come l'aria, era come se mi mancasse una parte di me»
«Ti ho già detto che ti amo, oggi?» le chiedo, baciandola di nuovo.
«Non abbastanza» mi risponde lei, quando la lascio.
«Ti amo»
«Anche io. Tanto»
«Di più io»
«Non ne sarei così sicura»
«Ti ho aspettata diciotto anni e mezzo»
«Solo diciassette. E io ho aspettato più di due anni che ti accorgessi che ero pronta»
«Dobbiamo litigare per questo?» le chiedo, mentre mi ritrovo con le sue braccia allacciate dietro il collo.
«No, credo di conoscere un modo migliore per occupare il tempo». Spinge la mia testa verso la sua e fa scontrare nuovamente le nostre labbra.
Il mio cellulare si mette a squillare proprio in questo momento. E' la suoneria di mia madre, la colonna sonora di "Happy Days". E' stato Ethan ad assegnarla a lei, qualche anno fa, e non l'ho mai cambiata.
Mi stacco da Sarah, seppur a malincuore e tra i suoi mugolii di dissenso, e rispondo a mia mamma.
«Pronto?»
«Seth, ma che fine hai fatto? Ti rendi conto di che ore sono? Sei in ritardo di almeno mezz'ora»
«In ritardo per cosa? Dovevo tornare per pranzo, no?»
«Ma dovevi aiutarmi a sistemare, e sono già le undici e trenta!»
«Mamma, sei perfettamente autosufficiente e non hai mai voluto il mio aiuto in cucina. Si può sapere perché hai chiamato?»
«Mi conosci troppo bene. Ero solo un po' preoccupata per te»
«Sto bene, niente di cui preoccuparsi, mamma. A che ora arriva Leah?» Sarah sta seguendo tutta la nostra conversazione, non solo la parte che sente direttamente, e i suoi occhi si sono un po' incupiti, quando ha capito il motivo per cui mia madre era preoccupata.
«Tra un'ora. Ma ti voglio qui prima. Dovrai almeno apparecchiare!»
«Va bene, mamma, sarò lì puntuale!»
«Mi raccomando. - mi dice e sta per attaccare, quando all'improvviso si ricorda qualcosa - Ah, salutami Sarah. Anche da parte di Billy e Charlie»
Billy era venuto a vivere a casa mia quando era nata Juliet, per motivi di spazio.
Rachel e Paul volevano che andasse da loro, ma lui non ne aveva voluto sapere. Aveva detto che era troppo vecchio per fare da babysitter - a Jason e Joseph avevano sempre badato Ethan e Sarah, al bisogno, e sempre supervisionati da me - e certamente Zack e Nate non erano proprio due esempi di tranquillità. In più, ora Rachel era di nuovo incinta. E quindi casa mia si è trasformata in una casa di villeggiatura per pensionati.
«Certo mamma, non mancherò» dico. E chiudo la telefonata.
L'espressione mortificata di Sarah mi fa maledire il momento in cui ho deciso di rispondere al cellulare.
Si è seduta sul divanetto della veranda e fissa un punto nella direzione opposta a quella in cui sono io. Mi inginocchio davanti a lei e le prendo il viso tra le mani, obbligandola a guardarmi negli occhi.
«Ehi, cos'hai, principessa?» le chiedo, cercando di trasmetterle con la voce il fatto che non la ritengo colpevole di nulla. Una lacrima le scivola sulla guancia, e l'asciugo con il pollice prima che le arrivi alle labbra.
«Vorrei - singhiozza - vorrei non dover ricordare continuamente quanto male ti ho fatto, Seth»
Mi getta le braccia al collo dopo questa confessione e me la ritrovo con la faccia tra il collo e la spalla, che mi bagna la camicia con le lacrime. La stringo forte a me, accarezzandole la schiena nel tentativo di confortarla, e per un po' non apro bocca. Poi mi rendo conto che la situazione non migliora, anzi.
«Dai, Sarah, non è successo niente. Il passato è passato, purtroppo non possiamo cambiarlo. Ma ti assicuro che averti qui, adesso, è il miglior regalo che potessi ricevere da te. Allora eri solo una bambina, eri confusa, ed era tuo diritto esserlo. Ora però sei qui. Sei tra le mie braccia, mi ami ed io amo te. L'unico modo in cui mi potresti fare del male è pensando di lasciarmi»
«Ma ti ho già detto che non ho intenzione di farlo» dice, sollevando la testa ed asciugandosi le lacrime con le mani. Certe abitudini proprio non cambiano.
Sorrido, ripensando a tutte le ramanzine che Embry le ha fatto per questo motivo.
«Allora, vedi che non c'è motivo di piangere? Siamo qui, siamo insieme e la situazione non cambierà per moltissimo tempo ancora. Non c'è bisogno di pensare al passato, visto che comunque ci ha portati a stare insieme»
«Sì, ma... continuerò ad essere quella che ti ha fatto stare male» dice, mordendosi il labbro inferiore, vizio che ha preso da sua madre e da sua sorella.
La bacio, impedendole di continuare a torturarselo in quel modo, poi la guardo serio.
«Non badare a quello che dice mia madre. E' nella sua natura preoccuparsi per me. Io e te sappiamo che ora è diverso» le rispondo, poggiando la mia fronte sulla sua e fissando i miei occhi nei suoi. Lei sorride, finalmente, e mi risponde.
«Sì, è diverso» poi mi bacia. Mi rialzo in piedi, portandola con me, e continuerei a baciarla all'infinito se Ethan non uscisse dalla porta di casa.
«Sarah, posso parlarti?» chiede, titubante. E' incerto tra il bisogno di confidarsi con la sorella e il non volerci disturbare. Poi rientra in casa. Forse l'ho giudicato male. Mi stacco da Sarah, e lei mi guarda dubbiosa.
«So che ti ha trattato male, ma non lo fa apposta. E' solo che non è abituato a tenersi le cose dentro, e non voleva neanche dirmele per telefono, e allora è diventato un po' irritabile»
«Lo so, Sarah. Vi conosco dallo stesso giorno e voglio bene ad entrambi. Beh, a te qualcosa in più, visto che ti amo. Solo che mi ha dato veramente fastidio il fatto che pretendesse di dire a me come comportarmi quando poi lui...» mi mette un dito sulle labbra e mi impedisce di continuare.
«E' estremamente protettivo con me, Seth. Sono il suo doppio e la sua metà, ricordi? E non metterti in competizione con Ethan. Hai, quanti, sedici anni più di lui?»
«Hai ragione, principessa» le rispondo, baciandola ancora una volta.
«Vado dentro. E' anche ora che tu torni a casa, se no nonna Sue si preoccupa - mi dà un altro bacio, poi continua a parlare - ci vediamo stasera»
«Aspetterò con impazienza» la stringo ancora una volta a me, poi la lascio andare.
La osservo aprire la porta e all'improvviso ho qualcos'altro da dirle. Strano, prima non riuscivo ad aprire bocca ed ora non riesco a smettere. Anche se penso che quest'ultima cosa sia provocata dal fatto che non voglio vederla sparire in casa.
«Sarah!» la chiamo. Lei si blocca immediatamente, un piede in casa, l'altro fuori, la mano sul pomello della porta e il viso voltato verso di me, con il corpo che lo segue lentamente.
«Dimmi, Seth!» risponde sorridente.
«Stasera... vieni vestita così?» ma che razza di domanda è, Seth? Il fatto che tu la trovi bellissima così non le impedirà certo di cambiarsi!
Ride. Una risata dolce, che risuona nell'aria e le illumina il viso. E non riesco neanche a prendermela, anche se è ovvio che stia ridendo di me.
«Ti piaccio così?» mi chiede, quando finalmente riesce a smettere di ridere.
«Tu mi piaci sempre. Ma così sei magnifica» e dico la verità. Non ha certo bisogno di un vestito per essere bella, la mia principessa, ma quell'abito valorizza la sua figura. Le sue gambe snelle, i suoi fianchi perfetti, il suo seno... No, Seth, non ci pensare.
«Pensavo di farmi una doccia e cambiarmi, Seth, però vedrò di trovare qualcosa che possa essere di tuo gradimento!» mi dice, e si avvicina a me, lasciando sbattere la porta, mentre mi bacia ancora una volta. Di questo passo a casa non ci torno, lei non riuscirà a parlare con Ethan e neanche a farsi una doccia, o forse... No, Seth, non ci pensare.
La stringo a me ancora una volta.
«Tu sei sempre di mio gradimento. Lo saresti anche con un sacco di iuta addosso»
«Prude. Comunque grazie»
«Ti amo» altro bacio.
«Anch'io, ma ora devo andare. Altrimenti Ethan ti odierà a vita!»
«Già!» dico, mentre la vedo scomparire dietro la porta.
Volto le spalle alla casa e mi avvio verso la mia.
Arrivo con il sorriso sulle labbra e fischiettando, come forse non succede da troppo tempo. Mi avvicino a mia madre, che è ai fornelli, la abbraccio da dietro e le schiocco un bacio sulla guancia. Lei si volta sorpresa e io ne approfitto per farla piroettare un po' in alcune figure di danza che neanche sapevo di conoscere.
«Ehi! Cos'è tutta questa allegria? Erano anni che non ti sentivo così sereno!»
«L'hai detto, mamma. Sono sereno. E felice»
«Ed io sono felice per te!»
«Ehi, Seth! E' tornata mia nipote?» Charlie si affaccia in cucina e capisce subito perché sono così felice. D'altronde tutti sanno perché oggi sono così felice.
Sinceramente ho sempre pensato che Charlie avrebbe fatto più problemi. In fondo, come mi ricordava Sarah, tra me e lei ci sono sedici anni di differenza. Io ne ho ormai trentacinque, anche se non li dimostro.
E invece è molto tranquillo, da questo punto di vista. C'è da dire che ha anche avuto sette anni per abituarsi al fatto che fossi innamorato di lei, e il mio rispettare i tempi di Sarah deve avermi fatto guadagnare punti ai suoi occhi.
«Sì, Charlie» gli dico, rispondendo al suo sorriso.
«Seth, vai ad apparecchiare. Guarda che il fatto che tu sia felice non ti esime dai tuoi compiti!» mi dice mia madre posandomi una pila di piatti tra le braccia. Pesano anche per me, chissà come faceva lei a sollevarli!
«Signorsì, signora!» rispondo, scoppiando a ridere e andando in salotto ad apparecchiare.

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Il pomeriggio è trascorso in fretta. Harry è un bambino fantastico e Leah una madre premurosa. Troppo. Spero che gli dia presto un fratellino, perché altrimenti Harry fuggirà di casa in breve tempo. Embry se la ride a vedere mia sorella che corre dietro al piccolo solo per mettergli una felpina a luglio inoltrato.
Questa sera, Harry è rimasto da mamma e Charlie, insieme a tutti gli altri cuccioli della tribù, Judy compresa,anche se per lei Jake e Sam hanno in mente qualcosa.
Ha visto Esther, ha visto il vampiro, e in un mese non siamo riusciti a convincerla del fatto che avesse sognato tutto. Credo che Sam stia pensando di regalarle un libro sulle leggende della tribù. In fondo Sarah ed Ethan erano di poco più grandi di lei quando hanno saputo. Certo, le circostanze erano quelle che erano, ma Judith è troppo sveglia per continuare a tenerle nascoste le cose. E i nanerottoli di Jake e Nessie troppo benvoluti per pensare di separarli dalla tribù solo per mantenere il segreto.
Qui intorno al fuoco, però, stasera saremo solo adulti. Ai piccoli penseremo poi. Stasera dobbiamo accogliere Esther nel branco, anche se, di fatto, l'ha già accolta Ethan.
Ethan, che è seduto al fianco di Jake e Nessie e che fissa Esther, tra i suoi genitori, di fronte a lui.
Ci siamo proprio tutti. Jake e Nessie, Leah ed Embry, Jared e Kim, Quil e Claire, Sam ed Emily, Paul e Rachel, Collin e Brady senza le loro compagne, che non sono i loro imprinting, Ethan, Esther ed io.
No, ripensandoci non siamo tutti. Manca Sarah. La mia Sarah. Mi guardo intorno nervosamente, chiedendomi dove possa essere finita, quando incrocio i suoi occhi ed inizio a sorridere. Per diventare un ebete completo quando il mio sguardo scivola sul suo corpo.
E' una bomba.
La camicia bianca, senza maniche, ha i primi tre bottoni slacciati e lascia intravedere l'incavo tra i seni, mentre gli shorts di jeans che indossa mettono bene in mostra le sue lunghe gambe.
Mi rendo conto di essere rimasto a bocca aperta solo quando sento il dito della mia ragazza spingere la mandibola verso l'alto.
«Spero che tu guardi così solo me» mi dice all'orecchio.
«E spero che tu ti vesta così solo per me» le rispondo, stringendola contro il mio corpo.
Poi sopraggiunge una certa paura. Sono anni che non la tengo tra le mie braccia durante un falò. L'ultima volta è stata... non ci voglio pensare.
Però vorrei che rimanesse accanto a me, senza rifugiarsi vicino alla sua famiglia.
«Cos'hai, Seth?» mi chiede, guardandomi attentamente.
«Niente... pensavo...» e mi interrompo, per fissarla qualche istante.
«Pensavi?»
«Ti andrebbe...durante il falò... ti andrebbe di stare vicino a me, come quando eri piccola?»
«No» mi risponde, ed io mi innervosisco immediatamente, slaccio le braccia, le stendo lungo i fianchi, e stringo i pugni.
Lei prende una delle mie mani nelle sue e apre le dita una a una.
«No, non voglio stare vicino a te come quando ero piccola. Voglio stare tra le tue braccia come una donna tra quelle del suo uomo, Seth. Ti amo»
Il sorriso torna sul mio viso, e mi trovo con le sue labbra sulle mie, in un bacio che si approfondisce sempre di più.
Di fronte a me, vedo Jake sorridere e stringermi l'occhio, quando si accorge che lo sto guardando.
E mi sento felice.
Averla qui, tra le mie braccia. Stringerla al mio petto. Baciarla, ed accarezzarle i capelli, sotto gli occhi di suo padre che ci guarda con affetto.
Questo è quello che ho sempre desiderato.
Questo, e quelle due parole che mi ha detto poco fa. Ti amo.

Broken Hearts - Loging ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora