Tegolino

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Non so con precisione perché ho deciso di fare questa cosa. Provo a ripescare nella memoria il filo logico che mi ha portato a questa situazione, ma proprio ho un grande vuoto.

Dal trasportino sul sedile del passeggero risale un miagolio acuto e sospiro. Pessima idea, veramente terribile. Spero che vada come mi sono immaginato, se no ce l'ho veramente nel culo. Un altro miagolio. Questo coso in casa mia non entra.

Appena arrivo a destinazione, parcheggio e mi ripeto mentalmente il discorso che ho preparato. Scendo dalla macchina e mi avvio verso casa di Jaco, salvo ricordare all'ultimo quello sgorbietto abbandonato e dover tornare indietro alla velocità della luce. Apro il trasportino, ci infilo la mano e appena raccolgo quel batuffolo grigio mi tira una zampettata sul polso. Lo guardo con una faccia scocciata e lui per ripicca si mette a giocare con il laccio del mio braccialetto. Faccio una presa più salda sul suo pancino bianco, prima che mi scappi e finisca sotto una macchina, e finalmente riesco a citofonare a Jaco. Gli sto regalando un gatto, ma che problemi ho?

«Chi è?» chiede.

«Aprimi e chiudi gli occhi. Sono Gian» rispondo, tenendo per miracolo il gatto che sta tentando una fuga.

«Eh?»

«Avanti...» insisto. Fa scattare il cancelletto, io attraverso il giardino e mi fermo proprio davanti alla porta di ingresso. «Hai gli occhi chiusi?» domando.

«Sì» conferma.

«E perché non ti credo?»

«Promesso!» esclama, io apro leggermente la porta e lo noto con gli occhi coperti dalle mani, al che mi metto di fronte a lui.

«'Spetta, eh» mormoro, cercando mettere il micio in una posizione decente. «Ok, apri gli occhi».

Si toglie le mani dal viso, apre gli occhi e guarda prima me, poi si accorge del gattino che sto tenendo e fa un'espressione sorpresa. «Oh...!» mugola, già lo vedo innamorato. «E tu chi sei?» chiede, prendendolo in braccio.

«Non ha ancora un nome...» rispondo. «È per te»

«Come?» domanda, riportando l'attenzione su di me.

«Mi hai detto che ogni volta che te ne vai da casa dei tuoi sei sempre triste che ti manca Camilla... e che volevi prendere un altro gatto... te l'ho preso io...» spiego.

«Grazie!» mi dice, con un sorrisone riconoscente, poi abbassa lo sguardo e fa un grattino sulla pancia del nuovo arrivato. «È troppo carino! Vero che sei troppo carino?» uggiola, ricevendo un "miao" come risposta.

«È un po' stronzetto» lo avverto.

«Smettila di insultare i gatti, non sono stronzi.» mi rimbrotta, senza nemmeno guardarmi perché ormai ha occhi solo per lui. Ridacchio e mi chiudo la porta alle spalle.

«Il nome puoi sceglierlo tu. Ha tre mesi e mezzo, l'hanno già svezzato, ma gli mancano i vaccini...». Annuisce e lo guarda ancora.

«Scegliamolo insieme il nome» propone.

«Ma va, è il tuo gatto, fai tu...» ribatto.

«Dove l'hai preso?»

«Vorrei tanto dire in un bidone della spazzatura, ma in realtà la gatta del mio vicino ha fatto una cucciolata e li dà via che non può tenere cinquecento gatti...». Continua a giochicchiare con l'esserino, sembra contentissimo. Sorrido, almeno è andata come volevo. Chissà perché gli ho regalato un gatto.

«Quindi che nome gli diamo? Ma è un maschio o una femmina?»

«Maschio... e ti ho già detto che devi scegliere tu... trova qualcosa che abbia a che fare con Camilla... che ne so, chiamalo Carlo». Alza lo sguardo e mi fa una smorfia schifata.

Show me how good life can beWhere stories live. Discover now