Voglia di restare (Epilogo)

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Il citofono che sta suonando mi sveglia, grugnisco senza aprire gli occhi e pianto per bene la faccia nel cuscino. Lo spiraglio di luce che viene dalla persiana mi conferma che anche oggi sono vivo. Appena il cervello si avvia e carica tutti i pensieri, mugolo addolorato, dispiacendomi di essere effettivamente ancora in vita. Ieri mi sono svegliato in un bel letto matrimoniale a Colonia, oggi sono di nuovo a casa. E con Jacopo, la sensazione di aver rovinato tutto si è trasformata praticamente in una certezza. La prima sera, dopo il parco, Jaco è tornato in hotel praticamente a gattoni viste le ventordici birre che si è scolato ed è collassato in tipo dieci secondi lasciando la questione totalmente irrisolta, il secondo giorno ha riprovato a starmi un po' addosso, io completamente impanicato dalle circostanze e dalle parole di Theo mi sono sempre allontanato da ogni suo tentativo di contatto e lui ha perso le speranze già prima di cena, rimanendo distante per tutti i restanti quattro giorni. Che assoluta testa di cazzo che sono. In realtà mi ero pure ripromesso di parlargli, ma non ce l'ho proprio fatta. Già in partenza non sono capace, "sereno" non era la parola che meglio mi descrivesse e Jaco era infinitamente e follemente innamorato di Colonia per sforzarsi con me, io non me la sono sentita di disturbarlo troppo con cose stupide come questa. Sì, gran bel bordello che ho fatto. Le cose erano state quasi decentemente semplici fino adesso, ovviamente ho dovuto incasinare tutto proprio nel momento clue. Mi sono scavato la fossa da solo.

Sento la porta aprirsi e un piccolo sospiro è il primo suono emesso dalla figura misteriosa.

«Ciao, Gianlu...» dice papà. Oh, wow, un deja vu. Ora sono solo molto più depresso dell'altra volta. Non mi giro nemmeno, so che mi sta chiamando per scendere, ma l'ospite che c'è di sotto potrebbe sparire seduta stante per quanto mi riguarda. Non mi interessa di brutte, belle figure, convenevoli, domande scomode, voglio solo morire nel mio letto in santa pace. «C'è... c'è Jacopo di sotto che ti sta aspettando, dice che dovevate vedervi...» mormora. Oh, fantastico, dalla padella alla brace. Ma di che mi stupisco più, non c'è mai limite al peggio. Non mi giro e rimango in silenzio evitando proprio di rispondergli, mi limito a prendere l'orlo del lenzuolo e a tirarmelo fin sopra alla testa. Non ce la posso fare. È un grosso no. «Gianlu, ma che c'è che non va?» mi chiede papà, con un tono da normale genitore preoccupato per il proprio figlio. Carichiamoci ulteriormente di sentimenti contrastanti, la mia sopportazione emotiva non ne ha avuto abbastanza evidentemente. «Non lo vuoi vedere? Perché va bene se non lo vuoi vedere, dimmi soltanto cosa gli devo raccontare...» insiste. Eccone un altro, di sentimento contrastante. Non lo voglio vedere Jacopo, al contempo non voglio lasciarlo solo con mamma. Non lo so, è tutto una merda, voglio solo cancellarmi dall'universo. Mi rannicchio in posizione fetale, esausto. Sono sveglio da due minuti e sono già pronto a tornare a dormire.

Sento altri passi arrivare dal corridoio che si fanno sempre più vicini. Non la riunione in camera mia.

«Oh... ehm... sì, si è messo così...» commenta papà. «E non sembra di ottimo umore...»

«Provo io» risponde Jaco, calmo, facendomi pentire per l'ennesima volta di essere nato. In un istante, la persiana si apre totalmente, la stanza viene inondata di luce e mi tocca pure strizzare gli occhi per salvaguardare le mie povere retine traumatizzate. «Buongiorno, buongiorno!» esclama solare. «Dai, su, sono già le undici, alzati, Gian, che siamo pieni di roba da fare!» continua, i suoi passi si avvicinano e la coperta viene eradicata di botto dal mio corpo, lasciandomi completamente accecato dalla luce delle undici. Mugolo, infastidito e sotterro il cranio sotto il cuscino a mo' di struzzo. «No, no! Basta, hai già dormito abbastanza, su, svegliarsi!» insiste, prendendo il cuscino e alzandolo deciso. Sospiro, mi obbligo ad aprire lentamente gli occhi e me lo ritrovo a sorridermi tranquillo, la stessa maglietta verde acqua che aveva la prima sera a Colonia. «Ben svegliato» mi dice, con una luce divina alle sue spalle. Stupido Jacopo, non fosse così... incredibile sarebbe stato molto più facile da lasciar perdere.

Show me how good life can beWhere stories live. Discover now