3. Failed moments

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L'acqua che scorre dal getto della doccia cade con violenza sulla piastra poggiapiedi. Il suono che scatena sembra essere una forte grandine in atto, nel suo momento di impatto con il terreno e le vetture.

«Mamma, cosa ti preparo per la cena?»

Origliare fuori dalla porta chiusa del bagno non è una cosa che mi piace fare, ma da quando ho trovato una vecchia foto di mia madre – risalente ai suoi tempi del liceo – sembra essere più silenziosa, più chiusa in se stessa, quindi la preoccupazione mi porta a fare cose impensabili e sbagliate.

Non capisco... forse non voleva ricordare qualcosa che possa averle fatto del male – presumibilmente – proprio come non mi ha mai raccontato di mio padre. Potrebbe essere proprio il ragazzo nella foto che ho visto, ma in tredici anni non ho mai saputo un nome, o almeno il colore dei suoi capelli, quindi non lo so.

«Mangio sul set, Nina... non preoccuparti per me» mi risponde dopo un po' ma, nonostante il suo modo di parlare rassicurante, lo sconforto dentro di me cresce a dismisura.

È da circa due mesi che non riesce a mangiare insieme a me...

Lascio svuotare la vasca da bagno mentre scavalco la ceramica con una gamba – la destra – e poi l'altra. Avvolgo il mio corpo gelido e bagnato all'interno dell'accappatoio, stringendomi forte in esso nella speranza di recuperare un po' di calore.

Per ampliare le mie possibilità, aziono il phon con il beccuccio puntato verso di me, appoggiandolo sul bordo del lavandino.

Osservo la mia immagine pallida riflessa sullo specchio, abbattuta. La mancanza di mia madre è troppo forte, e il pensiero che tutto il declino sia stato scatenato a causa mia mi fa sentire persino peggio.

Prima dei miei tredici anni, mi era capitato solo un paio di volte di vederla nei suoi periodi negativi, ma questi erano brevi e passeggeri... Ogni tanto la mia curiosità prendeva il sopravvento e facevo domande senza neanche pensarci più di tanto...

Invece, quando la stessa mi ha portata a rovistare le parti più nascoste di casa, scovando una scatola colma di vecchie fotografie, mia madre è cambiata radicalmente e da lì il suo buonumore è andato pian piano verso il basso, fino a spegnersi.

Districo i nodi ai capelli con un pettine marrone a setole larghe, cercando di non distruggermi tirandoli troppo forte. Essendo molto folti e naturalmente ondulati, più tendenti verso il riccio, sanno essere molto ribelli per la mia povera cute. Devo sempre applicare diversi oli che possano conferire morbidezza e maggiore luce, e almeno una volta a settimana faccio degli impacchi di maschere per avere un capello mosso più omogeneo. Se penso alla criniera da leone che avrei, se non facessi tutto ciò, mi vengono i brividi.

Stacco il phon in funzione, sentendo nuovamente la temperatura corporea nel range della tolleranza, e rimuovo i residui di acqua che scorrono sulla pelle, indossando l'intimo in pizzo nero.

Restano da mettere soltanto i calzini, quando la musica in funzione sul cellulare si stacca, venendo sostituita da una forte vibrazione e una suoneria che la accompagna.

Sussulto rumorosamente, e il mio corpo reagisce prima che la mia mente possa elaborare cosa sta succedendo. Corro verso la piccola lavatrice – laddove ho appoggiato il cellulare circa mezz'ora prima – con il cuore in gola e una sensazione di apnea nei polmoni, afferrando l'iPhone con una bolla di speranza che rischia di squarciarmi il petto.

Fa' che sia una buona notizia... fa' che sia mia madre, che si sia svegliata...

Accetto la chiamata con una velocità surreale persino per me, e la voce fatica ad uscire.

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