o. prologo

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Lakìa stava iniziando ad annoiarsi

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Lakìa stava iniziando ad annoiarsi.

Quando aveva proposto a quella guardia di seguirla nel retro del Club dei Corvi, nessuno dei due ci aveva pensato due volte. Le era bastato sussurrare un paio di parole nell'orecchio dell'uomo, far scivolare le mani lungo la sua schiena, e la nottata era andata esattamente come aveva immaginato.

Era diventata una routine, ormai. Ti alzavi la mattina in una delle stanze di uno dei tanti locali di Ketterdam, mangiavi qualcosa, magari fregavi un portafoglio o due a qualche mercante che passava per lo stradone principale, e non appena calava il buio, insieme ad esso arrivavano anche alcool, jurda e qualche uomo o donna così stupido da cadere ai suoi piedi e rotolarsi con lei tra le coperte.

E quella sera non era diversa.

All'inizio le era parso qualcuno di decente, la sua solita preda, un idiota che non aspettava altro che trovare qualcuno con cui divertirsi e abbandonare il suo lavoretto di ronda. Pensava addirittura che le sarebbe piaciuto.

Invece, la guardia era lenta, impacciata e inetta. Era già passata mezz'ora e tutto ciò che c'era stato erano baci e le loro maglie lasciate a sporcarsi sul pavimento lercio del vicolo.

Mentre l'uomo avvinghiato a lei sembrava stesse vivendo la notte della sua vita, ansimando ed emettendo solo i Santi sapevano che diamine di suoni, Lakìa era arrivata al punto di sbadigliare.

«Sei così bella . . . » le mormorava lui nell'orecchio, come un disco rotto. E diamine, poteva almeno trovare qualcosa di meglio da dire nel mezzo di una situazione del genere. Sì, Lakìa si stava decisamente annoiando.

Lakìa alzò gli occhi al cielo, sbuffando: «Lo so». L'altro sembrò eccitarsi ancora di più alla sua risposta, e la ragazza storse il naso. Lo prese per le spalle, forte, e lo costrinse ad allontanarsi: «Senti, tesoro, per quanto la notte sia ancora giovane e tu mi faccia così tanta pena, solo soletto, temo di dover passare oltre, questa volta».

«Ma avevamo appena iniziato» protestò quello, rimettendole le mani sui fianchi e riattirandola a sè, fino a che le loro labbra presero a sfiorarsi. «Non siamo neanche arrivati ai preliminari . . . ».

Lei lo schernì: «Sono più che sicura che fossimo fermi ai preliminari da una mezz'oretta buona. E il mio tempo si è esaurito un quarto d'ora prima. Perciò si, mio caro, devo chiederti gentilmente di farti da parte».

Quella era una bugia. Lakìa non aveva mai messo un limite di tempo al suo divertimento, ma avrebbe fatto finta solo per quella volta. Dopotutto, non è che ci perdesse molto.

Ma la guardia non accennava a toglierle le mani di dosso. «Piccola, andiamo—».

Quello lanciò un urlo e arretrò di un paio di passi. Lakia finse innocenza vedendo i palmi delle mani dell'uomo completamente rossi, fumanti e senz'ombra di dubbio ora con un'ustione di primo grado. «Stronza!».

𝐄𝐌𝐏𝐓𝐘 𝐆𝐎𝐋𝐃, shadow and boneWhere stories live. Discover now