VENTISETTE

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Il sudore gli si era incollato alla pelle. Il panico aveva serrato le vie respiratorie, e sentiva forte, più forte, i battiti del cuore rimbombargli nelle orecchie.

Conosceva quel lamento.

L'aveva riconosciuto subito.
Era riaffiorato con prepotenza dai ricordi, riempiendogli la mente, gli occhi di terrore.

Fece un passo indietro e Geert lo afferrò per un polso, facendogli cenno di tacere, ma Abel sapeva benissimo che stare zitto non sarebbe servito.

Era sicuro che il mostro avesse già fiutato il loro odore.

-Corri- disse piano Florian e lo strattonò per un fianco tirandolo verso la direzione opposta dalla quale proveniva quel dannato ringhio.

Lo aveva riconosciuto anche lui, non aveva dubbi.

Geert li seguì, si vedeva che non condivideva il modo in cui stavano reagendo, ma lui non aveva mai avuto a che fare con quel genere di situazione, Abel ne era certo, altrimenti non si sarebbe limitato a pensare di potersi nascondere nel silenzio. Non ci si poteva nascondere nel silenzio quando i sensi iper-sviluppati del nemico erano in grado di individuare la vittima ovunque. Non avrebbero avuto possibilità di nascondersi in nessun modo, neanche smettendo di respirare: lui sapeva che loro erano lì.

Il ringhio si fece più intenso, più vicino. Udì il raschiare di qualcosa contro le pareti, un rumore tagliente, un peso che si trascinava sul pavimento. E corse più veloce, con le cosce che urlavano per la fatica e i polmoni bruciavano per tentare di regolare la respirazione, calibrandola allo sforzo fisico. Ma lui non era un tipo sportivo ed era già senza fiato.

Girò a destra e scoprì con sgomento che il corridoio ripiegava verso il punto dal quale erano arrivati. Trasalì e si immobilizzò, sbattendo contro il petto di Florian.

Un cerchio senza uscita.
Quella parte del covo non la conosceva affatto – forse si era sbagliato, non si trovavano nelle segrete di Magda, o forse avrebbe fatto meglio a darle ascolto, a studiarsi meglio il luogo.

Il vampiro gli passò un braccio intorno al busto, attirandolo di più a sé e fece per rimandarlo indietro, di schermarlo con il proprio corpo, ma la bestia davanti a loro si era fermata, si era girata nella loro direzione.

Abel deglutì a vuoto e i piedi parvero incollarsi al suolo, rivolse uno sguardo furtivo alla propria destra, erano praticamente tornati davanti la cella in cui si era risvegliato. Geert si fece avanti, esortandoli ad andare indietro. Il mostro, però, li aveva già visti.
-Oh mio Dio- si lasciò sfuggire.

Possedeva una vaga forma animale, il mostro. Sembrava la fusione demoniaca tra un uomo e un lupo, un'alterazione genetica, un esperimento decisamente non riuscito bene. Il cranio era privo di peluria, così come gli arti scheletrici e incredibilmente lunghi, terminanti in artigli dall'aspetto fin troppo affilato.   Sapeva che erano affilatissimi, più letali di rasoi, in grado di lacerare la pelle in profondità anche soltanto sfiorando la vittima. Il resto del corpo era rivestito da uno strato sottile di pelo scuro, ispido, e sul muso spiccavano due enormi occhi dalle iridi gialle, prive di senno, colme di una furia animalesca.

Come poteva scappare da lui?

C'era riuscito già una volta, ma allora non aveva avuto il tempo di pensare quanto lo amasse – non lo aveva amato davvero, profondamente, allora –, aveva agito, si era difeso, aveva accolto l'intervento di Roberto e Florian con sollievo – e pure Florian aveva agito senza remore, allora.

Vero era che di tempo non ne aveva neppure in quel preciso istante, eppure il suo cuore aveva già battuto più forte, si era già accartocciato su se stesso, ed era bastato uno sguardo per sentirlo stridere di dolore.

ARABESQUE ~ Capitolo 3Where stories live. Discover now