Capitolo XIX: promessa infranta

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Corro, corro, corro.

Ma stavolta non è una delle mie gare di corsa alle quali ero solita partecipare. Adesso il cuore mi martella nel petto, mi sento l'aria mancare nei polmoni, la gola mi brucia, cose che non succedono quando gareggio. In quei momenti riesco a mantenere il sangue freddo e il respiro regolare. Ma ora no.

Corro a più non posso per raggiungerla.

Ma mi accorgo che c'è qualcosa che non va. È notte fonda e non ci sono le stelle in cielo, corro ma non arrivo mai a destinazione.

Non è reale.

Spalanco gli occhi e mi ritrovo a fissare il soffitto del monolocale sulla via centrale di Flagstaff, infreddolita perché il piumone è completamente divelto. Mi metto seduta, allungo un braccio e lo recupero dal pavimento, coprendomi completamente.

Era un po' che non mi facevano visita gli incubi.

Apparentemente adesso va tutto bene, sono trascorse un paio di settimane da quando io e Leo abbiamo fatto pace, ribadendo che siamo solo amici. Però lo siamo stati per davvero: usciamo regolarmente nei weekend, a lavoro collaboriamo e ci aiutiamo. Tutto funziona bene.

Eppure i brutti sogni sono tornati, i ricordi di quella maledetta giornata vengono rielaborati dalla mia mente per farmi vivere ancora e ancora quelle sensazioni che cerco di dimenticare con tutta me stessa. Ma si sa, più cerchi di dimenticare qualcosa, più te lo porti dentro. Più lo ricacci indietro, e più questo si annida indissolubilmente nei meandri della tua mente, in modo silenzioso, e quando te ne accorgi è tardi. Ormai vive lì.

*

Scendo di casa avvolta nel mio cappotto beige e mi stringo nelle spalle, infilando il mento ben dentro il colletto. È inizio dicembre, la neve è caduta copiosa e le temperature sono crollate. Mi sembra di essere tornata nella fredda Lakeview, in Oregon. Alla faccia dei cactus e del deserto dell'Arizona.

Entro nella caffetteria dello Scoiattolo, facendo attenzione ad accompagnare la porta per non farla sbattere, so che Justin lo odia. Appena sente il tintinnio del campanello di ingresso si volta e incrocia i miei occhi sfuggenti, fa il giro intorno al bancone e mi viene incontro.

"Buongiorno" mi saluta dolce, lasciandomi un veloce bacio sulla guancia. Devo ancora abituarmi a queste smancerie, non amo il contatto fisico con le altre persone, ma sto cercando di fare uno sforzo.

"Buongiorno Justin" ricambio il saluto con una specie di sorriso. Altra cosa a cui devo abituarmi: sorridere spontaneamente senza dare a vedere che in realtà non mi viene affatto naturale.

Il rapporto con Justin è tranquillo, da quella volta a cena nel ristorante italiano non siamo più usciti insieme, anche se vengo qui alla caffetteria quasi ogni mattina ormai. Lui mi ha invitata di nuovo a passare del tempo insieme, solo che con i tre lavori che ho e le uscite del fine settimana con Leo, Olivia e Nate, sono sempre molto occupata.

"Tu puoi uscire con chi vuoi, io e te siamo amici"

Le parole che ha pronunciato Leo due settimane fa mi ronzano ancora in testa, ma ha ragione, siamo solo amici, lui vuole essere solo mio amico. Quindi tanto vale uscire con Justin. Se a Leo non dà fastidio e non crea nessun problema nella nostra amicizia, uscirò di nuovo con Justin. In fondo mi sono trovata bene, è un'ottima compagnia ed è piacevole stare con lui. Io devo farlo. Non posso impedirmi di passare del tempo con qualcuno solo perché provo qualcosa per il mio collega che mi vede come un'amica. Devo agire, fare qualcosa per non pensarci, non posso stare ferma qua a sperare che cambi idea.

"E' ancora valida la tua offerta di farmi conoscere meglio questa città?" chiedo a Justin in un tono squillante che non mi appartiene.

Lui stacca gli occhi dalla macchina del caffè, li punta nei miei e sorridendo dice: "Ma certo! Sono cresciuto qui, non vedo l'ora di farti conoscere tutti i miei posti preferiti"

Tra la Neve e le StelleWhere stories live. Discover now