5. Nun te si può guarda'

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Gohan mi svegliò leccandomi il viso ed io allungai la mano per accarezzarlo.

"Sì sì, adesso andiamo a fare la pipì", mugugnai, con la voce impastata dal sonno, tenendo ancora gli occhi chiusi.

"Tranquillo, l'ho già portato io", mi informò Antonella. "È venuto lui a svegliarmi", rise.

Socchiusi gli occhi e la vidi sedersi sul divano accanto a me.

"Caffè?", domandò, porgendomi la tazzina ed io, dopo essermi seduto meglio, bevvi.

"Grazie", dissi, riferendomi sia al caffè sia per aver portato fuori Gohan.

"Devi per forza tornare a Roma?", chiese, sporgendo il labbro inferiore, stendendosi sopra di me, appoggiando le braccia sul mio petto.

"Sì, Piccolo Sole", risposi, accarezzandole una guancia, toccando le sue labbra con il pollice. "Sono qua da due giorni senza macchina, senza vestiti ed a scrocco a casa tua", le spiegai, ridacchiando. "Torno venerdì dopo la radio", le promisi e la vidi sorridere, mostrando le fossette sulle guance, con gli occhi che le si illuminavano, avvicinandosi a me per darmi un bacio a stampo.

Mi vestii e, dopo aver controllato di aver preso tutto, Antonella mi accompagnò in stazione, rimanendo con me e Gohan finché non salimmo sul treno, aspettando che partisse, salutandoci attraverso il finestrino.

Mi mancava già terribilmente, nonostante sapessi che avrei dovuto aspettare solo due giorni prima di rivederla.

Arrivai a casa, lasciando Gohan a giocare in cortile, trovandola vuota visto che Leriana e Matteo erano a lavoro. Misi tutti i vestiti che avevo indossato in quei giorni a lavare, e prima di infilarmi nella doccia scrissi ad Antonella.

Edoardo: 'Tutto ok, sono arrivato'.

Il fatto che mi avesse chiesto di avvertirla appena fossi a casa lo trovavo dolce, quelle piccole cose che ti facevano capire quanto una persona ci tenesse a te.

Piccolo Sole: 'Com'è possibile che senta già la tua mancanza?'.

Ormai l'avevo salvata così in rubrica, perché le si illuminava tutto il viso quando sorrideva, come se avessi proprio un piccolo sole accanto.

Edoardo: 'È la stessa cosa che mi chiedo anch'io'.

****

Dopo la radio, andai a cena a casa dei miei genitori, cosa che facevo almeno un paio di volte a settimana, dove mi raggiunsero Matteo, Leriana e mio fratello Alessandro con sua moglie. Avevo anche un altro fratello, Gioele, che però abitava a New York con suo marito.

Mia mamma mi viziava tantissimo, tanto da aver preparato i miei piatti preferiti: lasagne e purè di patate e carote che solo lei riusciva a fare così bene.

"Allora, come va con Antonella?", chiese Matteo all'improvviso, facendomi andare di traverso quello che stavo mangiando.

Vidi gli occhi di tutti i presenti fissarmi. Che coglione, l'aveva fatto apposta.

Sentii un coro di: "Chi è Antonella?", facendomi sbuffare. Avrei voluto tenermi la cosa ancora un po' per me, ma ormai era troppo tardi.

"Sa cucinare?", chiese mia madre, la prima cosa che domandava appena scopriva che c'era una ragazza nella mia vita.

"Mamma", la richiamai, alzando gli occhi al cielo.

"Quando ce la presenti?", continuò, imperterrita.

"Mamma!", ripetei, imbarazzato.

"Dai, Chicca, lascialo stare", si intromise mio padre, che ringraziai mentalmente. "Ma quella collana da dove spunta?", chiese poi, notando la torre che brillava da sopra la maglia. Istintivamente, la coprii con la mano. Cosa inutile, visto che l'avevano vista tutti.

Dentro al cuore all'improvviso // Donnalisi Where stories live. Discover now