Capitolo VI

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Ferrara 24 Giugno 1908

Era giunto il giorno del mio ventesimo compleanno. Quanto mi sentivo grande! Mio padre e Maria avevano organizzato una grande festa qui alla tenuta, ero davvero felicissima e in alcuni momenti anche imbarazzata. Pensavo non fosse necessario fare le cose così in grande soltanto per me, non mi sentivo certo importante. D'altro canto mi rendeva felice ammirare le persone presenti che si divertivano. Per l'occasione avevo scelto un vestito bianco e blu e avevo raccolto i capelli davanti lasciando invece sciolti i rimanenti.
<<Su vieni, è il momento della torta>> mi esortò Tea mentre ero in procinto di scendere le scale.
<<Sto arrivando>> risposi sospirando sonoramente preparandomi ad essere sotto gli occhi di tutti. Mio padre aveva invitato numerose persone che conosceva, vi era addirittura lo zio Edmondo con la moglie, erano venuti da Mantova appositamente. Maria invece aveva radunato un'orda di amiche a non finire, era davvero popolare a quanto pare. Mia sorella si era calmata di più rispetto agli anni precedenti ma talvolta manifestava attacchi isterici o di vanità. Mi recai nel parco sorridendo a tutti gli ospiti, era stato allestito un grazioso spazio esterno con tavolini e sedie sparse per il giardino. Sul grande tavolo vi era una torta al cioccolato enorme, la mia preferita. L'aveva fatta Tea ovviamente, era la migliore cuoca che si potesse desiderare.
Le rivolsi un occhiolino e ricambiò sorridendo.
Tagliai la torta facendomi aiutare da lei e Maria. Dieci minuti dopo, tutti erano intenti a gustarsi quella delizia disquisendo dei più svariati argomenti in maniera vivace. Notai mio padre dialogare con suo fratello e la moglie così non li disturbai. Mi avevano già fatto i loro auguri quando erano arrivati. Ero abbastanza felice ma mi mancava Zahir. Avevamo trascorso molti anni insieme ed eravamo ancora buoni amici, ma soltanto Tea era a conoscenza di questo. Mio padre era convinto che dopo il giorno che bussò a casa nostra all'età di otto anni, non lo vidi mai più. Sono stata piuttosto astuta e discreta a celarglielo per tutto questo tempo, anche grazie all'aiuto di Tea ovviamente. Di certo vederci di nascosto creava un poco di dispiaceri e non era bello, ma forse non si poteva fare altrimenti. Ero spaventata all'idea di dirlo a mio padre. Mentre tutti erano intenti a parlare andai nella scuderia e bardai Principessa per una passeggiata nel giardino della villa. Mi portai dietro il libro che dovevo finire di leggere. Dopo una lunga galoppata fermai la giumenta vicino alla fontana di fronte al cancello sul retro. Il verde del prato all'ombra degli alberi creava un luogo quasi magico e il suono lieve dell'acqua che sgorgava dalla fontana mi rilassava parecchio. Mi sedetti per terra a leggere mentre Principessa brucava poco più in là e stetti nella quiete per un tempo indefinito. Improvvisamente la cavalla alzò la testa di scatto puntando lo sguardo fuori dal cancello come se avesse udito qualcosa. Posai il libro e scattai in piedi.
<<Fortuna?!>>
Una voce chiamò il mio nome. Immediatamente capii chi fosse e mi precipitai verso il cancello.
<<Zahir!>>
Urlai dalla gioia vedendolo sbucare da dietro i cespugli. Appena mi vide sorrise.
<<Cosa ci facevi nascosto lì?>> chiesi aprendo il cancelletto di ferro battuto.
<<Ti stavo aspettando>> disse ovvio sorpassandomi.
<<Ciao Principessa>> disse andando verso la cavalla.
In risposta rizzò le orecchie e gli andò incontro sbuffando felice, voleva sicuramente qualche carezza.
<<Saluti lei e non fai gli auguri a me?>> scherzai con tono di sfida amichevole.
<<Oh le mie scuse, non vi avevo vista. Auguri>> rise abbracciandomi. Mi perdevo in quegli abbracci, il nostro legame si era solidificato parecchio in sette anni. Sette anni che erano volati via come una rondine che migra per l'Africa. Ci sdraiammo per terra a goderci quei momenti.
<<Questo cos'è?>> chiese prendendo il libro che avevo lasciato in mezzo all'erba.
<<La Divina Commedia>> risposi assicurandomi che non mi facesse perdere il segno di dove ero arrivata a leggere.
<<Di cosa parla?>> domandò incuriosito sfogliando le pagine presumibilmente alla ricerca di qualche illustrazione.
<<Non conosci la Divina Commedia?!>> Sgranai gli occhi ironicamente.
<<No, ma in compenso conosco te che sei indubbiamente migliore>> affermò convinto. Dapprima le mie guance andarono a fuoco poi continuai a parlare.
<<Finiscila, anche questo libro è interessante.
Sono arrivata al punto in cui Beatrice accompagna Dante nel viaggio attraverso il paradiso>> raccontai con gli occhi sognanti.
<<E ti pare bello? somiglia a qualcosa di tediosamente religioso>> sbuffò.
<<Tu non andavi in chiesa?>> domandai cambiando argomento riprendendo il libro in mano.
<<Si, una volta, ora non più. Mia madre adeguandosi alla cultura italiana voleva farmi divenire cristiano come tutti voi, ma non ha senso alcuno tentare di celare la nostra reale cultura o le nostre origini, perciò ho deciso questo per me stesso. Non voglio interrompere una tradizione di famiglia>> dichiarò giocherellando con un fiore che aveva strappato dal prato.
<<Lo capisco e lo accetto, non ho niente in contrario al riguardo>> conclusi chiudendo il libro.
<<Sono fortunato>> pensò a voce alta poco dopo.
<<Perché mai?>>
Lo osservai.
<<Non poiché ti chiami Fortuna, ma perché è raro trovare persone come te che accettino persone come me. A volte mi chiedo se questo sia reale oppure lo stia sognando e lo meriti davvero>> vidi spuntare una lacrima dal suo occhio destro e d'istinto la asciugai col pollice carezzandogli il viso. Arrossii ancora, dentro di me stavano nascendo emozioni nuove.
<<Certo che lo meriti, non pensare mai il contrario>> lo rassicurai.
<<Grazie>> rispose abbassando lo sguardo e prendendomi la mano. Una scia di brividi quasi impercettibili mi fece fremere.
<<Sei tanto importante per me>> disse ancora guardandomi negli occhi.
<<Anche tu lo sei per me>>
Per la prima volta in tutti quegli anni percepii un'atmosfera diversa, più tenera e intima. Era forse l'inizio di qualcosa di più profondo che la banale amicizia? Era ormai divenuto pomeriggio inoltrato e io e Zahir eravamo ancora distesi abbracciati sull'erba. Tirava una leggera brezza che rendeva l'atmosfera particolarmente piacevole. Ad un certo punto mi sentii richiamare.
<<Fortuna!? Dove sei?>>
Immediatamente il mio cuore balzò, era la voce di mio padre.
Non avrebbe dovuto vedere Zahir con me. Scattammo in piedi, lui mi abbracciò velocemente e si diresse verso il cancello. Non ebbi il tempo di andare a chiuderlo perché lo vidi spuntare.
<<Che ci facevi qui? Ti ho cercato dappertutto>> disse respirando a fatica quando fu vicino. Mi guardai indietro assicurandomi che il mio migliore amico se ne fosse andato.
<<Leggevo>> risposi prendendo in mano il libro.
<<Hai preso il cavallo per venire qui a leggere?>> chiese alzando un sopracciglio guardando Principessa. In quel momento pregai che non notasse il cancello che era rimasto aperto, con spazio a sufficienza per far passare una persona.
<<Si, ho voluto farla correre un poco>>
<<Gli ospiti stanno incominciando ad andare via, dovresti venire a salutarli>> enunciò con un tono più severo.
<<Bene, arrivo>> conclusi dirigendomi verso la giumenta bianca.
Seguirono alcuni secondi di silenzio.
<<Perché mai il cancello non è chiuso?>> tuonò di sorpresa accorgendosene.
Non seppi se fare finta di niente o inventarmi qualche bugia. Alla fine scelsi rapidamente l'ultima opzione.
<<Oh che sbadata, lo avevo aperto io per andare a raccogliere i lamponi dietro quell'albero, poi mi sono dimenticata di richiuderlo>> mentii abilmente.
<<Che idea mi hai fatto venire! Raccogline ancora così Tea avrà modo di fare una bella torta! Ciononostante la prossima volta fa' attenzione, non voglio ladri nel giardino>> precisò iniziando ad allontanarsi. Tirai un sospiro di sollievo, me l'ero cavata egregiamente. Andai effettivamente a raccogliere i lamponi guardandomi intorno alla ricerca di Zahir, che senza dubbio era già sulla via di casa. Cinque minuti più tardi raggiunsi le scuderie per lasciarvi Principessa e tornai a piedi nel giardino dove c'erano ancora gli ospiti. Tenevo sottobraccio “La Divina Commedia” e nell'altra mano reggevo un fazzoletto ricamato a mano da Tea, colmo di lamponi.
<<Cara, noi torniamo a casa, ancora auguri, salutate vostra madre>> disse Ada riferendosi a Maria. Io in quel momento iniziai a pensare invece alla mia vera madre, quella che mi aveva partorito. Non ricordavo nulla di lei poiché avevo solamente un anno quando lei morì dando alla luce mia sorella. Mio padre e Tea dicevano che di lei avevo ereditato gli occhi verdi e i capelli castano chiaro. Demetra invece aveva gli occhi nocciola e i capelli scuri come mio padre.
<<Saluti>> disse ancora la moglie di mio zio mentre lui stringeva la mano a mio padre prima di salire sulla carrozza. In un batter d'occhio si allontanarono. A poco a poco tutti i presenti si eclissarono e noi rincasammo.
L'orologio batteva le otto e un quarto, mi accoccolai sul sofà e fantasticando con la mente mi chiesi cosa stesse facendo Zahir.
Venni risvegliata dai miei pensieri a causa di Demetra.
<<Tea vuole che la aiuti in cucina>> disse con un ghigno letteralmente buttandosi sulla poltrona, mentre si sfilava le scarpe col tacchetto. Senza rispondere mi alzai e mi recai in cucina.
La domestica era intenta a tagliare le patate e non si accorse subito della mia presenza.
<<Cosa devo fare?>> chiesi prendendo dal cassetto un grembiule per non sporcarmi il vestito.
<<Eh?>> reagì lei sobbalzando.
<<Demetra ha riferito di aiutarti in cucina>> dissi ovvia.
<<Oh, sciocchezze, quella si inventa sempre tutto>> sbuffò mettendo nella pentola le patate tagliate.
<<Ah mio padre vuole che tu faccia una torta con questi>>
Misi sul tavolo il fazzoletto con i lamponi freschi.
<<Bene, provvederò>> disse di rimando iniziando a tagliare le cipolle.
<<Torno di là>>
Quando feci ingresso nuovamente in sala notai che né mia sorella né mio padre erano presenti. Maria si era cambiata il vestito e dava l'acqua ai fiori invasati dietro le finestre. Approfittai di quella quiete e presi il mio libro per continuare a leggerlo. Mi immersi completamente in un'atmosfera dai caratteri Danteschi e paradisiaci. Quaranta minuti dopo, la cena era pronta e per concludere, come dessert riuscii a mangiare l'ultima fetta di torta al cioccolato. Demetra aveva dato sfogo alle sue solite prediche infantili perché pretendeva di mangiarla lei, ma Tea la mise a tacere ricordandole che il compleanno non era il suo.
Dopo quella piccola conquista mi sentii soddisfatta. Tornai in sala, felice di poter finire finalmente l'ultimo canto del libro anche se avevo le palpebre pesanti. Non appena lessi l'ultima frase: "L'amor che move il sole e l'altre stelle" mi addormentai di sasso.

DEA FORTUNAWhere stories live. Discover now