86. Che tipo di rapporto?

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L'incontro tra me e Louis ha avuto parecchi strascichi sgradevoli, sia per me che per lui.

Ci sono state polemiche su polemiche dovute al fatto che ho istigato Louis a finire l'incontro prima del previsto: probabilmente mi faranno una multa per comportamento antisportivo, anche se è evidente che l'ho fatto solo per la salute di Louis, e non per vincere facilmente l'incontro. Ma è stata una cosa senza precedenti, e vogliono mettere dei paletti per far capire a tutti che è un comportamento che non si deve tenere sul campo. I tennisti giocano da soli, e devono decidere da soli se, quando e come giocare. Su questo non posso che essere d'accordo.

Ma le conseguenze più sgradevoli sono toccate a Louis.

Hanno ripreso la frase balbettata che mi ha urlato: c-c-c-che c-c-c-c-caaazzo vuoi? E l'hanno massacrato.

Tomlinson prende in giro la disabilità di Styles, ha scritto un sito sportivo. Hanno chiamato la mia balbuzie proprio così, una disabilità! Anche se io non l'ho mai percepita in modo simile. Sulla stampa e sui siti di informazione, non solo quelli sportivi, lo stanno dipingendo come una specie di mostro. Lo hanno chiamato bullo, insensibile, "ableist" (un termine di cui ignoravo l'esistenza, significa tipo: razzista nei confronti dei disabili).

Perché lo fanno? Era evidente che fosse una frase che ha gridato in un momento di nervosismo. Loro non sanno che tipo di rapporto abbiamo, come si permettono di dare delle interpretazioni dall'esterno?

Ho visto un piccolo estratto della sua conferenza stampa di ieri, la conferenza post-incontro. Gli hanno chiesto perché mi avesse gridato quella cosa, e lui ha risposto molto seccamente: perché ero incazzato («I was pissed»). Poi ha esortato i giornalisti a passare alla domanda successiva. Una risposta un po' brutale che non ha aiutato a mitigare le polemiche.

Ora è il mio turno di parlarne. Nella conferenza di ieri si erano concentrati solo su ciò che avevo fatto io (invitarlo a ritirarsi), ma dopo che la polemica con Louis si è ingigantita, mi chiederanno di sicuro qualcosa.

Il torneo è concluso, e ho perso in finale contro Molina. La sconfitta mi brucia, anche perché ho giocato male, ho fatto un bel po' di doppi falli in momenti cruciali, rivelando una tensione che non sapevo nemmeno io di avere.

Ma la mia testa è occupata da altre preoccupazioni, e le preoccupazioni mettono in secondo piano il dolore della sconfitta.

La conferenza stampa comincia con le solite domande, sul match, ovviamente: avresti potuto fare qualcosa di diverso? Come mai tutti quei doppi falli? Come mai non riesci a battere Molina in finale, cosa devi cambiare nel tuo gioco? Eccetera, eccetera, eccetera.

Ed ecco che arriva la domanda su Louis.

«Ieri Tomlinson ti ha rivolto un insulto molto brutto. Cosa ne pensi?» mi chiede un giornalista, in inglese.

Prima della conferenza stampa ho concordato una risposta con Zoe. Le lancio un'occhiata e mi accorgo che sta dormendo.

Si è addormentata sulla sedia, ha la testa a ciondoloni. È tanto stanca? Ieri, poi, non mi ha detto niente della bustina di droga scomparsa. Non si è comportata in modo strano, con me, era sempre la solita Zoe. Probabilmente ha pensato che non fossi stato io a farla sparire.

Rispondo coi segni: penso che Louis fosse nervoso, e non mi sono arrabbiato.

Ma il giornalista non è soddisfatto dalla mia risposta preconfezionata.

Insiste. Rimarca il comportamento scorretto di Louis, il fatto che non è giusto prendere in giro una persona per una disabilità. Anche lui mi definisce un disabile, e la cosa mi irrita. Ma ciò che mi fa infuriare di più è che mi sta dicendo cosa dovrei pensare. Come si permettono di dare giudizi? Perché gli interessa tanto?

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