Budapest - 2

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Venerdì mi ero svegliata in modo strano. Avevo mal di testa e il viso rigato dalle lacrime.

Avevo sognato Sara e tutto ciò che era successo. Mi mancava, molto, ma tornare a parlarle significava tornare a subire lei e i suoi problemi, in cui non voleva farsi aiutare in nessun modo, solo crogiolarsi nelle attenzioni degli altri e nel suo dolore. Era diventato autodistruttivo starle accanto e non potevo continuare senza sacrificare la mia mente. Anche io avevo una vita, un lavoro e altre relazioni da coltivare.

Mi sentivo in colpa ogni giorno per averle detto addio, anche se ultimamente stavo capendo che non sarebbe mai cambiata standole accanto, per cui doveva imparare a risolvere i suoi problemi senza interferire con la mia vita. Ma faceva male lo stesso sapere che da un giorno all'altro abbiamo smesso di parlare, senza sapere che quello sarebbe stato il nostro ultimo messaggio, l'ultima parola detta.

Quando mi ero resa conto di come funzionasse davvero il nostro rapporto, mi ero sentita ferita, davvero tanto. Avevo pianto per giorni interi, non capacitandomi di come fossi arrivata a tanto. Avevo sentito il mio cuore spezzarsi, come era successo quando Max si era allontanato da me.

Ora avevo capito tutto quello che era successo veramente e quello che era il nostro rapporto. Avevo aperto gli occhi e avevo metabolizzato.

Mi ero asciugata le lacrime, per non farle vedere a Max, e avevo fatto un respiro profondo. Dovevo andare avanti, a testa alta, come ogni giorno.

Mi ero alzata, sentendomi particolarmente stanca e piena di mal di schiena. Dormivo sempre in posizioni strane, quasi sempre cercando la presenza di Max, anche nel sonno. 

Alzarmi presto era una cosa a cui non mi sarei mai abituata, difatti passai più tempo del previsto a guardare il vuoto in bagno, prima di sciacquarmi il viso e iniziare a cambiarmi. Max, nel mentre, ancora era avvolto tra le lenzuola e dormicchiava, facendomi sorridere.

-Hey Max- dissi piano e mi avvicinai per accarezzargli i capelli.
-Hey- biascicò.

Il fatto che ogni mattina avessi il privilegio di poterlo osservare e poterlo svegliare, mi faceva sentire fortunata e mi riempiva il cuore.

Arrivata al circuito io e Max ci separammo perché dovevo allenare il collo, non prima, però, di aver preso un caffè con Oscar. Appena entrai nello studio del mio personal trainer, mi tolsi le scarpe e salii sulla bilancia, come ogni giorno.

Era la routine, visto che bisognava mantenere lo stesso peso tutto l'anno per il carico della macchina. Ogni tanto mi capitava di sgarrare, magari per la colazione, ma a fine giornata rientravo nel range di peso. Quando lessi il peso, mi sentii immediatamente in colpa per aver mangiato pizza la sera precedente.

Sapevo che avrei dovuto faticare il doppio per tornare nel range, ma questo caldo mi rendeva ancora più spossata del solito. Ringraziavo di avere il contraccettivo sotto pelle così non mi veniva più il ciclo, ma a volte mi sembrava di averlo, proprio come oggi.

Mentre salivo in macchina per le prove libere, avevo due desideri contrastanti: da una parte volevo che Daniel andasse bene e che riconquistasse la fiducia del team, ma dall'altra, sapendo che probabilmente mi avrebbe sostituita, volevo non andasse bene.

Non c'erano altri contendenti che a metà stagione avrebbero potuto sostituirmi, per cui sapevo di poter vincere il mondiale senza preoccuparmi di questo. Ma non volevo lasciare il team. Forse sarei riuscita a convincere Christian insieme a Max. Più ci pensavo e più stavo male, mi sentivo mancare la terra sotto i piedi. Tornavo in me soltanto ricordandomi che avrei potuto vincere il titolo.

Con questo spirito affrontai le prove libere e le qualifiche. Con il nuovo format era stato difficile prevedere come avrebbero reagito le gomme dure in pista, ma avevo studiato a lungo la telemetria con il mio ingegnere. Sapevo che potevo conquistare la pole e che la pista sarebbe stata sufficientemente calda da permettermi di non dover fare troppi giri per riscaldare le gomme.

Quando mi trovai a metà del secondo settore, mi venne comunicato che Lewis era arrivato in pole a discapito di Max, per cui capii che avrei potuto dimostrare ancora una volta quanto valessi. 
Scodai uscendo da curva 14, già con il pulsante del DRS premuto, e sospirai di sollievo quando mi comunicarono la prima posizione.

Scesi dall'auto festeggiando e mi tolsi casco e guanti. Questo era solo il primo passo verso il mondiale. Avrei dovuto vincere domani e a Spa, anche se quel circuito mi faceva più paura che altro visti gli ultimi avvenimenti.

Max mi batté il cinque e amavo sapere che ora potevo contare su di lui anche quando non era lui ad essere primo. Anni fa avrei detto che non meritavo una persona come lui, ma ora sapevo che era così e non potevo avere di meglio.

Dopo le qualifiche mi rintanai nel mio camerino, pronta a leggere, se non fosse che entrò Max, seguito dalla mia PR. 
-Devo parlarti- disse prima lei. 
-Aspetto fuori- disse l'olandese ma lo fermai.
-Puoi rimanere, tranquillo-

Si sedette accanto a me ed iniziai ad ascoltare tutte le notizie che aveva da darmi.

-AlphaTauri vuole un colloquio- disse e annuii.
-Quindi Daniel...?- chiese Max.
-Si, probabile- confermai io.
-E anche McLaren- aggiunse la mia PR.
-Si tratta di Lando o Oscar?- chiese.
-Oscar- rispose.

Avevo avuto un presentimento ieri mattina, mentre prendevamo un caffè insieme. Doveva dirmi qualcosa ma non avevo capito cosa fino ad adesso. Sicuramente gli avrei parlato.

-Va bene, altri?-
-Si, a dire il vero. Mercedes- 
-Che?!- dicemmo insieme io e Max e lei rise.
-Già. Lewis potrebbe non rimanere- confermò.
-La Ferrari anche, vero?- chiesi e lei annuì.
-Come facevi a saperlo?- mi chiese Max.
-Charles, non riesce a guardarmi negli occhi da qualche giorno. Non sa nascondere un segreto- spiegai.

-Confermali tutti- dissi infine.
-Riusciremo a convincere la squadra, vedrai- disse Max. 

La mia PR uscì, così potei parlare con Max chiaramente.

-So che ho sempre detto che voglio rimanere con Red Bull, ma per come mi stanno trattando non so se sia il caso. Ho tante buone offerte e non so se mi conviene buttarmi in una scuderia che potrebbe farmi fuori in qualsiasi momento- dissi guardandolo negli occhi. Lui annuì e basta, rimanendo in silenzio. 

Sapevo che non era d'accordo, ma lui poteva comprendere la mia prospettiva fin là. Era un campione del mondo e aveva la possibilità di scegliere qualsiasi cosa all'interno della squadra. Io, invece, ero quella nuova. Mi elogiavano ovunque, mi ritenevano la prossima campionessa del mondo e non potevo dargli torto, ma all'interno della squadra io rimanevo la seconda di Max, la nuova arrivata. Non ero Agata.

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Mi stavo dimenticando NUOVAMENTE di postare!! Comunque dalla prossima settimana posto anche di giovedì

Battito di ciglia | Max Verstappen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora