8. (seconda parte)

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"Gola, accidia, lussuria: queste sono le tre virtù cardinali, le virtù della festa. Il paradiso sulla terra."

(Jean-Louis Bory)














Tre giorni passarono in fretta, ma di Noah non c'era traccia; Ren lo aveva chiamato, ma non gli aveva detto dove fosse o cosa stesse facendo, solo risposte vaghe.

Non voleva vedermi? Non lo biasimavo, l'avevo piantato in asso senza dargli una risposta, me lo meritavo.

"Non puoi venire senza accompagnatore, Lily!" piagnucolò Chey alle cinque di sabato pomeriggio.

"Perché no? Dai Chey, non ho voglia di discutere" liquidai il discorso con un gesto della mano e salii in camera, buttandomi sul letto e controllando il cellulare. Non avevo nemmeno il suo numero, cosa mi aspettavo? Che mi chiamasse forse? L'avevo ferito, ero sicura che non volesse più avere a che fare con me.

Con questi pensieri in testa chiusi gli occhi e mi addormentai, sognando pozzi ambrati.

"April, svegliati! Siamo in ritardo! Oh mio dio!" la voce stridula di Chey mi svegliò, facendomi imprecare.

"Non urlare, ti prego" nascosi la testa sotto il cuscino, ma poco dopo una folata d'aria m'invase: il tornado Cheyenne era tornato alla carica. Sbuffando mi alzai dal comodo letto che mi implorava di non lasciarlo e controvoglia mi andai a fare una doccia per levarmi la stanchezza. Chey si stava già truccando freneticamente, correndo di tanto in tanto in giro per la stanza cercando non so cosa.

"Dov'è la mia cavolo di borsetta?" urlò impazzita. La guardai trattenendo un sorriso e la chiamai.

"Chey" dissi, ma lei continuava a farneticare, mettendo alla rinfusa tutti i miei armadi. "Chey" provai di nuovo senza ottenere risposta. "Cheyenne!" urlai questa volta, ottenendo la sua attenzione.

"Cosa c'è?" sbottò frustrata. Indicai con l'indice il comodino affianco al letto dove in bella vista c'era la borsetta nera che cercava. Si mise una mano sul petto ed espirò in modo teatrale.

"Mi hai salvato la vita" disse chiudendo per un attimo gli occhi.

"Per così poco?" ridacchiai; era pazza. Si sbracciò e spalancò gli occhi.

"April Roberts, devi ancora vestirti, truccarti e sistemarti i capelli." Mi puntò un dito contro "Muoviti!" urlò facendomi scattare in piedi. "Agli ordini signora padrona" feci il saluto dei militari guadagnandomi un'occhiataccia e mi rifugiai in bagno armeggiando con mascara, fondotinta e piastra. Imprecai un paio di volte quando sbattendo involontariamente le palpebre mi sporcavo di nero sotto gli occhi, ma dopo dieci minuti ero soddisfatta delle lunghe ciglia che mi aprivano lo sguardo. Litigai un po' con la piastra che non voleva scaldarsi e quando finii di lisciarmi i folti capelli castani mi guardai allo specchio; mancava qualcosa. Frugai nella trousse di Chey e esultai prendendo in mano il rossetto rosso: quella sera volevo sentirmi bella ai miei occhi. Strofinai le labbra e sorrisi. Quando tornai in camera trovai sul letto un vestito rosso fuoco pericolosamente corto e aderente e per terra un paio di tacchi neri borchiati: erano stupendi, ma ero preoccupata per l'incolumità dei miei poveri piedi. Feci spallucce e indossai il tutto senza protestare, davanti ad una Cheyenne impaziente. Lei era bellissima: indossava un vestito bianco aderente come il mio e dei tacchi fucsia. I capelli neri le ricadevano morbidi sulle spalle e gli occhi verdi smeraldo brillavano come non mai. Quella sarebbe stata la fatidica sera: Ren doveva chiederle di essere la sua ragazza e Chey lo sapeva.

"Sei supersexy, accidenti!" esclamò osservandomi.

"Ren non saprà resisterti oggi" le feci l'occhiolino e lei arrossì. "Forza piccola, andiamo a divertirci"

"Ci puoi scommettere" ridacchiando scendemmo le scale, ma quando vidi Ren sul fondo mi fermai, lasciandogli un po' di privacy e inventandomi una scusa sul momento.

"Mi sono dimenticata una cosa, torno subito." Lei annuì; sicuramente non mi aveva sentita, intenta com'era a guardare il suo uomo. Feci dietrofront e tornai in camera, sedendomi sul letto e dando un attimo di tregua ai miei piedi. Chissà dov'era Noah; cosa stava facendo? Mi pensava? Perché io pensavo sempre a lui, era continuamente nei miei pensieri, senza lasciar spazio ad altro.

Sentii la mia migliore amica chiamarmi con uno strano tono di voce e decisi di affrettarmi a scendere: cosa diavolo stava succedendo? Sembrava... sorpresa da come aveva pronunciato il mio nome. Uscii dalla camera controllando di avere tutto in borsa: cellulare, portafoglio, carta d'identità, invito del ballo. Sì, avevo tutto. Quando alzai lo sguardo ero in cima alle scale e mi bloccai. Noah in tutto il suo splendore mi attendeva in fondo, con i suoi bellissimi occhi ambrati spalancati e la bocca semiaperta; era così bello con la camicia bianca e i jeans leggermente aderenti. Scesi le scale lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo e quando fui all'ultimo gradino mi porse la mano da vero gentiluomo.

"Sei bellissima, Pepe" disse deglutendo; il suo pomo d'Adamo salì e scese velocemente. Arrossii e lo ringraziai, abbassando lo sguardo.

"Anche tu" sorridemmo e salimmo tutti e quattro in macchina: Noah alla guida, io nel posto accanto e Chey e Ren dietro che si sussurravano qualcosa all'orecchio sorridendo. Quando mise in moto mi poggiò una mano sulla mia ed io gliela strinsi, guardando la strada. Sentii il suo sguardo penetrante addosso a intermittenza: un attimo prima guardava la strada e quello dopo me e così via. Ci tenemmo la mano tutto il tempo, lasciandocela solo quando doveva cambiare marcia. Era come se avessimo dovuto recuperare il tempo perso senza avere contatti fisici. Quando arrivammo davanti alla scuola scese velocemente dall'auto e mi venne ad aprire la porta, prendendomi poi nuovamente la mano.

"Chi metterà l'alcool nei succhi questa volta?" rise Chey.

"Secondo me Ivan Stakonsky, gli anni scorsi era sempre lui a far ubriacare tutti" risposi facendo spallucce e godendomi la sensazione della mano di Noah nella mia.


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