6. Vino e coraggio

1.9K 149 20
                                    

Gli parve quasi di star dentro a un film quando si sedette al colossale tavolo in sala da pranzo, il papà di Simone rigorosamente a capotavola, Cecilia alla sua destra, Simone alla sua sinistra e, chiaramente davanti a Manuel, accanto alla sua futura nuora, stava seduta nonna Virginia.

Si vedeva lontano un miglio che la donna aveva tutte le intenzioni di fargli patire le pene dell'inferno pure a cena, anche davanti alle tartine col caviale che il cuoco aveva servito loro come antipasto.

La prima domanda arrivò prestissimo, netta e tagliente come una lama sul burro.

«Allora Manuel, dove hai detto che lavori?»

Ottima mossa per metterlo ulteriormente a disagio: fargli esporre ad alta voce quanto diversi socialmente fossero lui e Simone. Sicuramente Virginia l'anno precedente con Lorenzo si era sentita dare una risposta degna di nota, quella che sperava lei, data la professione di avvocato che quello stronzo esercitava. E invece lui che faceva? Niente, lui aveva un lavoro normalissimo e neanche sapeva se sarebbe andato all'università.

Ovvio che Virginia non lo avrebbe mai ritenuto adatto a uno come Simone, e c'aveva pure ragione. Ma gli fece male averne la consapevolezza, perché anche se stava solo recitando, lui in una relazione con l'altro ragazzo ci sperava davvero. E non l'avrebbe vista di buon occhio nessuno, perché sua nonna preferiva per il nipote i ragazzi più grandi, quelli di cui lei conosceva i genitori, quelli con un lavoro che garantiva loro uno stipendio che li portava a vivere in luoghi come Villa Balestra, quelli che poi, al suo amato nipotino, spezzavano il cuore come se fosse carta straccia e poi giocavano a fare canestro verso la pattumiera.

Quelli, preferiva Virginia, anche se poi finiva per odiarli. Non quelli come Manuel.

«Alla Feltrinelli in stazione, signora.»

Non gli tremò la voce, e quello lui lo considerò già un vantaggio. Non gli uscì nemmeno il suo pronunciato accento romano che da tutto il giorno si sforzava di non lasciar trapelare.

Ma lei volle metterlo ancora alle strette, interrogandolo di conseguenza sull'argomento.

«Quindi immagino ti piaccia leggere.»

Guarda te sta stronza se vole pure prende il diritto de criticamme pure su quello che leggo, pensò.

Ma lui decise di restare vago.

«Sì, leggo un po' di tutto.»

La donna aprì nuovamente la bocca, pronta a rifilargli l'ennesima domanda che non avrebbe fatto altro che rafforzare la pessima impressione che si stava facendo di lui. E a Manuel già solo quello fece saltare i nervi: lui era meglio di Lorenzo.

Lo era e basta, anche se non faceva l'avvocato, anche se doveva chiedere continuamente prestiti a sua mamma perché in libreria non lo pagavano abbastanza, anche se parlava in dialetto, anche se non poteva permettersi i vestiti che aveva addosso, anche se quella era la prima volta in vita sua che mangiava il caviale. Perché lui a differenza di quello stronzo narcisista che adescava ragazzi giovani perché più facili da manipolare e da far sottostare ai suoi comodi, Manuel sapeva come si trattava una persona amata.

E l'avrebbe dimostrato a Virginia, anche se con Simone non ci stava davvero. Anche a costo di farle prendere un coccolone per tutte le volte che sarebbe inorridita alla vista delle loro mani intrecciate. E anzi, più si fosse scandalizzata e meglio sarebbe stato: una piccola rivincita contro tutte quelle occhiatacce se la meritava.

Ormai era entrato nella parte, avrebbe potuto pure prendere il viso di Simone tra le mani e infilargli la lingua in gola in quel preciso istante, e davvero, Virginia Villa se fosse stata a conoscenza delle sue intenzioni avrebbe ringraziato tutti i santi del mondo che la cagnolina di famiglia avesse scelto proprio quel momento per saltellare tra le gambe di Manuel e abbaiare a gran voce, richiedendo attenzioni e scoppiando così quella bolla di tensione che aveva inglobato il ragazzo e l'anziana signora dall'inizio della cena.

Ufficialmente, per finta [Simuel]Where stories live. Discover now