3. Sveglia.

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È come il sole appare
le luci delle case
muoiono.

Mercoledì.

Il suono della sveglia mi risucchia via dal sonno, svegliandomi. Tengo gli occhi chiusi ed allungo il braccio verso il comodino cercando di spegnerla il prima possibile; un tonfo, poi il silenzio, come ogni mattina si è fatta il suo solito volo a terra. Con delicatezza apro gli occhi mentre la luce fioca che illumina la stanza mi acceca infastidendomi. Sono del otto del mattino ed io non sono pronto al primo giorno di scuola; le vacanze in una nuova città sono state pesanti, la scuola non può che essere solo peggio. Mi alzo dal letto tirando via il lenzuolo leggero che mi teneva coperto e mi avvicino alla scrivania.

Dalla sedia girevole afferro la t-shirt ed i pantaloni che ho indossato ieri, afferro lo zaino, esco dalla camera e mi dirigo in cucina da cui proviene un saporito odore di waffle e nutella. Osservo mia madre ormeggiare con le stoviglie intenta a preparare un'ottima colazione.

È il primo anno che la vedo sveglia così presto, solitamente non si alzava dal letto prima delle nove, iniziava a lavorare alle dieci ma... magari qui hanno turni differenti anche se credo che non c'entri il lavoro dato il fatto che esce comunque di casa alle nove e mezzo tutte le mattine.

Entro definitivamente in cucina e mi siedo al mio solito posto, sono abitudinario e amo mantenere le cose così come sono, la monotonia non mi appartiene ma... le piccole cose del quotidiano... direi di sì. Osservo mia madre, mi allungo, si volta e mi passa il piatto ancora bollente e fumante che poso al centro della tavola, osservo la pila di waffle sotto il naso mentre l'odore mi allarga le narici. Afferro la forchetta e mi prendo un paio di fette, affondo con il coltello ed inizio a mangiare queste squisitezze; la colazione si consuma nel silenzio più totale, il mattino nessuno dei due ama parlare ed inoltre... non sono abituato ad averla seduta accanto a me.

Finito di mangiare prendo il piatto e ci poso all'interno le posate, lasciando il tutto nel lavandino. Afferro lo zaino, saluto la mamma con un bacio sulla fronte ed esco di casa dirigendomi verso la "Coronell High School".

Cerco di non volare a terra mentre cammino con un passo ancora alquanto assonnato; in questo momento vorrei essere sdraiato nel mio letto e continuare a dormire senza pensieri. Percorro metà città fino ad arrivare alla casa abbandonata, leggermente periferica, poco lontano da qui si trova il bosco, dicono che la notte sia pericoloso a causa di presenze, secondo la leggenda cittadina si narra che la casa fosse stata abitata da una famiglia ma... un giorno un pazzo entrò e cominciò a sparare, completamente a caso, non importava chi si trovasse davanti, lui sparò e uccise l'intera famiglia prima di buttarsi dal tetto; da quel giorno il bosco è diventato un luogo misterioso ed inquieto, quasi nessuno ci mette piede. La guardo bene, la osservo attentamente, in ogni suo dettaglio: il muro caduto, la porta d'ingresso socchiusa, le finestre con i vetri spaccati ed il tetto che per metà è caduto; una bellissima casa degli orrori insomma.

Non mi guardo indietro una volta superata, non mi interessano le storie fantascientifiche e tantomeno quelle fantasy, percorro la mia strada fino ad arrivare al cortile, eccomi qui, osservo l'edificio e... assomiglia molto alla scuola di "High school musical" molto stile anni duemila insomma. Senza darci troppo peso mi avvio verso il portone d'ingresso. Entro assieme ad una valanga di miei coetanei, altri studenti che, proprio come me, hanno ancora un bellissimo e delicatissimo passo assonnato. Come entro all'interno dell'edificio mi fermo, infilo la mano nello zaino e ne estraggo un piccolo foglietto di carta, leggo il numero: "Armadietto 65" alzo la testa ed osservo il lungo corridoio che si mi presenta davanti: questa sarà una vera impresa.

Kiss me once moreWhere stories live. Discover now