𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉ℴ𝓁ℴ 𝟑

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Erano passati appena due giorni da quando Tommy era stato con Diletta, ancora ripensava a tutto ciò che era successo, alla rapidità con cui era successo e che, letteralmente, lo aveva trascinato.

Quel pensiero non faceva altro che continuare a ronzargli in testa, di continuo, assillandolo. Non riusciva a staccarsene neppure quando parlava con le tipe giù in spiaggia mentre apriva loro l'ombrellone: era un chiodo fisso. Stava soltanto aspettando lei che scendesse lì al mare, ma a quel punto non avrebbe saputo come comportarsi.

Cosa fare? Mostrarsi amichevole? Affettuoso? O semplicemente professionale?

Il giorno prima si erano addensate ben peggiori nubi nella sua mente: se i genitori di lei avessero scoperto quello che era successo? Se fossero arrivati incazzati perchè quel porco del bagnino si era rubato l'illibatezza della loro bimba?

Invece era passata la madre di Diletta. Tommy si era irrigidito più di un manichino della Standa, ma questa aveva allargato un sorriso cordialissimo e chiesto un caffè, che il bagnino le aveva portato al tavolo, così lo aveva ringraziato calorosamente.

Lui aveva tirato un sospiro di sollievo, ma le sue ansie non erano finite, perché Diletta non si era presentata per tutto il giorno. Che fosse stata poco bene dopo il rapporto? Che si fosse pentita e ora intendesse evitarlo?

Mille idee a riguardo erano passate per la testa a Tommy, ma lei semplicemente aveva passato la domenica nell'albergo con piscina di una amica.

Se fossero venuti a saperlo gli amici di lei? Quelli che le facevano qualche battutina qua e là; quelli di cui sarebbe stato geloso appena l'avesse vista con loro?

Un'oretta dopo, Diletta scese finalmente in spiaggia per quel lunedì. Degnò Tommy soltanto di un saluto e un sorriso un po' tirato, mentre veniva scortata verso la sabbia da un paio di ragazzi del suo gruppo, quelle "teste di cazzo" che lui stava guardando male di nascosto, sotto agli occhiali da sole, mentre scherzavano con Diletta. E la toccavano, ciò era la cosa che lo faceva più incazzare.

Vedeva le loro mani scorrerle sulla spalla, il braccio, le clavicole. E lei che rideva, faceva gli occhi scandalizzati per le battute, si raccoglieva i capelli che puntualmente le venivano sciolti da qualche mano dispettosa.

Mani, mani, mani.

Stava bruciando di gelosia eppure non sapeva che fare, se non rimanere lì a guardare. Era pur sempre al lavoro, e non poteva certo mollare tutto lì e correre da lei a dirle davanti a tutti: «Ehi, che ne dici di farmi la recensione della nostra serata di sesso dell'altro giorno?».

«Oh Tommy, ma che hai?» chiese Cico scuotendolo dai pensieri, lo vedeva sempre più strano, dopo una domenica completamente abulica.

«Lascia stare Cico. Scazzi miei, niente di grave.»

«Se lo dici te, hai una faccia da cadavere.»

«Parli te che ti sdreni di seghe.»

«Ma almeno non faccio finta che non sia vero.»

«Tanto s'è capito, Tommy. Punti la Todisco, vero?» aggiunse Alex, posteggiato sul freezer dei gelati come un gatto vicino al camino.
Era un tipo magro e un po' anonimo con i capelli castani portati corti e l'abitudine di torturarsi le pellicine.

Tommy non replicò. Era inutile mettersi con Evangelisti: vedeva tutto, registrava tutto, schedava tutto. Era peggio della polizia segreta della Germania Est.

«Il problema sai qual è, Tommy?» riprese Alex «Che tu sei qui a lavorare e quei quattro, cinque tamarri sono liberi di girarle attorno come gli avvoltoi.»

«Lo so, e non sai quanto fastidio mi dà.»

«Allora trova una scusa e dalle su.»

«Non posso, così dal nulla.»

𝓕𝓾𝓸𝓬𝓱𝓲 𝓭 '𝓪𝓻𝓽𝓲𝓯𝓲𝓬𝓲𝓸Where stories live. Discover now