10. 𝐋𝐚 𝐜𝐥𝐞𝐬𝐬𝐢𝐝𝐫𝐚

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𝐀𝐌𝐘

L'ozio è il principio di tutti i vizi,
il coronamento di tutte le virtù.
[Franz Kafka]


Con la mente confusa e la fronte corrugata, rilessi per l'ennesima volta il biglietto che avevo rubato a William.

Iʟ ʟᴜᴘᴏ ᴘᴇʀᴅᴇ ɪʟ ᴘᴇʟᴏ,
ᴍᴀ ɴᴏɴ ɪʟ ᴠɪᴢɪᴏ.

Identico a quello che avevo trovato sotto la porta della mia camera.

Aᴛᴛᴇɴᴛᴀ ᴀɢʟɪ
ᴏᴄᴄʜɪ ᴠᴇʀᴅɪ.

Feci scorrere lo sguardo da un bigliettino all'altro. Erano uguali: sessa carta, carattere di scrittura e grandezza.

Mi domandai cosa collegasse quelle due frasi.

Doveva esserci un nesso. D'altronde io e William li avevamo trovati lo stesso giorno e, cosa più inquietante, esattamente dopo che eravamo andati a letto insieme.

Tuttavia, per quanto mi sforzassi di trovare una risposta, non ci riuscivo.

Qual era il vizio di William e perché dovevo stare attenta a un paio di occhi verdi?

Una parte di me pensava che si trattasse di un banale scherzo. Dopotutto, nessuno può andare d'amore e d'accordo con chiunque. Quella più insistente, però, mi spingeva a credere che sotto si nascondesse qualcosa di più grande. Qualcosa di tetro.

Sospirai e lanciai un'occhiata all'orologio che tenevo al polso. Erano le 18:50. A quell'ora avrei già dovuto finire di studiare le mappe concettuali che avevo fatto quella mattina; invece, ero ferma a pensare a degli stupidi bigliettini.

Sbuffai e mi presi la testa tra le mani.

Se desideravo mostrarmi degna di Harvard avrei dovuto dimostrarlo con lo studio e i buoni risultati, ma ogni singola cosa era più difficile di quanto credessi.

Essere lontana da casa stava diventando pesante. Mi mancavano i consigli di mamma e le carezze sui capelli di mio fratello quando avevo una delle mie crisi.

Inoltre, aver litigato con Lily - l'unica qui a sapere il mio passato - non aveva di certo migliorato la situazione.

Più volte, in quei due giorni, avevo cercato di chiarire, ma lei mi aveva sempre ignorata.

Certo, non potevo biasimarla. Ero stata egoista e avevo messo su un piedistallo me stessa, piuttosto che ascoltare le voci nella mia testa che mi suggerivano qualcosa di strano nella mia migliore amica. Ora, però, mi sentivo sola, inerme di fronte alle paure che mi riempivano di ferite irreparabili.

Stanca anche solo di pensare, riposi i biglietti in un libro che tenevo sulla scrivania, poi mi alzai e guardai fuori dalla finestra. Il sole stava cominciando a calare, creando uno spettacolo di luci tra le nuvole.

Ottobre era arrivato e con lui il tipico freddo che caratterizzava gli autunni di Boston.

Osservai, al di là del tetto che incorniciava la finestra, alcuni ragazzi camminare nel giardino del campus, studiare ai piedi degli alberi o divertirsi con gli amici.

Mi pentii di non aver accettato l'invito di Anna di fare un giro in città. Con lei mi sarei potuta distrarre e sarebbe stata una buona occasione per esplorare ancora più a fondo i quartieri di Boston.

Invece, avevo scelto di rimanere in una stanza piena di pensieri ingombranti che non mi permettevano nemmeno di studiare.

Con un tonfo, mi buttai sul letto a pancia in giù e sentii l'imminente desiderio di piangere.

𝐄𝐋𝐔𝐒𝐈𝐕𝐄Where stories live. Discover now