Il Giorno dell'esame

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Ricordo quel giorno come un sogno che fai durante la notte e quando ti svegli sembra essere quasi svanito, evaporato, ma ti resta comunque ancora incollato addosso come una maglietta sudata .

Ma cercherò lo stesso di essere quanto più preciso mi sarà possibile nel raccontarvi quello che mi accadde.

Era arrivata la mattina degli esami ed io ero in camera mia davanti lo specchio cosparso di adesivi raffiguranti Pokémon e Star Trek, soprattutto Spock, il mio preferito .

Mia mamma mi aveva indirizzato ( senza tener conto della mia opinione ) verso una camicia a quadri blu e bianca lasciandomela sul letto
- così i professori diranno che sei un ragazzo elegante e carino - questo mi aveva detto , ma io mi vedevo tutto meno che elegante e carino.
L'ultima specialmente proprio no.

Presi l'autobus come ogni giorno per andare a scuola, il 224 direzione Siano. Passammo come ogni mattina sopra al ponte, ma quel giorno era diverso. Sentii dei sussurri nella mia testa, e so che vi sembrerà suggestione forse dovuta al nervosismo per gli esami, ma capirete dopo perché così non era.

Questi sussurri continuarono per tutta la durata del tragitto sul Ponte. Sentivo come dei fruscii mischiati a parole senza senso e sull'autobus c'era il solito casino e gridate e cori da stadio ; per questo ero certo di non essermeli immaginati, quei sussurri li sentivo bassi e fiochi, provenire da dentro di me. Dal centro del mio cervello , li sentivo rimbombarmi nelle orecchie.
Iniziai a tremare, dal freddo o dal panico non saprei dirlo.

Un compagno di classe, uno di quei carissimi bulli , che viaggiava con me, mi si accostò proprio dietro le spalle " ehi Topo di fogna, forse hai freddo con questa camicetta" - sghignazzava -" vuoi che ti riscaldo io ?"
E nel dirlo mi piazzó une bella pacca dietro la nuca.

Un buon inizio di giornata.

Arrivai comunque a scuola e mi decisi a lasciarmi i sussurri alle spalle, e la pacca sulla nuca anche .

Rudy mi aspettava appoggiato su un motorino, un liberty azzurro, che non era il suo, anche perché non ne aveva uno. Aveva le guance più rosse del solito, vestito con una t-shirt nera con qualche stemma a me sconosciuto, e un jeans chiaro con scarpe bianche della Nike. Quelle le riconoscevo, penserete. Ero sfigato si, ma non fino a quel punto .
Pensai in quel momento che probabilmente ero l'unico coglione ad aver indossato la camicia all'esame di terza media.

"ehi amico mio" mi gridò, saltellando verso di me con l'aria di chi già è stato promosso con il massimo dei voti e sta andando a festeggiare .
-" Non puoi indovinare chi mi si è avvicinata oggi chiedendomi una penna!!" Mentre parlava continuava a saltellare come una molla .
- " non saprei, Ru.. una che era se-se senza p-p-p-penna , immagino." Gli feci l'occhiolino , sapevo di non essere un burlone, come lui, tantomeno quando cerca di farle un balbuziente.

-" si , beh.. ovvio che era senza penna... ma tra tutti è venuta da me a chiedermela, e quando se ne è andata mi ha sorriso!!!"
Era evidentemente molto emozionato e su di giri per questo incontro, mi voltai un po' a destra e un po' a sinistra ed individuai subito la " penna" in questione .

Era una ragazza della seconda media con lunghissimi capelli biondi che portava sempre legati in una coda di cavallo, che si muoveva quando camminava e la faceva sembrava davvero un cavallo. Valentina Prisceli.
La fidanzata immaginaria del mio amico.

Per quando riguardava me, beh.. io non ne avevo neppure una immaginaria.

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