Capitolo 25

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"i was only falling in love"

mi guardai intorno, le mie mani avevano preso a sudare. che cosa significava tutto questo?
tornai con lo sguardo sulle sue iridi diamantine, sentivo il labbro tremare e gli occhi pizzicavano.

mi alzai, continuando a guardarlo.
-C-cosa... perché? come avresti fatto a sapere... perché?!-
mi schierai su Blake a tono alto, scioccata.
non riuscivo a capire niente, avevo troppe domande che frullavano per la testa.

lui sgranò gli occhi quasi lo avessi aggredito, mi resi conto solo adesso del tono accusatorio che avevo usato. respirai cercando di calmarmi e con gli occhi lucidi tornai a sedermi davanti a lui.

-lasciami spiegare.- sussurrò lui, lasciandosi andare un sospiro.
feci cenno di sì con la testa per invitarlo a continuare.

intanto lui si accese un'altra sigaretta, e mi lasciò in sospeso per quel minuto in cui prese i primi tiri, espirandoli poi lasciando che si mischiassero al leggero fumo che emanava il camino.

guardavo ogni suo movimento alla speranza di captare qualcosa. un tremolio, un'incertezza.
ma niente. quel ragazzo poteva avere un tale controllo sulle sue emozioni e come le esprimeva, che quasi mi faceva paura.

dopo avermi tenuto sulle spine per cinque minuti buoni che mi sembrarono anni, e in cui mi diedi tutte le colpe possibili, Blake si decise a parlare.

-Sherly...Prima di tutto non voglio che tu ti senta in colpa per qualcosa, perché è stata una mia scelta-
iniziò lui, ma ormai era troppo tardi.

lo guardai.
-continua.- pronunciai con voce rotta.
se io non gli avessi fatto pesare la cosa di avermi abbandonata quando ne avevo bisogno, lui adesso sarebbe probabilmente già laureato e pronto per cominciare la sua carriera. mi sentivo una stupida.

-Te l'ho già detto che io non sono mai stato bene in quell'università, perché non riuscivo a non pensarti, e a quanto dolore ti avevo provocato lasciandoti da sola in quel modo.-
asserì tutto d'un fiato, senza staccare i suoi occhi dai miei.

sospirai. chiusi gli occhi lentamente lasciandomi sopraffare dai ricordi.

era una giornata di novembre, poche settimane dopo il ritorno di mamma.
nonché settimane in cui non ero uscita da casa.

papà se n'era andato per un incidente stradale un mese prima, e non mi era neanche stato detto. Molto probabilmente quando lui ha avuto quel frontale e stava prendendo il suo ultimo respiro, io ero ad una festa a sbronzarmi e ridere come una bambina.

ero rannicchiata sotto le coperte, la mia camera era un disastro e le mie condizioni lo erano ancora di più. il telefono lo tenevo stretto al petto, e aspettavo le sue chiamate più di qualsiasi altra cosa al mondo. soltanto sentire la sua voce creava una bolla attorno a me in cui le emozioni e i pensieri negativi non potevano entrare.

quei momenti della giornata in cui mi telefonava erano i migliori, forse erano ciò per cui ero ancora sulla terra.

non veniva spesso a trovarmi, ma quello era uno di quei giorni. me lo aveva comunicato con un messaggio, più freddo del solito, ma non ci feci caso.

mi alzai dal letto e mi lasciai andare un sospiro. ero un disastro.
riordinai la mia camera e feci una doccia, poi passai un pò di correttore sulle occhiaie molto visibili, reduci di nottate passate a rimuginare sulla mia esistenza.

quando finalmente arrivò, non stavo più nella pelle. sentii il campanello suonare e mi precipitai al piano di sotto.

-mamma! vado io!-  urlai euforica.
mi voltai verso di lei, ricordandomi che ancora non ero riuscita a perdonarla per avermi tenuto nascosta la morte di mio padre.

𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐬𝐬𝐨Where stories live. Discover now