Non in mia presenza

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Gabriel

Ero nervoso come un ragazzino al suo primo appuntamento.
Ero stato un seduttore per un paio di secoli, finché avevo iniziato a coltivare altri interessi ed il sesso era diventato qualcosa da fare occasionalmente, con poche selezionate partner che sapevano cosa volessi.
Questo era spiacevole oltre misura.
Mi sedetti ma mi alzai subito dopo, affondai le mani nelle tasche perché continuavo a torturarmi i bottoni della camicia. Trovai i gemelli, presi a giocare nervosamente con quelli.
Mi viene da ridere, pensa a cosa direbbero i tuoi nemici se sapessero che è bastata una ragazzina di cinquanta chili per renderti un fascio di nervi.
Nessuno ci crederebbe, lo sai bene.
L'Oscuro, la Notte che cammina, in ansia per un paio di occhi neri e un bel culo.
Sei peggio di un animale alle volte.
Sei tremendamente agitato e poi sarei io quello emotivo?
Taci, non è il momento di stuzzicarmi, ricordati che siamo sulla stessa barca.
Vero, per una volta devo darti ragione.
Ho sempre ragione.
Arrogante figlio di puttana, non hai sempre ragione.
Rispetto per madre, per piacere.
Va bene, scusa era in senso figurato.
Quale sarebbe il senso figurato di essere un figlio di puttana?
Hai sentito?
Si.
Mi girai tirando fuori le mani dalle tasche ed esitai un momento, in ascolto.
Cercai sopra al rumore dell'acqua quello del suo cuore, lo trovai, era... lento e debole.
In meno di un battito di ciglia ero in bagno, la porta rotta cadde alle mie spalle ma non mi importò.
Lei giaceva a terra sotto lo scoscio caldo nel mezzo della doccia.
Mi inginocchiai sopra di lei per impedire all'acqua di colpirla, chiusi i rubinetti. Con delicatezza la girai e la presi tra le braccia. Aveva gli occhi chiusi e respirava con la bocca aperta.
Cercai di svegliarla scuotendola, non ne conoscevo nemmeno il nome, non diede nessun cenno di volersi destare.
Il panico mi assalì.
Me la strinsi addosso, mi alzai e la portai in camera da letto.
Non volevo lasciarla sola.
Il telefono, chiama Jace.
Per una volta quella spina nel fianco mi fu d'aiuto.
Presi il telefono, dopo due squilli rispose: «Ho bisogno di un medico, uno sciamano, una strega, mandami chi hai disponibile nel minor tempo possibile.»
«Padre cos'è successo?»
Impiegai più tempo a riordinare i pensieri che a connettermi a lui. Lo feci entrare attraverso il nostro legame e gli permisi di sapere cosa fosse accaduto senza doverglielo spiegare.
«Ci penso io.»
«Grazie.»
Interruppe la conversazione, dei miei figli sapevo che era quello che mi somigliava di più. La sua carriera era agli inizi, ma non dubitavo avrebbe potuto arrivare anche più in alto di me.
La coprii con degli asciugamani morbidi, tamponando il suo corpo il più delicatamente possibile. Era fredda. Non assaggiavo la paura da almeno un secolo e non mi piacque.
Suonarono alla porta, la aprii senza nemmeno chiedere chi fosse.
David, il capitano delle mie guardie personali, con la sua imponente figura, faceva strada ad un piccolo uomo ricurvo dai capelli bianchi diradati sul culmine della testa, il quale non si perse in saluti e mi chiese: «Dov'è?»
Lo portai in camera da letto, ci fece restare fuori mentre la visitava.
«Capo perché non mi hai fatto venire con te?»
Aveva i capelli scuri tagliati a spazzola, il naso storto per esserselo rotto diverse volte e piccoli occhi nocciola. Era alto sopra il metro e novanta e aveva spalle larghe quanto il vano di una porta.
«Ti meritavi una serata libera, nessuno sa che siamo in città, Jace non avrebbe dovuto disturbarti.»
«Ho chiesto io a Jace di avvisarmi se ci fosse stata qualunque necessità.»
La lealtà di questo giaguaro mi sconvolgeva ogni volta. Era un licantropo, aveva risposto al mio richiamo quando era un ragazzino, era uno dei pochi casi in cui la trasformazione era avvenuta molto prima della maggiore età, probabilmente causata da un trauma. Lo trovai in circostanze drammatiche: il padre abusava di lui ed era sfruttato come corriere per la droga. In un impulso di rabbia avevo ucciso la sua famiglia e l'avevo chiamato a me. Da allora era più attaccato di un figlio, avrebbe dato la vita per me, ma non glie l'avrei mai permesso.
«Capo sei... pallido.»
Mi guardai nel riflesso dello specchio del corridoio, avevo gli occhi scavati e la carnagione era stranamente spenta. Non mi ero del tutto abituato alla tecnologia che ci aveva consentito di specchiarci. Un colpo di genio tradusse il concetto dei cellualari con telecamera frontale in monitor da appendere al muro con una telecamera al suo apice. La differenza con un vero specchio era solo nel punto di vista, e spesso non tutti la notavano.
Gli antichi pensavano che non potessimo rifletterci perché la nostra anima era stata ghermita dal demonio. Io non avevo mai saputo di averne una.
«Devo solo nutrirmi.»
Scomparì e tornò con due sacche di sangue.
Mi appoggiai alla parete e bevvi senza il piacere di farlo. Avevo l'orecchio teso, monitoravo il battito del suo cuore, sempre lento, sempre debole.
Dopo un po' il piccolo uomo uscì dalla stanza, chiuse la valigia in pelle che aveva portato con sé e mi guardò con aria serena.
«È solo stanca, ha usato troppe risorse, probabilmente non mangia da più di un giorno, la trasformazione le ha richiesto molte energie e l'acqua calda le ha abbassato la pressione. Il suo corpo ha reagito come se fosse in stato di shock, ora ha la febbre.»
«Fino ad un momento fa era fredda.» Lo interruppi bruscamente, lui alzò una mano e si incamminò verso la porta.
«È normale, ora il suo corpo deve riposare, ho lasciato sul comodino un medicinale, se dovesse svegliarsi ed avere la nausea ne deve bere un cucchiaio subito e poi ogni due ore fino a terminare il flacone. Non deve trasformarsi per qualche giorno e deve mangiare molta carne. Sarà come nuova.»
Aprì la porta senza nemmeno curarsi di salutare.
«Cosa devo fare?»
«Assolutamente niente, se la temperatura sale sopra i quarantadue gradi chiamatemi, altrimenti non copritela troppo, tenetela al fresco. Dopo una notte di sonno dovrebbe svegliarsi da sola. Buona notte.»
David lo riaccompagnò da dove lo aveva prelevato ed insistetti perché poi andasse a riposare.
Rimasi in piedi a fianco del letto per no so quanto tempo, ad ascoltare il suo cuore battere, ad osservare il suo respiro regolare, coperta dal lenzuolo e nient'altro, i capelli bagnati sparsi sul cuscino. Le labbra a cuore erano sbiadite, eppure la sua bellezza era radiosa, inspiegabile, ogni linea del suo viso era disegnata per essere dolce, dalla curva della fronte, il naso dritto, le guance, il profilo del mento che scendeva nella curva del collo. Dovetti distogliere lo sguardo, perché la paura cominciava a scemare e mi stava tornando quell'incontrollabile desiderio con cui dovevo lottare.
Mi tolsi gli abiti bagnati. Ero così agitato che non me ne ero nemmeno reso conto. Buttai tutto in un angolo e mi asciugai i capelli. Non li sopportavo bagnati. Mi misi i pantaloni di un pigiama di seta che trovai nell'armadio.
Jace aveva gusti raffinati, un po' minimalisti per quello che mi riguardava, ma era giovane e amava le cose moderne.
Intendevo starle accanto per tutta lo notte, l'avrei vegliata per tutto il giorno se avessi potuto. Ero preoccupato del fatto che avrebbe potuto destarsi una volta sorto il sole. Scrissi un biglietto e lo lasciai sul comodino sotto la bottiglia di vetro, spiegandole cosa fosse successo. Mi sdraiai al suo fianco, sopra le lenzuola. Sentivo il calore della sua pelle anche senza toccarla. Era piccola ma non minuta, aveva una struttura atletica e curve morbide dove l'occhio desiderava scorgerle.
Cosa mi aveva fatto questa pantera?
Sospirai e anche il parassita dentro di me lo fece.
Le toccai la fronte, presi la temperatura diverse volte nelle ore successive, sempre uguale, nessun pericolo. Percepii il sole avvicinarsi all'orizzonte. Si attivò automaticamente la modalità diurna e calarono le tapparelle per sigillare l'appartamento per il giorno. Lottai con la morte che veniva a prendermi ancora un po', perché sentivo la responsabilità di saperla al sicuro, non volevo le venisse torto un capello finché era al mio fianco, ma alla fine dovetti arrendermi, avevo sentito David varcare l'ingresso e sapevo sarebbe rimasto a vegliare sul mio sonno per tutto il giorno. Lei non sarebbe stata sola, quel pensiero mi permise di lasciarmi andare.



Abbraccia la notteWhere stories live. Discover now