spooky, scary, skeletons

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Se mio padre fosse ancora vivo mi direbbe che la necromanzia è pericolosa e bisogna starne alla larga.
Se mio padre fosse ancora vivo, non avrei neanche bisogno di usarla.

Benny Sanders è morto un piovoso martedì mattina. Aveva 46 anni e ancora tutta la vita davanti. Le cause del suo prematuro decesso sono bizzarre quanto lo è stata la sua vita, ma io non sono qui per parlare di questo.

La necromanzia è stata la mia passione fin da piccolissimo, tanto che passavo pomeriggi interi a uccidere animali solo per poterli impagliare e studiare.

Poi ho inziato a cercare di rianimarli.

Benny mi aveva sempre sconsigliato di raccontare ai miei amichetti quale fosse il mio hobby ricreativo. Forse è questo il motivo per il quale sono rimasto sempre da solo.

A vent'anni suonati mi considero un provetto necromante. Ho resuscitato due uccelli, un pappagallo e quasi un essere umano. L'essere umano è morto di nuovo dall'orrore di essersi visto la pelle marcia addosso.

Effettivamente, avrei dovuto aspettarmelo.

Però, con Benny sarà diverso... con papà non farei mai questo errore.

La soffitta del nostro minuscolo appartamento è polverosa e buia. Ho disposto le candele a forma di pentacolo, ho tracciato le rune come era scritto nel libro nero della nonna.

Benny odiava nonna Beth. Diceva sempre che era colpa sua se "io ero così"...

Chissà cosa intendeva, come sarei io?, non l'ho mai capito.

Comunque, manca solo la preghiera in latino e ci sono. Questa notte Benny uscirà dalla sua bara (che ho, ovviamente, dissotterrato) e ritornerà da me. Non sarò più da solo. Non mi piace stare da solo.

Appoggio con cautela l'oggetto prezioso di Benny — un salvadanaio di rame che gli aveva regalato suo padre — nel centro esatto del pentacolo, e inizio a recitare la prima strofa della preghiera.

Un fastidioso grattare di unghie quasi mi distrae, ma riesco a finirla tutta in un fiato.

Attendo.

La fiamma delle candele balla e poi si spegne, lasciandomi in un buio pesto.

Vorrei urlare dalla paura, ma i necromanti non hanno paura.

Se la morte è davvero la cosa peggiore, io non l'avrei mai temuta. I necromanti non hanno paura della morte.

Casomai, hanno paura della vita.

Il grattare di unghie prosegue per un tempo infinito. Mi accartoccio su me stesso e inizio a piangere.

Ogni rituale mi riduce così. Il ricordo di un me stesso allegro, che gioca nel portico, mi tende la mano e cerco di tirarmi su.

Sento i colpi alla porta.

Uno.

Due.

Tre.

Sempre più forti, sempre più veloci.

"Papà? Papà sei tu?" 

Scendo giù dalla soffitta a passo di carica, l'adrenalina mi scorre nelle vene. Si mischia quel tanto che basta alla paura di trovarmi davanti il cadavere putrefatto di Benny.

No, no, no, no, no. Questa volta sarà diverso, questa volta sono veramente bravo. Sono il necromante migliore del mondo.

Spalanco la porta, in questo momento mi sembra pesantissima — un macigno inamovibile —, ma alla fine si discosta quel tanto che basta per mostrarmi il visitatore.

Si tiene in piedi a stento, traballa e cigola, come le ruote dei carrelli della spesa delle signore anziane. Un cumulo di ossa scheggiate, ricoperte di muschio e carne putrefatta si presenta dinnanzi a me.

Ora, io conosco benissimo le leggi anatomiche e fisiche secondo le quali questo mostro orrendo non dovrebbe parlare, eppure:

«Che cosa hai fatto?»

Che.Cosa.Hai.Fatto.

Lo guardo fisso nelle cavità oculari vuote, dentro ci vedo tutta l'immensità della vita e mi domando perché ho deciso di ridurre mio padre in quello stato.

«Benny... io... volevo solo...»

Lo scheletro di mio padre mi interrompe, poggiando la mano scheletrica sulle mie labbra. Ho paura, sì. Ho una paura fottuta che adesso mi uccida.

«Sono morto?» chiede lui, lasciandomi sbigottito.

Annuisco, cercando di divincolarmi dalla presa mortifera della sua mano. Riesco a distinguere chiaramente le piccole ossa che la formano, gialline e ammuffite.

«Come sono morto?»

Le sue domande sono un pugno allo stomaco. Non voglio rispondere, non ti ho richiamato qui per questo Benny, ti ho richiamato per stare insieme, essere finalmente padre e figlio.

Io smetterei di chiamarti Benny, tu smetteresti di guardarmi come se fossi merda sotto le tue suole e insieme potremmo ricominciare. Tu e io.

«Hai avuto un incidente. L'importante è che tu ora sia qui. Dopo dieci anni, papà. Sono diventato un bravissimo necromante e ti ho riportato da me.»

«Dieci anni? Un necromante? Che cazzo stai dicendo, idiota? Possibile che non hai capito che odiavo passare il tempo con te? Sei inquietante, cazzo.»

Certo che lo avevo capito. Lo avevano capito tutti.

Tu scappavi sempre, Benny, mi lasciavi da solo giorni e giorni interi, senza cibo, senza svaghi.

Cosa vuoi che faccia un bambino di dieci anni abbandonato a sè stesso?

Che altro vuoi che faccia se non ucciderti?

«Pensavo che... avremmo potuto essere diversi adesso. Sai, la morte migliora le persone dicono.»

«Riportami indietro, cazzo. Voglio morire. Io ti detesto, mostro

Sto parlando con uno scheletro che mi ha appena dato del mostro. Sono davvero così pessimo?
Ho paura. Voglio che torni nel buco da dove è venuto.

Io ci ho provato, Benny. Volevo solo essere importante per te.

Dalla bocca di Benny escono mosche, moscerini e larve. L'odore che si porta dietro è più nauseabondo della puzza di scotch che rimaneva sui suoi vestiti dopo una notte al pub.

Rilascio il potere dentro di me, cerco di farlo andare via. Non voglio che muoia di nuovo, come il mio primo esperimento.

Lui urla e sibila, il frinire delle sue ossa che strusciano l'una contro l'altra mi da i brividi.

«Addio papà» sussurro con voce flebile, prima di condurlo fuori dalla nostra casa, per la seconda volta.

Bullet RicochetWhere stories live. Discover now