emergency

25 7 13
                                    

«911. Qual è la sua emergenza?»

Ripeto questa frase talmente tante volte al giorno che ormai mi esce spontanea ogni volta che alzo una qualsiasi cornetta.

La maggior parte sono chiamate di routine: donne anziane che non riescono più ad alzarsi dal letto, tagli o contusioni, timori di possibili effrazioni...

Mai niente di serio. Mai niente che provochi il mio interesse.

«B-buongiorno. Ho bisogno di aiuto...» sussurra la voce lieve di una donna. Ha qualcosa di familiare e questo me la rende subito simpatica e amica.

So bene che affezionarsi alle persone che chiamano è uno sbaglio, ma alcune volte mi succede in modo naturale e non posso frenarlo in alcun modo. Mi sistemo la cuffia sulla testa e annuisco, deciso. Devo dare l'impressione al chiamante di avere in mano la situazione, devo fargli credere davvero di poterlo aiutare.

«Mi dica. Cosa succede?»

Sento la donna respirare profondamente dall'altro capo della cornetta, poi rumori di pianto attutiti dalla mano che sicuramente si sta premendo sulla bocca. Ipotizzo subito che sia nascosta in qualche spazio particolarmente angusto, ne sento l'eco vibrante.

«C-credo che il mio ragazzo voglia uccidermi...» la sua voce è un bisbiglio scosso dai tremori, ma capisco bene cosa ha detto e irrigidisco la schiena.

«Ok. Signorina, devo farle qualche domanda. Può stare liberamente al telefono con me o l'aggressore si trova nella sua stessa stanza? Se si trova nella seconda situazione può rispondere dicendo 'No, non posso uscire adesso'.»

La ragazza annuisce e la sento spostare la cornetta da un orecchio all'altro.

«Posso parlare, lui è andato a lavorare... ma non so quando potrebbe tornare qui, quindi sono nascosta nell'armadio.»

«Può abbandonare la casa in cui si trova?» domando, ignorando per un momento il resto del questionario obbligatorio.

«No... ho troppa paura. Se tornasse adesso...? E poi mi verrebbe a cercare, conosce tutti i luoghi che frequento. Io v-voglio solo che lui sparisca...» borbotta lei, scoppiando in un pianto isterico.

Rimango in silenzio qualche secondo, perché la voce di questa ragazza mi ricorda qualcosa...

La situazione si fa sempre più intricata e decido di proseguire con le domande di routine per non lasciare niente al caso. Nel frattempo, controllo la posizione del chiamante tramite il computer.

L'informazione che ne traggo mi lascia sconvolto, ma deduco che deve esserci sicuramente un errore. Questo computer è vecchissimo, è normale che ogni tanto sbagli...

«Mi può fornire il suo nome e la sua posizione, per cortesia?» domando, tradendo una certa urgenza nel tono. Quello che sta succedendo ora è decisamente troppo strano.

«Certo... mi chiamo Lindsey Jenkins. Chiamo dal 2524 NE 15th Ave, Portland.»

Se possibile i muscoli mi si immobilizzano e si tendono ancora di più. L'indirizzo riportato sul mio computer corrisponde a quello confermato dalla chiamante. Ma questo non può essere...

Lindsey... perché?

«Mi potrebbe spiegare per quale motivo pensa che il suo ragazzo voglia ucciderla...?» domando, cercando di mantenere un tono piatto e professionale.

«Non sembra più lui, è strano da qualche giorno... non mi ha picchiata nè mi ha minacciata verbalmente, ma sento che c'è qualcosa di strano in lui. Mi capisce? I suoi occhi mi sembrano vuoti...»

«Lindsey... questo non è sufficiente per poter intervenire. Deve esserci qualcosa di concreto che ti ha portato a questa conclusione.»

Inizio a darle del tu senza nemmeno chiederglielo, perché io Lindsey la conosco molto bene, anche se non posso ancora dirglielo. La professionalità, prima di tutto.

«Q-questa notte l'ho sentito... è rimasto accucciato ai piedi del letto e mi fissava. Io non mi riuscivo a muovere... sono stata immobile per tutto il tempo. Mi ha terrorizzato...» dice tutto d'un fiato, quasi come se si vergognasse di quello che le è successo. 

Stringo i pugni, improvvisamente innervosito da tutta questa situazione. Questa cosa non può trapelare in alcun modo. Devo aiutarla a calmarsi.

«Non pensi che, magari, hai avuto una sorta di allucinazione?»

«C-cosa?» chiede lei, attonita.

Mi rendo conto di averle detto una frase particolarmente infelice, ma tutti i residenti del quartiere sono a conoscenza dei problemi psichiatrici che affliggono Lindsey.

Ho l'obbligo morale di sollevare il dubbio.

«Mi chiedevo solo se fosse possibile che tu possa aver immaginato queste cose...» ribadisco, cercando di risultare il più rassicurante possibile.

«M-mi scusi... potrebbe dirmi il suo nome?» domanda Lindsey, titubante. Per un attimo temo che abbia finalmente ricollegato anche lei quello che è successo e abbia riconosciuto la mia voce.

«Sono l'operatore numero 327. Cerca di concentrarti, Lindsey, voglio aiutarti. Ricordi qualche altro episodio che possa esserci utile?» chiedo, cercando di cambiare argomento il più velocemente possibile.

«Q-questa mattina... prima che lui uscisse... stavo rifacendo il letto e ho trovato un coltello sotto al mio cuscino. C-credo che ce l'abbia messo lui. Non gli ho chiesto niente, però...»

Bene, nessuna prova concreta, solo tremende illazioni.

«Sicura ci sia solo questo, Lindsey? Non ti viene in mente nient'altro?» chiedo. Il mio tono di voce potrebbe benissimo grondare miele, tanto lo sto addolcendo.

Maledetta pazza del cazzo.

La sento annuire, anche se sembra sempre più perplessa e impaurita.

«Mi scusi... non dovrebbe almeno chiedermi il nome del mio ragazzo? Le sue generalità, che lavoro fa...?»

Si fa sempre più sospettosa e ho come l'impressione che stia per piangere di nuovo. Mi dispiace, cara Lindsey... effettivamente, sei stata proprio tanto sfortunata.

«Oh, ma che sbadato... certo, mi dica pure» dico, sorridendo.

«L-lui si chiama Bill Wellster, ha trent'anni e lavora...» la voce di Lindsey si affievolisce, mentre realizza tutto. Mentre assorbe la nostra conversazione e la rielabora.

«Ehi Bill, noi stiamo andando a pranzo, vieni anche tu?» mi domanda Peter, il collega seduto accanto a me. Io gli sorrido e acconsento, poggiando una mano sul microfono. Poi la tolgo e tossicchio.

«Ci vediamo a casa, amore.»

Lindsey ha già attaccato la chiamata.  

Spazio Autrice:
ogni tanto devo pubblicare un po' di progetti falliti (con tutte le ragioni del mondo) che mi ritrovo sparsi ovunque. Abbiate pazienza 🤣

Bullet RicochetWhere stories live. Discover now