• || Blood

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Cherry Pov's || Chapter 11

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Una camera da letto.

Dominick mi ha trascinata in una camera da letto.

La stanza è scura, dipinta con colori suggestivi che infatuano il mio senso di completa dispersione. Non è più grande della stanza in cui mi sono svegliata ma è decisamente più piccola del salotto di Sebastian.

Il letto al centro è intimidatorio. Il lenzuolo nero perfettamente ordinato attorno al materasso, i cuscini del medesimo colore sono asciutti e aggiungono monotonia nel complesso. Sopra la testiera in legno del letto sono attaccate ad una sbarra, da moschettoni, delle catene grigie che sembrano spesse e fredde al contatto, che si concludono in ganci per manette. Al fondo del letto è presente lo stesso paio di catene ma nei due lati opposti del materasso.
Sopra al letto, ci sono altri appigli da cui scendono strani anelli e a cui sono collegati altri ganci.

Non ho idea di che perversioni abbia, ma niente si prospetta bene per me.

«Che ne dici, Ariel. È di tuo gradimento?»

La voce graffiante di Dominick mi attira l'udito, mi mette in allerta. Tutti i miei sensi si attivano, in attesa di qualsiasi segnale. Lui rimane fermo dietro di me, a pochi passi dalla mia schiena. La sua presenza è ingombrante, mi fa sentire di troppo, come se tutto l'ossigeno lo stesse consumando lui. Mi sento asfissiata.

Prendo un respiro profondo prima di formulare una frase. «Cosa vuoi fare?»

È una domanda così scontata tanto da poter sembrare inutile, sono ovvie le sue intenzioni. Ma sento il bisogno di avere certezze.

«Quello che mi va.» Mi risponde con una tale semplicità tanto da far apparire la sua frase quasi come un qualcosa di romantico e totalmente normale.
Ma è tutto il contrario. Suona disturbante, pericolosamente vicina, un cavo scoperto che rizza i miei nervi.

Non riesco ad esulare un singolo respiro. Sono bloccata in un limbo pieno di domande e tante, troppe sensazioni che non ricordavo.

Le mani di Dominick mi accarezzano i fianchi, non li stringe e non mi forzano, sono delicate e scivolano lente sul mio corpo. Sembrano dolci.

Mio padre... io ero riuscita a dimenticare, ma Dominick gli assomiglia così tanto.

«Perché non ti rilassi, Ariel? Infondo non voglio fare niente che tu non voglia.» Dice con tono sarcastico mentre mi accarezza le spalle con le sue mani venate, facendole scivolare su e giù per le mie braccia.

Mi prende in giro. Si diverte. E io non riesco ancora a crederci.

«Come puoi essere così maledettamente sadico, sei un fottuto pezzo di merda. Un'insensibile senza morale.» Sputo fuori una marea di parole che scorrono come fiumi nella mia testa, non riesco a controllarmi.

Sono nella merda fino al collo, ormai sono fottuta. Sono destinata a fare ciò che è suo interesse e ne ho vissute talmente tante che ormai, vivere o morire non mi fa differenza.

Sembra pensare alle mie parole. "Hai ragione, non ho una morale ma dopotutto neanche Simon la possiede, non credi? Ti ha portata qui lui, il tuo stesso paparino, nella tana di un lupo decisamente affamato, solo per qualche anno in meno da scontare in prigione. Forse, non sono solo io il mostro in questa storia."

Sorride beffardo togliendomi la camicia con cauti movimenti.

Il respiro mi si mozza. 'Papà, perché?'

THE DELIRIUM: I Can Talk About YouWhere stories live. Discover now