CAPITOLO 11

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Capitolo 11Mettersi in gioco


Zero

Guardo la tv distrattamente, questo pomeriggio, pensando a che cosa invece avrei fatto se fossi stato a Usotsuku, il mio paese d'origine, ma ne vengo a capo dicendomi che se fossi stato là probabilmente mi sarei comportato da stronzo con qualcuna, e allora preferisco annoiarmi e rodermi allo stesso tempo.
La televisione è sempre stato mio nemico. Nel senso, preferisco fare un giro e godermi l'aria aperta. Forse perché ho bisogno di sentirmi parte di qualcosa di grande, parte della natura e della vita e chi sa, della pioggia che scorre delicata sulle guance perché là da dove vengo io piove sempre; forse, semplicemente per non sentirmi rintanato in casa come un vecchio.
Mi rodo, sì; mi rodo ripensando a ciò che è successo ieri in città. E mi viene da ridere e il mio cuore sussulta allo stesso tempo, ma lo sento distintamente, la cosa che percepisco di più e il rodersi profondo della parte più intima di me stesso. Perché, cazzo, non l'ho baciata, benché ogni parte più piccola e insignificante del suo corpo me lo gridasse.
E io ne avevo bisogno. Sì, avevo bisogno di affondare le labbra nelle sue, di sentire la sua lingua sfiorare la mia. Di sentirla gemere. Cosa avrei dato per quelle labbra, non lo so nemmeno io, eppure mi sono fermato. Quasi come se avessi avuto paura, quasi come se baciarla fosse significato tradire me stesso e in un certo senso scrollarmela di dosso, per paura, per rabbia. Rabbia per non essere risuscito a fermarmi in tempo.
Ho come l'impressione che se la baciassi, che se la facessi mia, insomma, mi sentirei un uomo perduto e falso. Probabilmente perché nella mia vita ci sono casini così grandi che farci entrare un altra persona mi distruggerebbe e la distruggerebbe. E così mi ritrovo a pensare, praticamente con il cuore in mano, non Yuuki, per favore. Non Yuuki. Perché la vedo così piccola, fragile e indifesa, e caricarla delle pene di un ragazzo come me non ha senso. Non ha senso perché le farei del male, e lo so, nel profondo del cuore che mi ritrovo, che io del male a quella donna non ne voglio fare, e devo cercare di starle lontano, perché merita molto di più di un ragazzo padre che è smarrito e non sa cos'è l'amore.
Yuuki
-Adesso ho capito tutto! - dico ad Hanabusa, mentre gli do una pacca sulla spalla. -Ecco perché non vedevi l'ora di avere quei libri, eh? Lo volevi regalare a Yori...sei, sei...un bugiardo patentato! Perchè non me lo hai detto, scusa?
Non ce la faccio a non ridere. Stamattina a scuola, Yori è arrivata con un graziosissimo pacchetto in mano, fatto di carta color arancione con un fiocco azzurro intenso come quello del mare. Sorrideva come una bambina a Natale e mi poi mi ha detto che quello era un regalo di Hanabusa. Si era rifiutato di aprirlo in autobus, davanti a tutti, e gli aveva promesso che lo avrebbe aperto dopo, a scuola. Ed effettivamente era il libro di Hunger Games. E' stato molto dolce da parte di Hanabusa farke un regalo, ma la cosa che mi delude è che non me ne avesse mai parlato. E poi mi piace prenderlo in giro, perché è rosso come un peperone.
-Per-perchè non ce n'era alcun bisogno! E poi...non lo so, mi sembrava una cosa stupida, avevo paura che lei si arrabbiasse. E invece le è piaciuto. - dice, abbassando lo sguardo e sorridendo beato. -Le è piaciuto davvero.
-Era davvero raggiante stamattina. No, non guardarmi così, lei per ora non mi sta dicendo molto di quello che pensa di te. E' un brutto periodo, questo, per lei, Hanabusa. Ha bisogno di tempo. Però...non lo so, quando sta con te in un certo senso sento che è diversa. Dubito che se ne sia accorta, ma prima o poi lo farà.
Aidoh si stringe nelle braccia. E' bello quando si comporta così, mostrando di essere vulnerabile e di necessitare certezze e affetto, proprio come tutti. Dimostra una tenerezza disarmante, cosa difficile da notare tra le mille risate che offre durante il giorno. Sembra sempre che stia bene, che non pensi a nulla, invece ha un animo molto profondo e sensibile e per certi versi, magari, più fragile di quello di altre persone.
La nostra discussione viene interrotta dal signor Kiryuu che scende le scale e dice che fino a sera non ci sarà perché deve svolgere delle commissioni insieme a Zero. Penso che per loro sarà utile passare un pomeriggio insieme, e in cuor mio mi auguro che vada tutto bene.
-Lo sapete che oggi è il suo compleanno? - chiede a un certo punto Kaien. Io e Hanabusa cadiamo letteralmente dalle nuvole.
-Il suo compleanno?
-Lo sapevo, lo sapevo che non ve lo avrebbe mai detto! - dice Kaine. -Lui detesta essere festeggiato.
-Quale persona sana di mente odia i compleanni? - chiede Hanabusa con occhi sgranati. -La mia vita senza sarebbe vuota.
Penso che sarebbe meraviglioso preparargli qualcosa a sorpresa, facendogli capire che in realtà merita di essere festeggiato. Credo che non festeggi un compleanno insieme a Kaien da un sacco di tempo ed è una cosa che attanaglia lo stomaco.
-Potremmo prendergli qualcosa. - propongo. -Non so, una torta...fare una cena. Stare tutti insieme. Che ne dici, Aidoh?
Lui mi scruta con gli occhioni da cerbiatto, sorridendo furbescamente. -Non è una brutta idea, sai Yuuki? Gli faccio cambiare idea io, sui compleanni. Vedrai che dopo li vorrà festeggiare sempre!
-Non so se sia una buona idea, ragazzi. - cerca di intervenire Kaien, ma Hanabusa sta già preparano un biglietto con scritto che la libreria oggi chiuderà prima.
-Chi ti ha dato il permesso di scrivere quella cosa? - chiede il signor Kiryu.
-Ma lei, Kaien, non si ricorda? Proprio tre secondi fa'. Avanti, signor Kiryuu, lo faccia per suo figlio!
Kaine ha un'espressione così buffa in volto da essere irriconoscibile. Ed è anche piuttosto sconvolto.
-Allora, Yuuki...- continua Hanabusa, semplicemente non facendo caso alla reazione di Kaien - verso sera andiamo a fare la spesa e poi ci mettiamo a cucinare, ok? Scommetto che non sai fare neanche una frittata...
Aidoh, con la battuta della frittata, non mi aveva fatto per niente ridere: ai fornelli sono una frana totale. In un primo momento, quando io e Hanabusa abbiamo cominciato a lavorare nella cucina del nostro datore di lavoro, mi dicevo che era colpa della malattia che mi ha portato via il tempo necessario per imparare a cucinare; ma dopo che ho frantumato – sì, frantumato, non semplicemente rotto - un uovo, mi rendo conto che forse non sono proprio nata per essere una cuoca. Aidoh osserva l'uovo maciullato e si mette a ridere, mentre io rimango con le mani a mezz'aria sporche di giallo. Mi scappa un risolino, poi mi precipito a lavarle.
-Forse è meglio che rinuncio e preparo la tavola. - mormoro, imbarazzata. Aidoh non la smette di ridere, ma dopo la mia occhiataccia si mette a pulire.
-Sei una piccola frana, dolcezza. - strilla il biondo, mentre ride. -Nemmeno la mia sorellina combina certi guai.
-Hai una sorella? - chiedo, mentre mi asciugo le mani sul grembiule. Mi sento molto donna di casa. Beh, una donna di casa che non sa nemmeno rompere un uovo, ma non importa.
-Sì, più piccola. Si chiama Anastasia. Non te lo avevo mai detto?
Scuoto la testa, immaginandomi una piccola dai capelli dorati e gli occhi del colore dell'oceano che sa sbattere le uova, anche se è alta la metà di me. Sorrido, mentre piego i tovaglioli in una forma che assomiglia a quella di una barchetta. Beh, almeno so improvvisare con quelli.
Nel giro di un'ora la tavola è pronta e la maggior parte del cibo è già in fase di preparazione o già pronto per essere servito. Di metà dei piatti conoscevo solo il nome ma non li avevo mai mangiati, ed è un po' triste notare quanto sia ignorante per via di cibo.
Verso le sette sentiamo dei passi venire verso la cucina e improvvisamente entra Zero. Io e Hanabusa ci voltiamo di scatto per nascondere tutto ciò che abbiamo preparato, anche se ormai deve già aver visto tutto, tavola compresa.
-Ci ha rovinato la sorpresa! - dice Aidoh. -Vabbè, tanto lo sapevo che eri troppo intelligente per non scoprire cosa stavamo combinando. Tanti auguri!
-No, state scherzando. - mormora Zero osservando la cucina con occhi sbarrati. -Dio...siete matti. - afferma, mentre gira attorno alla tavola. Poi i suoi occhi sono nei miei. Piano piano, la consapevolezza di quello che stavamo per fare ieri mi colpisce come una lama affilata, perché c'è ancora quell'amarezza, un pochino tenera e un pochino bastarda, che mi fa desiderare quel bacio come aria da respirare.
-Tanti auguri, Zero. - mormoro infine. Mi protendo per dargli un piccolo – ma dolcissimo – bacio sulla guancia, cercando di non indugiare troppo sulla sua pelle, altrimenti credo mi perderei. La sensazione di vertigine che arriva subito dopo credo la senta lui quanto la percepisco io.
-Grazie, Yuuki. Che stai preparando di bello?
-Lei? - interviene Hanabusa. -Lei è un disastro completo, Zero. Cioè, almeno ai fornelli. Quindi è meglio tenerla a distanza di sicurezza. Io invece sto impastando il pane. - Il biondo guarda poi l'orologio, notando che è quasi ora di cena. -Beh, ragazzi, devo andare a prendere la torta qui alla pasticceria...oh cazzo! Forse non dovevo dire che dovevo andare a prenderla. Vabbè, tanto prima o poi lo avresti scoperto.
Scoppiamo tutti e tre a ridere, finchè Hanabusa non se ne va e io e Zero rimaniamo soli in cucina. Osserva con attenzione tutto quello che abbiamo preparato, soffermandosi sul pane che Hanabusa ha lasciato incompleto. Si lava le mani, e, solo dopo avermi sorriso, comincia a impastarlo. E così, mi fermo a fissare il ragazzo dagli occhi ametista, mentre impasta il pane. E mi rendo conto che mi sto mordendo il labbro.
-Vuoi imparare?
E' come se cadessi dalle nuvole. Quasi come spaventata, lascio che i miei denti liberino la carne morbida del labbro e mi passo una mano nei capelli, guardando ovunque tranne davanti a me, dove c'è lui.
-C-che? - balbetto.
-A fare il pane, Yuuki. Ti sto chiedendo se vuoi imparare a fare il pane. - mentre me lo dice mi osserva, e nel suo sguardo c'è qualcosa di dolce e segreto che solo io posso capire. Non mi toccherà contro la mia volontà, questo è certo. In un certo senso, mi viene da pensare che quel bacio lo stiamo aspettando. Sappiamo entrambi che arriverà, e non sarà violento, non metterà paura. Ma ci farà scoprire chi siamo e chi vogliamo essere, l'una nei confronti dell'altro.
Gli sorrido, avvicinandomi a lui. Lui mi prende per mano, e, con le sue braccia leggere come ali, mi mette davanti a sé e mi avvolge. La mia schiena brucia al contatto col suo petto, ma finalmente, entrambi ritroviamo la piacevole scossa che non sentivamo più da tempo. Sono costretta a chiudere gli occhi per un istante, per concentrarmi e ritrovare il respiro regolare. Poi si fa tutto tranquillo, e Zero mi parla nell'orecchio. -Devi...-mormora, mentre mi prende le mani – impastare con molta calma. - mi accompagna nel movimento. E nella sua voce c'è qualcosa che risveglia una me che non credevo esistesse, una me che avrebbe voglia di girarsi e assalire quest'uomo. Nonostante sia in uno stato di eccitazione pura, sono tesa da morire. La braccia faticano a muoversi seguendo i movimenti di Zero.
-Rilassati, Yuuki. - Sussurra il mio nome come se fosse una cosa divina, e tutto ciò suona come una piccola carezza. -Così. - e accompagna di nuovo il mio movimento, e stavolta impasto come si deve. -Brava bambina. - dice, e mentre lo fa sorride, un sorriso che mi sfiora i capelli, e il tocco si allarga in un brivido che percorre tutta la schiena, e arriva giù, in uno strano punto che, mi costa un certo imbarazzo ammetterlo, so che esiste da quando nella mia vita è apparso Zero.
-Il pane lo teniamo per domani. - dice Zero mentre si stacca. Ma io ho fame del suo tocco, ne vorrei ancora. E nel momento in cui va via, mi sento la persona più sola del mondo: smarrita, solo col freddo a farmi compagnia. E' incredibile come per la prima volta mi senta così, dopo che una persona si è semplicemente staccata da me. -Deve lievitare. Per stasera useremo quello comprato. - continua, mentre sopra la "nostra" pagnotta mette un panno.
-Zero...ti arrabbi se ti dico una cosa?
Lui, che si sta lavando le mani, all'improvviso si ferma. -Dipende. - dice, mentre è ancora voltato verso il lavandino, ma io percepisco ugualmente il suo sorriso tirato. Uno di quelli che mi piace di meno in tutte le persone.
-E' che avevo ragione. Sei una persona buona, Zero. Basta guardarti adesso per capirlo.
Lui si volta e finalmente i suoi occhi sono miei. Non sorride, non si muove. Non un accenno di un sussulto, nel ragazzo dai capelli argento. Solo il respiro regolare e la bocca semichiusa.
E me ne rendo conto, di quanto sia difficile ammettere questa verità, per lui.
Abbassa la testa, e di nuovo si nasconde. -Oh, piccola Yuuki. - mormora.
E il mio stomaco si spacca. Qualcosa nella sua voce – disperazione, sì, di quella che ti afferra il cuore e lo sbatte contro qualcosa che ha gli artigli – trabocca dalla sua voce. E io ho paura. Ma qualsiasi cosa voglia dirgli per farlo stare meglio o per dargli semplicemente un po' di tregua, dovrò aspettare, perché proprio in questo momento il campanello suona e mi devo precipitare ad aprire ad Hanabusa che ha la torta in mano.
La cena è piacevolissima: tra il cibo, lo scherzare che viene spontaneo e il fatto di andare avanti e indietro per la cucina; cose che però mi distraggono, facendomi perdere quel momento di magia che mi legava al ragazzo dagli occhi viola, prima, che ogni tanto mi sorride, ma è tornato a stare sulle sue.
Kaien mi sembra felice. Che con suo figlio abbia buoni o cattivi rapporti, devo riconoscere che averlo in casa sua lo rende una persona ancor migliore di quello che già è. Perché effettivamente, con quegli occhiali da secchione e la coda da uomo grande ma timido, Kaien è una persona meravigliosa.
Non faccio altro che rimpinzarmi di cibo. Non credo di aver mai mangiato così tanto durante tutta la mia vita: per primo ci sono stati i ravioli al radicchio rosso e al gorgonzola, di secondo una carne buonissima che si scioglieva in bocca e di cui proprio non riesco a ricordarmi il nome. Poi Hanabusa ha pure portato un po' di pizza e non volevo dirgli di no, quando mi ha chiesto di assaggiarla. Era a dir poco favolosa. Ora manca solo la torta che io ho l'onore di portare.
Non so come ma ci ritroviamo a cantare tanti auguri – in un modo un po' buffo, perché alla fine vengono fuori un sacco di risate e gran pochi suoni. Appoggio la torta davanti a Zero, continuando a sorridere, meravigliandomi di quanta luce offrano ventuno candeline. E' tutto bellissimo.
-Zero, esprimi un desiderio. - mormoro. E lui osserva la torta, sorridendo come mai gli ho visto fare. Poi torna a guardarmi, donandomi probabilmente un pezzetto di se stesso, mettendo in quello sguardo tutto ciò che tra noi è successo in questi ultimi tempi. Il mio cuore è nello stomaco. Quando distoglie lo sguardo, stringe tantissimo gli occhi e soffia sulle candeline esprimendo il suo desiderio. E non so perché, ma ho la tenera sensazione che il suo desiderio abbia qualcosa a che fare con me.
Il dolce è soffice e pieno di gocce di cioccolato. Sorrido al pensiero che l'unica volta che ho mangiato una torta al cioccolato è stato al mio decimo compleanno, festeggiato in ospedale: mamma era venuta a trovarmi con papà, la nonna e la zia ed erano venute anche Yori, Serien e Ichijo, due altri miei amici di infanzia, ancora piccoli. Era stato un compleanno bellissimo, anche se ero sempre stanca.
Quando abbiamo finito propongo di pulire i piatti, e mentre lo faccio, vedo Kaien che si affloscia nella sua sedia sempre di più, diventando sempre più piccolo. E' stanco, e alle dieci non regge più, così Zero lo accompagna a dormire. Nel frattempo cerco di ripulire come posso la casa, ripensando e ripensando a quello che ho provato a stare insieme a questa famiglia per queste dolcissime ore.
Zero
Mi assicuro che mio padre si metta a letto, e mi siedo sul bordo con lui. E' stata una giornata molto pesante, per entrambi. Però la sorpresa finale ha reso tutto molto più bello.
-La torta è stata la mia parte preferita. - mormora, e poi accenna un risolino. Io gli metto una mano sulla spalla. Ho davvero bisogno di toccarlo, di sentire che...non lo so, che siamo insieme, molto probabilmente. E lui è qui, non è un illusione, non è solo una riga striminzita lasciata da una penna. E' qui, è con me.
-Sono così felice che tu sia qui con me, Zero. - dice mio padre, stringendomi la mano che è sulla sua spalla. Questo non è perdono, mi dico, ma è qualcosa di estremamente intimo. E so che voglio custodirlo. E' una piccola rivoluzione del nostro rapporto, un piccolo passetto in avanti che mi fa addirittura pensare che un giorno potrò parlargli di mio figlio in modo sereno, e so che lui mi accetterà. E come una lama col veleno, la consapevolezza di dover dire a qualcuno che sono padre mi raggela il sangue e un improvviso conato di vomito mi spezza in due.
-Tutto bene, Zero? Sei così pallido.
-...Papà. Ti ricordi che ti avevo detto che c'è un motivo per cui la zia mi ha mandato qui?
Lui annuisce. E' così stanco...ma sarò breve, e non lo spaventerò, così potrà dormire.
-Ho paura che per colpa di questo motivo possa mandarmi via anche tu. - sussurro. O che nessuno mi accetti. O peggio, che non mi accetti lei, lei, quella creatura giù in cucina con gli occhi che ti scavano dentro e che ti chiedono di essere sincero.
-Voglio...- comincia, e mi guarda negli occhi. -Voglio che tu non ci pensi, Zero. Qualsiasi cosa abbia fatto, non ti caccerò. Tu non andrai da nessuna parte. Con questo non voglio dire che quello che hai fatto non sia grave, anche se effettivamente non so cos'è. Ma voglio rimediare ai miei errori, Zero, e per farlo devo starti vicino. Non ti lascio andare. Io non ti lascerò andare mai più.
L'unica cosa che riesco a fare è sorridergli. Non riesco nemmeno a parlargli, a ringraziarlo. Tutto quello che faccio è alzarmi, rimboccargli le coperte in modo che non abbia freddo – la sera si alza una brezza che potrebbe dargli fastidio – chiudermi la porta alle spalle e andare via. Ma non sono nemmeno arrivato a metà scala che devo correre indietro e gettarmi sul water, per vomitarci dentro tutta la mia angoscia e tutta la mia cena.
-Mi sento una merda, Aidoh. - mormoro, mentre tiro una boccata della mia sigaretta. La offro al biondo, che ne tira una piccola piccola anche lui. Yuuki, la piccola Yuuki, è rimasta dentro a finire i mestieri. Tutto tace, ormai è arrivata la sera. Io sono fuori, sugli scalini che precedono l'entrata in libreria, con l'unico amico che ho qui.
-Che schifo, odio fumare. - mi riporge la sigaretta e si alza in piedi, rimanendo sull'ultimo scalino. Non lo guardo in faccia. Perché se lo facessi, probabilmente capirebbe tutto.
-Mi vuoi spiegare cos'hai? - chiede a un certo punto Hanabusa.
-Niente, davvero. Lascia stare. Penso al fatto che non ti piace fumare e mi fa ridere, sai...
-Cazzate. Dai, ti ho visto quando sei sceso dopo aver portato tuo padre a letto. Ci hai litigato?
Ed è questo il punto. Che per una volta nella mia vita e io e mio padre andiamo d'accordo. Ma per la prima volta nella mia esistenza, io, sì, proprio io, non sono d'accordo con me stesso.
-No, Aidoh. Ed è difficile da credere perché io e mio padre, come ti ho detto, abbiamo avuto un difficile rapporto. Ma non è successo niente. Anzi, mi ha detto che non mi permetterà di andare via. Che rimedierà ai suoi errori. Ma lui non sa che cosa ho fatto io.
Il biondo si siede vicino a me, sul mio stesso scalino. Ho i suoi occhi addosso, ma io mi concentro sulla sigaretta e sulle piante che mio padre ha messo da contorno agli scalini.
-Me ne vuoi parlare?
-No.
E la risposta viene fuori così di getto, che non può essere altro che una menzogna. E la verità è che io ho bisogno di parlarne con qualcuno.
-Scusa, amico, non volevo...
-Senti, Hanabusa, sei capace di tenere un segreto? Perché questa cosa non si può sapere...ne va della mia vita. Mi hai capito? - stavolta lo guardo negli occhi, e lui è fermo a osservare i miei. Blu oceano contro viola dell'ametista. Mi posa la mano su un ginocchio, e questo gesto mi fa crollare, e come una radiolina, gli racconto tutto dall'inizio.
-Sei sconvolto, vero? - gli dico non appena ho finito. Lo deve essere. Perché semplicemente sono un ragazzo che fuori ha la maschera di un principe, con quei suoi occhioni limpidi e il visino d'angelo; ma se gliela togli, questa maschera, lui crolla e mostra quello che è: un uomo senza passato, senza futuro e con il presente che lo terrorizza a morte. Perché io ho paura.
-Non capisco, Zero.
Rido, una risata che riecheggia per la strada fredda come il ghiaccio dei cocktail che piace bere a noi stronzi quando vogliamo dimenticare. -Quale passaggio non ti è chiaro? Quello in cui ti ho spiegato che mi scopavo la fidanzata del mio migliore amico, o quella in cui ti dicevo che l'ho pure messa incinta? - Hanabusa non c'entra niente in tutto questo, ma gli scarico addosso tutta la mia frustrazione, sentendomi ancora più di merda.
-Non capisco dove sia finito il ragazzo che era seduto con me dieci minuti fa.
-E allora lo vedi, sei sconvolto. Fine della storia.
-Certo che lo sono. Ma spiegami bene questa cosa, Zero. Chi cazzo sono io per giudicarti? Sarò pure sconvolto, perché non mi aspettavo che una persona come te potesse fare queste cose. Ma è successo, punto. E quello che conta è che ti sei reso conto dei tuoi errori.
-Sono tutte palle, Hanabusa. I miei errori...vorrei cancellare tutto ciò che ho fatto, ecco cosa. Ma non posso e mi sento di merda. Per la mia famiglia, che si ritrova una persona come me, per Hana. E per me.
-Quindi cancelleresti questo bambino?
Eccola, la parola, l'ha detta. E di fronte a questo pensiero mi blocco, come un bimbo smarrito difronte alla strada di casa. Perché io quella strada la devo percorrere. Ma il punto è un altro: io quella strada la voglio percorrere.
-Questo bambino ha cambiato il modo in cui vivo le cose, Aidoh. Se prima il mattino mi svegliavo e pensavo che era una giornata da dimenticare, quella sarebbe stata una giornata da dimenticare. Ma dopo il bambino...ogni cosa ha un senso. Io non posso andarmene. O far finta di non esistere, e lo devo a lui. E anche se come ti ho detto il bambino non sarà riconosciuto come mio, penso che vivrò tutta la mia vita accompagnato da questo nuovo modo di vedere le cose.
-E questo è il motivo per cui io non getterei la spugna, se fossi in te, Zero.
Lo guardo molto, ma molto male. -Cosa?
-Dovresti sentirti, quando parli di lui. E dovresti vederti. Perché anche se il bambino non sarà tuo, nel tuo cuore, per lui sarai sempre un padre. Non gettarti via così. Non vedere tutto questo come uno sbaglio. La situazione è sbagliata, ma non lo è il bambino.
Queste parole mi sollevano, e sono davvero contento di averne parlato con lui. Non posso farlo con Kaito per motivi che sono ovvi, ma almeno con il mio collega lo posso fare. E ho la certezza che d'ora in poi, Hanabusa sarà una persona fondamentale per me. Gli ho dato un pezzo della mia anima, praticamente, e lui la dovrà custodire.
Ma c'è una cosa che mi spaventa ancor più di mio padre. Mi spaventa ancor più dei giudizi della gente e di cosa potrebbe farmi il mio migliore amico. E' qualcosa di assurdo, ma è lì, e non se ne va.
-Aidoh...io ho paura di dirlo a Yuuki. - Il biondo sembra cadere dalle nuvole. -Io sento...sento che questa cosa me la strapperebbe di dosso. E non ho idea del perché, ma il fatto di...sì, perderla – anche se a conti fatti non è mia - mi spaventa e mi fa sentire con un buco al posto del cuore. So che ci stiamo solo conoscendo...non l'ho nemmeno mai baciata...- la mia voce diventa un sussurro. -Ma lei ormai è lì. In un punto sotto la pelle che non riesco a raggiungere. E sento che se se ne va...beh, allora me ne andrò anche io.
-Incredibile quanto a volte una persona possa entrarti dentro così radicalmente, eh? Senza che tu possa farci nulla. - da come lo dice, sembra che ne sappia più di me. Forse anche lui ha una sbandata per qualcuno. O meglio, io non so se la mia è una sbandata. E' ossessione, forse, affetto, voglia di stringerla, farla mia, proteggerla...amarla. E no, cazzo, amarla no, perché io mi ero promesso di non innamorarmi mai. Ma dove vanno, queste mie barriere, quando lei mi guarda? Dove vanno le mie promesse, quando la tocco? A farsi fottere, ecco dove. E a me non dispiace, Cristo.
-E' ovvio che se è una cosa seria, quella che provi, glielo devi dire, Zero. Non puoi tenerle nascosta una cosa del genere. No no no aspetta, - mi dice, quando vede i miei occhi carichi di paura. - guarda che vedo che non sei pronto a metterti in gioco. Ma per quanto mi riguarda, e per come vi vedo io, voi siete già persi. Partiti. E il punto è che magari non ve n'accorgete, ma quando lo farete scoppierà una bomba, credimi.
Scoppio a ridere, e stavolta lo faccio di gusto. -Voglio crederci, Aidoh. Io non ho mai amato nessuno. Te lo giuro, mai. Ma se devo mettermi in gioco...
E sì, me ne rendo conto ora. O forse il mio cuore lo ha sempre saputo, ha solo aspettato oggi per farlo capire anche al mio cervello. Ma cuore e cervello non vanno mai d'accordo, infatti.
-Allora sì, voglio che sia con lei. Voglio che sia con Yuuki. - mormoro, accarezzando il suo nome.
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Just believe (Zero X Yuki)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora