Aria

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«Sta' fermo!»

Viper disobbedì e girò il viso di scatto. «Vaffanculo, Silk, non ti ho chiesto di medicarmi. Non siamo più bambini, levati di mezzo.»

Cercò di alzarsi, ma Silk lo sbatté giù senza fatica, proprio come aveva fatto dopo averlo trascinato di peso dentro l'officina.

Doveva averla sempre vinta, lo stronzo. Si era aggiudicato l'ultima corsa, che altro voleva?

«Sta' fermo e basta. Se no, giuro che i prossimi lividi su questa faccia da schiaffi ce li lascio io.»

Come se non fossero bastati i segni delle dita che l'indomani Viper avrebbe avuto attorno a un polso. 'Fanculo!

Tanto ci era abituato. Le prendeva da quando era un bambino. E, ogni volta, il bastardo correva a salvarlo. Era umiliante, lo era sempre stato, anche se un tempo gli era parso tenero. Umiliante e morboso: Silk si comportava come se stesse difendendo il proprio territorio. Se lo vedeva in difficoltà, diventava una bestia e poi arrivavano recriminazioni e musi lunghi. Gli occhi gli si riducevano a due fessure e, più che a curare qualcuno, pareva intenzionato a combattere. Viper lo odiava.

Non gliene importa nulla, se mi fanno a pezzi, si disse. Se mi umiliano o mi considerano uno scarto. Pensa soltanto a non perdere la faccia.

Silk lo vedeva come un oggetto. Si era messo in testa che lui gli appartenesse, ed era la sola cosa che gli interessava. Nessuno doveva toccare le sue cose.

Se avesse tenuto a lui, avrebbe capito che gli causava solo problemi, ogni volta che lo proteggeva. Nel loro mondo non c'era spazio per i deboli. Specie quando c'era di mezzo gente come Big Pete; più facevi lo stronzo e ti mostravi freddo e maggiore era la probabilità di sopravvivere.

«Smettila e va' via!» Viper strinse i denti per non gridare. Silk lo rendeva così vulnerabile che provava disgusto verso se stesso.

In pista non c'era tregua tra loro, ma fuori... Viper sapeva che, volendo, avrebbe potuto forzargli la mano, alzarsi, scaricare su di lui la frustrazione e fargli davvero male. Non era più il bambino indifeso di un tempo e, sebbene fosse minuto, era agile, aveva un gancio destro micidiale e un buon gioco di gambe. Ma ribellarsi non sarebbe servito a nulla. A Silk bastava toccarlo per fargli tremare le ginocchia.

Viper lo odiava, sì, ma Silk aveva ragione a trattarlo come se fosse il suo schiavo, perché lo era, dal momento che non riusciva a fare a meno di lui.

Fuori dalla pista, appena i loro sguardi si incrociavano, Viper si sentiva come se lo avessero gettato in un mare gelato e spinto a fondo, in apnea. Silk era l'unico che potesse allungare una mano e riportarlo a galla, restituendogli l'aria prima che affogasse. Gli toglieva il fiato, ma senza di lui Viper non respirava.

«Stai fermo e basta.» Silk avvicinò lo sgabello su cui si era seduto e incastrò un ginocchio tra le sue cosce. Così facendo, lo inchiodò sul divano sfondato su cui l'aveva scaricato con poca grazia. Gli prese il mento e strinse, così forte che il dolore superò il bruciore e, quando il batuffolo di cotone imbevuto d'alcol toccò il suo labbro spaccato, Viper si lamentò con un sibilo.

Silk non scherzava quando minacciava di riempirlo di lividi, se non lo avesse lasciato fare.

Viper, alla fine, si rassegnò e rimase immobile, pur senza illudersi: lo sguardo di Silk prometteva guai.

Difatti, non appena ebbe messo via il kit per il pronto soccorso, l'espressione concentrata di Silk tornò a farsi cupa. «Allora, sentiamo, che cazzo è successo là fuori? Fino a che punto sei nella merda?»

«Non è successo nulla.» L'orgoglio di Viper era già abbastanza malconcio senza l'umiliazione di un terzo grado. «Ero stanco, mi sono distratto, ho toccato la macchina di Ace e sono finito fuori strada. Devo descriverti anche cosa ho provato quando mi ha preso a pugni per vendicare la sua preziosa carrozzeria? L'hai visto con i tuoi occhi. S'è sfogato ed è finita lì. Stai facendo tante storie per una cazzata. In passato, le ho prese fino a sputare sangue, non sarà un labbro spaccato...»

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