L'Imperatrice (disturbata)

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Una carta cade a terra.

Significa sempre qualcosa.

Mentre mi chino per raccoglierla, dal tavolino accanto, un buffo cagnolino si avvicina e la afferra mordendola, come se l'avessi fatta cadere per invitarlo a giocare.

"Sono solo stato al gioco", sento dire dall'Imperatore.

"Non è mai stato un gioco per me", gli rispondo. "Non mi piace giocare con le persone."

"Davvero?" chiede il Matto, ridendo sarcastico.

"Davvero. Si finisce sempre col perdere, non ha alcun senso", rispondo.


Odio perdere, sia i giochi che le persone.


L'Eremita mi guarda e sorride.

"Forse hai ragione te", gli dico.

(so quanto ti piace sentirtelo dire)

"Forse tutti se ne vanno."

"Lo so", mi risponde.

(o forse no, sai? Qualcuno resta. Ma chi resta viene sempre guardato con sufficienza o, peggio ancora, con sospetto)

"Perché sei ancora qui?"


Il buffo cagnolino lascia andare la carta e abbaia per attirare la mia attenzione. Lo accarezzo. Felice, scodinzola e se ne va.

Tutti se ne vanno?

Resta solo una carta a terra. L'Imperatrice, bellissima, la cui immagine perfetta è ormai incrinata da piccoli segni di denti. Disturbata.


C'era una volta una giovane Imperatrice dai lunghi capelli dorati.

Romantica, sognatrice, innamorata dell'amore. Non era interessata alle storielle scontate e banali delle sue amiche, lei, ma sognava un grande amore impossibile, intenso e tormentato. Troppi libri e film, probabilmente, le avevano disturbato il cervello.

O, forse, era solo un modo per fuggire dalla realtà.

Aveva tanto amore da donare, la giovane Imperatrice, ma nessuno era all'altezza dei suoi sogni. Così si era rifugiata nella sua Torre in attesa di quel principe che non sarebbe arrivato mai.

Restava lì, al sicuro, osservando i giovanotti passare.

Passò il Matto. Lui riusciva a farla ridere e a farla sentire bene, ma accettarlo avrebbe voluto dire vivere qualcosa di reale e rinunciare a quel bellissimo sogno che aveva in testa.

Passarono alcuni principi. C'era quello fidanzato con un'altra principessa, quello che desiderava un principe anche lui, quello che pensava solo a collezionare più principesse possibili. Non poteva concedersi ad uno di loro.

Poi, un giorno, passò lui. Non era ancora l'Imperatore a quei tempi, lo sarebbe diventato molti anni più tardi. Dominatore, testardo, provocatore. Tirò i capelli alla giovane Imperatrice che, impulsiva ed orgogliosa come era, si stizzì. Litigarono. E lei se ne innamorò.

Litigarono ancora. La Torre si incrinò.

Litigarono ancora. La Torre crollò.

Guardando in alto, adesso, si vedevano le Stelle e l'Imperatrice, ferita nel cuore e nell'orgoglio, decise di seguirne una, pensando che l'avrebbe condotta verso la sua realizzazione personale. Non aveva certo bisogno di un principe, lei.

Fiera e a testa alta si iscrisse all'università di architettura, decisa a ricostruire una nuova Torre dalle fondamenta. Non era ancora pronta a vivere sotto le Stelle.

Con i suoi lunghissimi capelli dorati, l'Imperatrice guardava il suo futuro radioso dritto davanti a lei, senza distrarsi. Fiera e dritta, come quelle linee che, a lezione, le facevano disegnare per ore senza l'aiuto di una riga.

Ma le capitava, a volte, di udire dei brusii. Piccole distrazioni che facevano per un attimo svirgolare la matita con cui stava disegnando. Voci che le dicevano che le cose non stavano proprio così come se le raccontava.

"Shh, non disturbatemi!"

E la linea tornava a seguire la direzione imposta dalla sua mano. Niente avrebbe potuto fermarla. Seduta su un comodo trono, l'Imperatrice guardava il suo futuro radioso dritto davanti a lei.

Fiera e dritta, come quelle linee disegnate a mano.


Tutto il resto era solo rumore disturbante.

L'Eremita e la PapessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora