62.🌙

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"Il giovane e bellissimo Baldur era destinato a morire.
E la sua morte avrebbe segnato l'inizio della fine.
Il crepuscolo degli dèi.
Il Ragnarok.


Frigg fece giurare a tutte le cose del mondo di non fare del male a suo figlio Baldur, credendo così di proteggerlo dal suo destino. A tutte tranne che a una piantina di vischio: la considerò troppo piccola e insignificante e la trascurò.


E il perfido Loki ne approfittò, come faceva sempre.
Traendo in inganno il fratello del dio, Hod, lo convinse a scagliargli contro una freccetta di vischio.
Uccidendolo.

La profezia si era avverata.
Gli dèi sarebbero caduti.
Il Ragnarok era iniziato."


⁎⁎⁎


C'era stato un momento in cui avevo pensato: "è tutto un sogno."

Le sirene della polizia, la confusione, le urla, il sangue. Non era reale.

Avevo pensato: "sto per svegliarmi, sta per finire."

Il dolore e i crampi al cuore sarebbero finiti, mi avrebbero lasciata respirare, perché non erano reali. Era tutto nella mia testa. Ero così spaventata da quello che sarebbe potuto succedere a Kiran o a Elis, che il mio inconscio aveva voluto prepararmi al peggio con un incubo.

Doveva essere senz'altro un incubo.

Le nostre vite non si erano appena frantumate, non erano appena state demolite con violenza. Non è possibile. Non avevamo perso il nostro migliore amico. Elis non era morto davanti ai nostri occhi.

C'era stato un momento in cui avevo voluto crederci con tutta me stessa. Avevo chiuso gli occhi e avevo sorriso: "va tutto bene, Ari. Quando li riaprirai, Elis sarà ancora vivo".

Ma quando lo feci, le mie mani erano ancora sporche di sangue.

Le mie guance ancora rigate di lacrime.

Il mio cuore ancora pieno di dolore.

E sul pavimento dell'aeroporto, Elis giaceva ancora senza vita.

Se le urla di Juni non avevano reso quell'incubo reale abbastanza, l'aveva fatto vedere i paramedici scuotere la testa verso di noi, confermando che non c'era più battito. L'aveva fatto vederli sollevare il suo corpo su una barella, avvolto da un telo nero, e trasportarlo verso l'ambulanza.

L'aveva fatto vedere Kiran crollare a terra con una violenza che avrebbe potuto maciullargli le ginocchia, vederlo afferrarsi i capelli con le mani sporche di sangue. L'aveva fatto vedere i suoi occhi sbarrarsi come un colpo di ghigliottina dritto sul suo cuore.

No. No. No. No. No. I suoi sussurri erano gelidi spifferi infernali, mentre continuava a scuotere la testa in modo quasi isterico e incredulità e orrore gli bloccavano il respiro.

Era reale, dopotutto. Era successo davvero.

«No! Riportatelo qui!» Juni inseguì i paramedici, la voce graffiata dal pianto. Nonostante il caos che ci circondava fosse quasi assordante, tra la gente curiosa e sconvolta e gli ordini impartiti dalla polizia aeroportuale, la disperazione della mia migliore amica era l'unica cosa che riuscivo a sentire.

Le corsi dietro e l'afferrai da un gomito. Lei mi guardò con occhi iniettati; le lacrime avevano lasciato una scia tra le macchie di sangue ormai secco che le sporcavano le guance. Le iridi blu erano un abisso di dolore senza fondo.

𝐃𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞Where stories live. Discover now