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ARES


Vedere la ladra sdraiata sull'erba mentre il sangue le colava dal naso e da una ferita alla testa non mi soddisfò, come invece avevo pensato avrebbe fatto.

Con una smorfia provai a prenderla in braccio, a giudicare dallo sguardo un po' perso, doveva vederci doppio. Allungai le mani verso la sua figura. "Pensavo di essere stata abbastanza chiara sul fatto di non voler essere toccata da te." Abbaiò con furia lei, capendo le mie intenzioni.

Le feci un gesto secco con la testa, scrollando le spalle. "Allora alzati da sola." Alle mie parole aggrottò la fronte, i suoi occhi blu lampeggiarono di rabbia, ma non si mosse.

Piccola testarda.

In qualche modo perverso quel suo comportamento me lo stava facendo tornare duro, anche se a ogni contrazione del mio cazzo maltrattato delle fitte dolorose mi scuotevano la spina dorsale. Uno di molti spiacevoli regali fatti da quella creatura da quando quell'assurda situazione era iniziata.

"Credo che invece mi godrò per qualche minuto ancora le stelle." La sua voce delicata per le mie orecchie era come il canto seducente di una sirena.

Quando l'avevo portata a casa, senza pensarci l'avevo trascinata nella mia stanza con un unico pensiero in testa: la volevo nel mio letto.

Avevo dato la colpa a tutte quelle settimane di astinenza, il mio corpo era stato scosso da un bisogno così primitivo da non essere riuscito a contrastarlo in alcun modo, anche se io e Hyp avevamo attrezzato già una stanza da usare come cella.

Non ero solito privarmi di ciò che volevo, non lo avevo mai fatto, la mia intera esistenza si basava sulla soddisfazione delle mie pulsioni. Quando avevo caldo andavo in giro nudo, quando avevo fame mangiavo, quando volevo scopare lo facevo.

Avevo tentato di ricordare a me stesso tutte le sue malefatte, ma nemmeno quello era riuscito a smorzare il desiderio e di certo non mi aveva impedito di spogliarla per perquisire e nel frattempo scoprire quel suo corpo tonico e florido. Le avevo messo la mia camicia solo quando la mia mente stava minacciando di farmi impazzire. Infine, mi ero sdraiato al suo fianco, respirando il suo profumo irresistibile.

Quando poi aveva iniziato ad agitarsi per il dolore non avevo resistito alla tentazione di toccarla per alleviare le sue sofferenze, la sua pelle era stata così fresca e morbida. Dopo quelle prime carezze il delizioso profumo della sua eccitazione mi aveva fatto uscire di testa. A quel punto nemmeno un attacco di Atena in persona sarebbe riuscito a impedirmi di lasciare il suo fianco.

Avevo avuto un bisogno quasi doloroso di toccarla, darle il sollievo che stava cercando. E poi quando aveva inarcato la schiena, seguendo il mio tocco me lo aveva fatto venire più duro del granito, in quel momento avevo temuto mi sarebbe bastato solo un maledetto spiffero d'aria per farmi venire nei pantaloni.

Le mie orecchie erano state riempite dei suoi gemiti di piacere quando le avevo toccato il seno. A quel punto avevo voluto di più, mi ero spinto con l'altra mano nelle sue mutande, l'avevo trovata così bagnata da farmi sussultare a mia volta. Avevo voluto con ogni fibra del mio essere quella scivolosa eccitazione su ogni parte del mio corpo, sulle mie dita, sulla mia lingua e tutt'intorno al mio cazzo.

Con un gemito disperato avevo preso in bocca uno di quei capezzoli duri e impertinenti, mi avevano sfidato a farlo dal primo momento in cui li avevo scoperti. Il sapore della sua pelle mi aveva riportato a un tempo lontano, quando ero solo un ragazzino ribelle, il sole scottava la mia pelle e tutto nel mondo mi era nuovo.

Quei pensieri mi fecero avere paura di me stesso.

L'immortale difronte a me doveva certamente possedere qualche tipo di potere ammaliante, se no non riuscivo a spiegarmi una reazione così profonda da parte del mio corpo.

Il Corvo e La RabbiaWhere stories live. Discover now