𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 4

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| 𝗡𝗲𝘄 𝗬𝗼𝗿𝗸 𝗖𝗶𝘁𝘆,
New York.

«Le scommesse sono annullate».

Quelle parole ancora riecheggiano nella mente. Un ricordo distorto e pieno di buchi neri.

Sono assetata di vendetta, di puro odio nei suoi confronti.

Erano mille dollari, non spiccioli da poter sperperare come briciole di pane ai piccioni. Forse mi sarei dovuta appellare al Consiglio; parlare col Direttore o direttamente con Foster per potergli fare cambiare idea. Magari avremmo potuto, in qualche modo, convincere il Pura ad aiutarci.

In fin dei conti non avevamo fatto nulla di male, no?

Sono parcheggiata nel retro di un negozio nel Bronx, a pochi isolati dal capannone dove ho visto svanire il mio sogno. Ed è stata solo colpa mia; Lieky porta un peso che non gli riguarda, una colpa addossata a causa di una ragazza in preda agli ormoni della rabbia.
Grab mi ha dato ragione solo perché altrimenti sarei andata anche contro di lui.

Bisogna farsi amici i nemici, è sempre stata questa la mia filosofia e lo è ancora.
Compongo rapida il numero del Signor. Walker, sperando che il telefono del Comitato squilli.

«Salve, comitato Pura».

«Sono Delaney Wilson. Devo parlare con il Signor Walker.», affermo secca mentre muoio dall'ansia.

«Certamente. Inoltro la chiamata, un secondo.»
Aspetto impaziente, mentre picchietto incessantemente il piede al suolo.

«Delaney? È successo qualcosa di grave?» domanda con un filo di voce.
Poveretto, sicuramente stava dormendo.

Sospiro, «mi serve l'indirizzo di Lieky Foster.
La prego, è di vitale importanza...» lo imploro con un filo di voce, assicurandomi che nessuno mi potesse sentire e immaginando già un riscontro negativo.

«Delaney... lo sai benissimo che va contro il regolamento del Pura.» rammenta come un padre farebbe con il proprio figlio. Alzo la testa verso l'alto, poi sposto lo sguardo verso la lunga distesa d'acqua marina.

«La prego, sa benissimo che di me lei si può fidare. Non lo saprà mai nessu-»

«2130 Harbor Av. Non dire a nessuno che sono stato io a fornirtelo, mi raccomando. I suoi sono fuori casa per lavoro.» mi avverte prima di riattaccare.

È il momento di agire e gli avrei fatto pagare ogni sua singola decisione. La moto parte come se andasse da sola, come se non la stessi guidando io. Passo per le strade deserte del Bronx, attraverso l'Harlem River e poi arrivo finalmente a Manhattan. Cerco di orientarmi, ma decido comunque di gitare sul navigatore l'indirizzo che avevo segnato nelle note del cellulare.

Quando arrivo nel quartiere, mi ritrovo un centinaio di ville con giardini enormi e piscine interrate. Parcheggio la moto davanti ad un'aiuola e percorro la restante strada a piedi. La numero 2130 è una villa totalmente bianca, circondata da una siepe di un verde luminoso. Il viale che collega il marciapiede all'entrata è illuminato da lampioni in stile moderno.

Prendo coraggio, faccio un respiro profondo e mi incammino in direzione della morte.
Mi blocco a pochi centimetri dal portone, avvicinando l'indice al campanello con inciso il cognome Foster.

The Devil's NightWhere stories live. Discover now