Cap. 11: Hello heartache

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Cap. 11: Hello heartache

You were perfect I was unpredictable
It was more than worth it
But not too sensible

Young and foolish seemed to be the way
I was stupid to think that I could stay...

Goodbye my friend hello heartache
It's not the end it's not the same
Wish it didn't have to be this way but
You will always mean the world to me, love
Goodbye my friend hello heartache

Do you know? Do you get?
It's just goodbye, it's not the end...

("Hello heartache" – Avril Lavigne)

Mellish stava correndo per le stanze di una casa sconosciuta, enorme e piena di corridoi lunghissimi e labirintici; scappava affannosamente sentendo che qualcuno era dietro di lui, sempre più vicino, qualcuno che lo inseguiva per fargli del male, per ucciderlo in modo orribile trafiggendogli nuovamente il cuore con dolorosa lentezza. Il ragazzo cercava di allontanarsi il più possibile, chiamava i suoi compagni perché lo aiutassero, ma i suoi compagni non c'erano e lui non capiva neanche dove si trovasse. Gli inseguitori, invece, erano ormai alle sue spalle, sentiva il forte rumore dei loro passi, il loro fiato sul collo, le mani che stavano per afferrarlo e...

Con uno sforzo terribile, Mellish riuscì a strapparsi da quel sogno spaventoso, gemendo, ansimando e singhiozzando con gli occhi sbarrati e perduti nel buio, il cuore che pareva scoppiargli nel petto. Era anche intontito dai sedativi presi per dormire e quindi faceva fatica a ritrovare un minimo di lucidità e a comprendere che era stato solo un incubo, che lui era al sicuro nella stanza che divideva con Saltzmann e Upham, che non correva nessun vero pericolo. L'agitazione e i gemiti del ragazzo svegliarono il tedesco che capì subito cosa stava accadendo e strinse Mellish forte a sé.

"Calma, Stan, va bene, è incubo, tu bene, io sono con te, nessuno fa male a te, ci sono io" gli sussurrò accarezzandolo e baciandolo con dolcezza, tenendolo stretto tra le braccia finché non sentì che il suo corpo smetteva pian piano di tremare. Lo baciò teneramente, poi sempre più a lungo e languidamente sentendo che Mellish ricambiava il bacio e si aggrappava a lui, chissà se perché davvero lo desiderava o perché aveva bisogno, in quel momento di terrore, di trovare calore umano e dolcezza, proprio com'era avvenuto nella stanza in cui Saltzmann lo aveva salvato, mesi prima a Ramelle. L'uomo rammentò il terrore, la disperazione che aveva visto allora negli occhi di quel povero ragazzo, ma anche la tenerezza che aveva subito provato per lui, e allora continuò a baciarlo profondamente, mentre le sue mani scorrevano lungo la sua schiena, i suoi fianchi, le sue gambe e poi perse quel poco di autocontrollo che gli rimaneva e scivolò lentissimamente dentro il suo corpo. Allora i gemiti e gli ansiti di Mellish non furono più di terrore e angoscia bensì di piacere, mentre tutto si faceva confuso in lui, non sapeva più nulla e non c'era più nulla se non Saltzmann che lo faceva sentire bene e sicuro e caldo. Niente importava più, non esistevano più la paura, il dolore e i brutti ricordi, il giovane americano si chiedeva se sarebbe andato a fuoco o se il mondo sarebbe esploso ma non gli interessava, bastava che ci fossero lui e Josef. I corpi danzarono insieme quella dolce danza d'amore mentre tutto il resto precipitava vorticando nell'oblio e la polvere di stelle parve illuminare la stanza e le loro anime e fu una luce accecante, l'estasi e l'eternità.

Dopo, Saltzmann continuò a stringere tra le braccia Mellish accarezzandogli i capelli, baciandogli dolcemente la fronte e le guance. Da un lato era felice perché quella era stata la volta in cui il ragazzo gli si era donato in modo più completo, in cui era stato davvero tutto suo (probabilmente perché era ancora stordito dai sonniferi e dall'incubo) e tutto era stato molto più bello; dall'altro lato, però, si rendeva conto che Mellish era straziato da ciò che non voleva ricordare e non sapeva come aiutarlo.

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