9. Cuore e ragione

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Ray Rivera


Era fuori pericolo.

Questa era la cosa più importante. 

Avevo consumato i corridoi dell'ospedale, a furia di fare avanti e indietro. Sicuramente, qualche infermiere e paziente ricoverato s'era innervosito, ma non riuscivo a stare fermo, nemmeno un attimo. 

Dovevo scaricare in qualche modo la rabbia e la tensione.

Hope mi aveva salvato la vita, mi aveva protetto, quando mi ero promesso che dovevo essere io a farlo. Ero furioso con lei per quanto aveva fatto, ma anche grato. Se non mi avesse spinto, a quest'ora non me la sarei cavata con un proiettile alla spalla come lei, ma con un colpo diretto al cuore.

Sarei certamente morto!

Una parte di me, stanca e sfinita da tutto questo dolore, quasi quasi se n'era rammaricata, l'altra era diventata ancora più determinata e spietata, pronta a meditare vendetta!

Hope mi aveva fatto spaventare, non poco. Il peggio era passato, ma non per me. Sapevo soltanto di dover affrontare Oliver a quattrocchi perché, se voleva uccidermi, tanto valeva che la smettesse di fare accordi che non voleva mantenere.

Prima di affrontarlo però, dovevo occuparmi di Kimberly. La sorellina di Hope s'era precipitata in ospedale non appena aveva saputo di sua sorella. E adesso, non potevo lasciarla qui da sola. In balìa di chissà quale rischio e di giornalisti che s'erano accalcati come impazziti davanti l'ingresso dell'ospedale!

"Dovresti tornare a casa, la tua scorta è qui fuori." dissi, avvicinandomi a lei, era seduta su una scomoda panca di plastica lungo un corridoio asettico che sapeva di disinfettante.

Scosse la testa con fare energico, portandosi una mano fra i corti capelli biondi: "Io da qui non mi muovo, capito?"

"Hope si riprenderà, i medici sono stata chiari. Il proiettile non ha colpito alcun organo vitale, è fuori pericolo. La dimetteranno fra due giorni, quindi non ha senso che tu rimanga qui, tutta da sola. Ti prometto che verremo a trovarla domattina presto, insieme." proposi, nella speranza che mi ascoltasse.

La biondina sollevò lo sguardo castano e lo piazzò nei miei occhi azzurri con rabbia cocente: "Chris...o meglio, Ray, come devo chiamarti? Non m'importa un fico secco se fai anche tu Rivera di cognome o meno, io non obbedisco a te, tu non sei nessuno per me. Qui c'è mia sorella, ed io da qui non mi muovo, almeno fino a quando non saprò che ha ripreso conoscenza!" decretò, con un tono che non ammetteva repliche.

Trassi un profondo respiro, afferrai il mio iPhone e avvisai la sua scorta di guardia all'esterno del reparto di chirurgia, allontanandomi di qualche passo dalla ragazzina.

"Tenetela d'occhio mentre io sarò via, non appena vi chiederà di tornare a casa, la condurrete nei miei appartamenti, ma prima accertatevi che la mia governante abbia rimesso tutto in ordine, sono stato chiaro?"

"Certo, signor Rivera. Sarà fatto!" concordò Logan, l'unico ragazzo della scorta di Kim, che non avevo licenziato come gli altri. Damian Rivera, il padre di Hope e Kimberly, parlava di lui come un'ottima guardia del corpo, quindi sapevo di potermi fidare, avrebbe protetto anche Hope, in caso di necessità, come invece non aveva fatto la scorta di lei che avevo licenziato in tronco! S'erano lasciati fregare da un ragazzetto armato!

Sbuffai, richiudendo la chiamata. Scoccai un'occhiata a Kim, era solo una ragazzina di diciotto anni, ma non potevo perdere altro tempo, fremevo dalla voglia di prendere per il bavero Oliver e suo figlio, così a grandi passi mi avviai verso un'uscita secondaria, dove ad attendermi c'era la mia scorta, a cui chiesi di non seguirmi.

Conosci il mio cuoreWhere stories live. Discover now