1- Saudade.

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Saudade: (n.) a nostalgic longing to be near again to something or someone that is distant, or that has been loved and then lost.

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Julian.

Un anno prima.

Il quarto caffè della giornata non mi aiutò a mantenere la concentrazione mentre terminavo di scrivere ciò che l'avvocato per cui stavo lavorando mi aveva chiesto: un resoconto breve delle mie ultime indagini su uno dei testimoni citati dalla difesa durante l'ultimo processo.

«Sfiancante, davvero sfiancante» sentii la voce di Andrew dietro le mie spalle.

«Vuoi aiutarmi?»

«Nemmeno se mi paghi l'affitto per i prossimi cinque anni» disse dopo aver sorseggiato un po' della sua camomilla.
«E comunque non ci capisco niente, sei tu lo Sherlock della situazione. Mi limito a fare da supporto morale».

«Posso sapere cosa ci fai qui?» chiesi, ignorando completamente la sua battuta.

Non avevo ricevuto alcun supporto morale: da almeno due ore gironzolava per per il mio ufficio, dopo avermi svuotato la dispensa. Si era persino appropriato delle mie camomille senza neppure chiedermelo.

«Io e Kristen abbiamo litigato» ammise, «di nuovo».

Roteai gli occhi al cielo, quasi spazientito, ma il modo in cui si sedette sul divanetto del mio ufficio mi fece provare un certo dispiacere: si rannicchiò come un ragazzino, fissando con sguardo da cane bastonato il tavolino di fronte a sé, continuando a sorseggiare la sua camomilla.

Una camomilla che serviva più a me che a lui.

Andrew era fatto così: sguardo e portamento intimidatorio senza volerlo, voce profonda e bassa, alto, con un fisico imponente e i muscoli di chi passa ore in palestra.
In realtà, la palestra la odiava e dietro quel fisico si nascondeva l'animo di un ragazzo irrimediabilmente romantico, divertente, fedele, a tratti credulone e follemente innamorato della sua ragazza storica.
Non litigavano spesso, e proprio per questo motivo si sentiva estremamente in colpa e disperato quando accadeva.

Eravamo davvero diversi. Tra i due ero sicuramente quello più razionale e analitico.

«Parlale» consigliai la cosa più ovvia e lui mi guardò male, come se gli avessi proposto di arruolarsi e andare in guerra o di rinunciare alla sua collezione di tazze in ceramica.

«Ovviamente non vuole sentirmi».

«Ma cosa diavolo hai combinato?» inviai finalmente la mail e spensi il PC, dedicando tutta la mia attenzione a lui.

«Niente».

«Impossibile, assumiti le tue responsabilità e svuota il sacco» sospirai.

Mi alzai, feci il giro della scrivania e mi sedetti accanto a lui, presi uno dei cuscinetti imbottiti del divano e me lo piazzai sulle ginocchia.
Giocherellò con il manico della tazza di ceramica per qualche secondo, come se stesse cercando di raccogliere le informazioni e metterle insieme.

«Due sere fa siamo andati al Guys' Night insieme a Logan, Grace, Liam, Rick e Oliver: solito gruppetto al solito locale che ogni domenica di dicembre propone sconti sugli alcolici» fece una piccola pausa.

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