Essere inadeguati, insignificanti e insensibili

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Crescendo negli anni mi sono sempre sentita fuori posto, in un modo o in un altro. Mi sono sempre chiesta cosa ci facessi in un determinato posto, in un determinato gruppo di amici: non mi sono mai considerata troppo simpatica o carina o intelligente quindi, durante le prime stagioni della mia vita, mi sono limitata a rimanere in disparte, a guardare la partita dalle gradinate sognando il momento in cui anche io sarei sbocciata e avrei potuto dire la mia, avrei imparato come si sta al mondo senza aver paura di inciampare o di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.

Senza contare che la mia famiglia mi faceva pesare la qualunque (e, in realtà, lo fa tutt'ora), come se non fossi capace di combinarne una giusta.

In tutti questi anni, perciò, si è instillata in me una sorta di sindrome dell'impostore: qualsiasi cosa mi accadesse non poteva dipendere da me, erano solo tanti colpi di fortuna. I buoni voti a scuola, quelli dell'università, i voti di laurea...tutta fortuna e nient'altro. Durante la mia crescita, perciò, non ho mai pensato di essere brava o quant'altro, né di meritarmi ciò che mi stesse accadendo (per quanto, per certi versi, possa essere un ossimoro).
Temevo sempre il confronto con gli altri, mi vedevo troppo stupida in confronto a loro, troppo insipida, una nullità. Come avevo fatto ad ottenere tutto quello che avevo ottenuto sapendo così poco? Essendo così insignificante? Così inutile? Non me lo spiegavo e, a dir la verità, mi pongo ancora la stessa domanda ogni notte, prima di andare a dormire.

Quindi mi ritrovo ad avere sempre paura della qualsiasi, soprattutto perché, per la mai famiglia, io sono la ragione di ogni singolo problema. Ogni questione, dalla più piccola alla più grande, deriva sempre da qualcosa che ho fatto o non ho fatto io, come se fossi la causa di tutti i mali del mondo.

Questa concezione tossica che, perciò, avevo sviluppato in famiglia dalla più tenera età, la riportavo nel mondo esterno, dove tendevo sempre a sentirmi inferiore rispetto agli altri. Guardavo le mie compagne di classe dal basso verso l'alto, sperando di poter splendere di loro luce riflessa. Erano più belle, più simpatiche, più spigliate. Io, invece, un mero brutto anatroccolo che mai sia sarebbe trasformato in cigno e che tutti tenevano dalla propria parte per avere i compiti fatti. Al di fuori di quel contesto, infatti, era molto facile scordarsi di me, dimenticarsi della mia presenza, non notare la mia assenza. D'altronde che motivo poteva mai esserci per volermi intorno? Ero insignificante, valevo meno di zero.

Tutto ciò mi dilaniava dentro, sembravo essere destinata ad una vita come carta da paratia. Fare da sfondo agli altri, senza mai essere protagonista, senza mai poter far sentire la propria voce per un motivo o per un altro. Una sensazione di impotenza continua che non se ne andava mai, nemmeno per un secondo.

A questo si univa il fatto che a casa, di tanto in tanto, mi facessero sentire come una patata bollente, che tutti si passavano ma che nessuno voleva tenere. Questa poteva essere chiamata vita? Per niente.

Scappare, purtroppo, era fuori discussione. Per un motivo o per un altro mi ritrovavo nuovamente bloccata al punto di partenza, impanata in una realtà che iniziava a starmi stretta, che sembrava volesse tirarmi a fondo con lei. Eppure che potevo fare? Non ero abbastanza brava da potermene andare, da poter scappare, non avevo le capacità giuste per studiare fuori. Mi ripetevo questo mantra in testa mentre mi sentivo una nullità in confronto agli altri, un pesce fuor d'acqua. Alle volte mi sembrava di guardare il mondo da dietro lo schermo di una televisione, vedevo tutte quelle immagini passarmi davanti ed io lì, ferma ad aspettare chissà che cosa, incapace di muovere un muscolo.

Nella mia vita sono cambiata molte volte, ho smussato angoli e affilato altri, sono diventata più esuberate, poi più calma, poi ancora diffidente verso il genere umano eppure quella fastidiosa vocina nella mia testa non se n'è mai andata, è sempre rimasta, l'unica cosa che è rimasta uguale in tutti questi anni e che non ha fatto altro che peggiorare. É la stessa che mi tiene sveglia la notte, con gli occhi sgranati rivolti verso il soffitto e mi ripete che non sono abbastanza, mi fa sudare, mi fa battere forte il cuore alla velocità della luce, mi fa andare mille volte al bagno, mi fa venire l'emicrania e le palpebre pesanti, e mi rende anche sconnessa di tanto in tanto.

Vorrei solo trovare il mio posto una volta per tutte e smetterla di sentirmi di troppo, di vivere costantemente con l'ansia di sbagliare.

Mai abbastanza magra, mai abbastanza intelligente, mai abbastanza rilevante. Un ciclo continuo ed ininterrotto. Un serpente che si morde la coda.

Mai abbastanza. Mai e poi mai. E sto iniziando a pensare che non lo sarò mai, quindi tanto vale mettersi l'anima in pace e non struggersi più.

La cosa peggiore, tuttavia, è che continueranno comunque a farmelo pesare lo stesso ogni giorno, in ogni singolo momento della mia vita. Sempre e per sempre.

Vorrei solo scomparire e non tornare mai più, sparire nell'ombra e dimenticare ogni cosa, essere dimenticata da tutti. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 03 ⏰

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