Un destino in Dubbio.

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VERONICA YVONNE COLLINS

Sono nell'ufficio di Silente, con le lacrime che minacciano di scendere, ma cerco disperatamente di trattenerle

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Sono nell'ufficio di Silente, con le lacrime che minacciano di scendere, ma cerco disperatamente di trattenerle.

Ho appena scoperto che mio padre ha mandato mia madre all'ospedale San Mungo dopo l'ennesima azione di violenza su di lei, e le sue probabilità di sopravvivenza sono scarse.

Mi sento terribilmente colpevole perché avrei dovuto essere accanto a lei, sostenerla. Mi considero egoista per essere qui, mentre mia madre è in un letto in coma, lottando tra la vita e la morte.

«Se vuole recarsi a Londra, ha il mio permesso e la giustificazione per le assenze. Se ha bisogno di aiuto, basta che mi chiami e sarò da lei», dice Silente con un tono placato e compassionevole, ma sa che le sue parole non possono lenire il dolore delle mie ferite interiori provocate dalla situazione con mia madre.

«Ho solo bisogno di vederla», riesco a dire con voce tremante ma allo stesso tempo fredda, cercando di nascondere ogni mia debolezza. Guardo in basso, ricordandomi di tutti i momenti felici e delle litigate che abbiamo avuto con lei.

Solo ora mi rendo conto di quanto tenessi a una persona, finché non l'ho persa senza nemmeno un saluto; non poteva lasciarmi così.

Silente resta in silenzio, annuendo con compassione mentre mi alzo e, con passo veloce e risoluto, mi dirigo verso la mia stanza per prepararmi.

Appena entro nella sala comune, tutti mi guardano confusi e mi salutano, ma io li ignoro, correndo ansante verso il dormitorio. Tuttavia, mentre cammino a testa bassa, mi scontro contro qualcuno.

Mi urto contro la persona che meno avrei voluto vedere in quel momento. Quando alzo lo sguardo, noto delle ferite sulle sue guance. Nonostante la mia riluttanza, decido stranamente di portarlo con me verso la mia stanza, mentre lui mi guarda con un ghigno.

«Cosa diavolo hai fatto?» esplodo di rabbia mentre sbatto la porta della stanza, e lui si siede sul mio letto, ridacchiando.

Mi dirigo verso il bagno e prendo un kit per medicare le sue ferite ancora sanguinanti.

«Nulla, mi stavo solamente divertendo», mi risponde mentre mi raggiunge in bagno e posa le mani sui miei fianchi. Mi fermo a guardarlo, sentendo il suo respiro sul mio corpo, che mi fa venire la pelle d'oca.

«Non ora, Riddle», affermo con fermezza mentre stacco le sue mani dai miei fianchi e prendo il kit di medicazione.

«Sei tu che mi hai trascinato qui», ribatte lui, provocandomi con un risolino mentre mi segue verso il mio letto.

Dark Hearts || Mattheo Riddle.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora